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Causa per il Maggiorasco di Cristoforo Colombo - Cuccaro e Colombo

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<strong>Causa</strong> <strong>per</strong> <strong>il</strong> maggiorasco <strong>di</strong> <strong>Cristoforo</strong> <strong>Colombo</strong>; domande <strong>di</strong> Baldassarre <strong>Colombo</strong> <strong>di</strong> <strong>Cuccaro</strong><br />

domande che dovevano essere concrete, chiare e precise –, veniva eseguito dal giu<strong>di</strong>ce ed <strong>il</strong> notaio<br />

assegnato all’istruzione metteva meticolosamente a verbale tutto <strong>il</strong> proce<strong>di</strong>mento.Sebbene tutti gli<br />

interrogatori compaiano insieme, come un corpus unico, ognuno <strong>di</strong> essi è un documento in<strong>di</strong>pendente<br />

dotato <strong>di</strong> tutti i requisiti formali, benché spesso questi vengano abbreviati e la scrupolosità <strong>di</strong>minuisca<br />

<strong>per</strong> la durata degli interrogatori stessi ed <strong>il</strong> sopraggiungere della stanchezza del giu<strong>di</strong>ce e del notaio 10 .<br />

Ogni verbale si apre con la data, con una breve esposizione del motivo dell’interrogatorio ed <strong>il</strong><br />

riferimento alla causa ed altre <strong>di</strong>sposizioni del giu<strong>di</strong>ce che la legittimano processualmente; segue poi<br />

<strong>il</strong> corpus del documento, che <strong>di</strong> solito inizia con l’identificazione del testimone, normalmente <strong>il</strong> suo<br />

nome e cognome, luogo <strong>di</strong> nascita, residenza, età ed altre informazioni ut<strong>il</strong>i; prosegue con la clausola<br />

del giuramento, <strong>il</strong> quale è prestato davanti al giu<strong>di</strong>ce ed è certificato dal notaio. Ogni interrogatorio si<br />

chiude con una clausola <strong>di</strong> ratifica del giuramento prestato, dopo la pubblica lettura del verbale da<br />

parte del notaio e seguono, infine, le firme del giu<strong>di</strong>ce e del testimone.<br />

Dopo questa piccola parentesi mi limiterò a fare un resoconto <strong>di</strong> quanto successe alla fine del<br />

novembre 1594. I giorni 25 e 26 novembre furono chiamati Fabrizio Vistarino, pavese; Scipione<br />

Canova, genovese; Annibale Iberti 11 , monferrino; Teodoro Rebotto (Robotti?), alessandrino; <strong>il</strong> già<br />

citato casalese Niccolò Zoiel; Nicola Grimal<strong>di</strong>, genovese; Bartolomeo Poggio, genovese; Stefano<br />

Oliva, genovese; Scipione Metelli, lucchese 12 ; Alberto Inviziati, alessandrino e Giovanni Bellacomba,<br />

monferrino. Le domande elaborate da Baldassarre <strong>Colombo</strong> <strong>per</strong> questi un<strong>di</strong>ci signori furono le tre<strong>di</strong>ci<br />

che <strong>di</strong> seguito passerò ad elencare.<br />

Alla prima ed all’ultima domanda dovevano rispondere tutti i testimoni. Infatti, <strong>il</strong> primo quesito<br />

era <strong>di</strong> carattere generale, vale a <strong>di</strong>re, se i testimoni conoscevano le parti ed <strong>il</strong> motivo della causa, se<br />

avevano sentito parlare <strong>di</strong> <strong>Cristoforo</strong> <strong>Colombo</strong> e se avevano notizia della Repubblica genovese e delle<br />

sue istituzioni. Quanto all’ultima, come ho appena accennato, era in sostanza una ratifica <strong>di</strong> quanto<br />

espresso nelle precedenti, vale a <strong>di</strong>re, che tutto quanto era contenuto nelle suddette domande era, <strong>per</strong><br />

usare una terminologia tanto cara all’epoca, “pubblico, notorio e pubblica voce e fama”.<br />

La seconda domanda – come la terza e la quarta – era rivolta unicamente ai testimoni genovesi ed<br />

a Scipione Metelli, vista la sua fam<strong>il</strong>iarità con quanto riguarda Genova e la sua Repubblica. Questo<br />

quesito è composto, in realtà, da due parti. Nella prima, Baldassarre chiede ai testimoni, in quanto<br />

genovesi o residenti da lungo tempo nella città <strong>di</strong> Genova, se fossero a conoscenza o avessero sentito <strong>di</strong>re<br />

che “da uno, <strong>di</strong>eci, venti, trenta, quaranta e cento anni in qua, tanto che non vi fosse a memoria d’uomo<br />

nulla in contrario” 13 , fosse mai nato in essa una <strong>per</strong>sona che avesse <strong>per</strong> cognome <strong>Colombo</strong> o Colom.<br />

10 In proposito si veda la <strong>di</strong>fferenza tra la prima testimonianza, quella <strong>di</strong> <strong>Cristoforo</strong> Cavaglià, che viene rinterrogato quattro<br />

volte alla prima domanda, tre volte alla seconda, e le successive.<br />

11 Annibale Iberti aveva affiancato Alberto Cavriani alla corte spagnola fin dal 1586 ed era <strong>di</strong>ventato nel 1595 <strong>il</strong> titolare <strong>di</strong><br />

quella rappresentanza <strong>di</strong>plomatica. Nel 1605, circa un anno dopo <strong>il</strong> rimpatrio, ritorna in Spagna <strong>per</strong> occuparsi dei negoziati<br />

matrimoniali tra Francesco Gonzaga e Margherita <strong>di</strong> Savoia. Nel 1613 fu infeudato da una parte <strong>di</strong> giuris<strong>di</strong>zione del feudo<br />

<strong>di</strong> Montiglio, benché quello stesso anno “<strong>il</strong> conte Iberti, consigliere ducale, […] cedette la sua quota <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritti al mantovano<br />

Francesco Gabbionetta, senatore <strong>di</strong> Monferrato e presidente del Magistrato <strong>di</strong> Casale”. M. BATTISTONI - S. LOMBARDINI -<br />

A. TORRE, Schede storiche-territoriali dei comuni del Piemonte Comune <strong>di</strong> Montiglio Monferrato, p. 10<br />

(www.regione.piemonte.it/cultura/ guarini/schede/at/dwd/montiglio_monf.pdf). Nel 1616 gli fu donata la parte del feudo<br />

<strong>di</strong> Corsione che era stata confiscata a Guido <strong>di</strong> San Giorgio. D. FRIGO, «Per ben negociare» in Spagna: una memoria del<br />

primo Seicento del mantovano Annibale Iberti, in L’Italia degli Austrias: Monarchia cattolica e domini italiani nei secoli<br />

XVI e XVII, a c. d. G. Signorotto, “Cheiron” 17-18, n. 4, pp. 298-299. In G. CARBONELLI, Miscellanea me<strong>di</strong>cea 13 (1),<br />

Scatola contenente <strong>di</strong>eci fascicoli. V. n. 34, 30 dell’Archivio <strong>di</strong> stato <strong>di</strong> Firenze, cc. 17-20 (29 ott. - 3 nov. 1618) si può<br />

leggere la “Dichiarazione <strong>di</strong> Annibale Chieppio e dell’abate <strong>di</strong> S. Maria <strong>di</strong> Follonica Annibale Iberti in favore del vescovo<br />

<strong>di</strong> Diocesarea”.<br />

12 Anche se potrebbe sempre trattarsi <strong>di</strong> una semplice omonimia, questo Scipione Metelli <strong>di</strong> “Cast<strong>il</strong>nobo de Luna”, cioé <strong>di</strong><br />

Castelnuovo Garfagnana, è Metello Garfigno, poeta satirico e anche traduttore del gesuita spagnolo Pedro Ribadeneyra<br />

(1527-1611), autore <strong>di</strong> un trattato serratamene antimachiavelliano (Tratado de la Religión y Virtudes que debe tener el<br />

Príncipe Cristiano para gobernar y conservar sus estados, 1595). A quell’epoca Castelnuovo <strong>di</strong> Garfagna era sotto <strong>il</strong><br />

potere del duca d’Este.<br />

13 Cfr. infra, p. 512.<br />

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