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caratteristiche tecniche delle biomasse e dei biocombustibili - Enama

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PARTE 1 BIOMASSE ED ENERGIA CAPITOLO 1 CARATTERISTICHE TECNICHE DELLE BIOMASSE E DEI BIOCOMBUSTIBILI<br />

1.3.3.3 Bufalini<br />

Il settore bufalino in Italia conta un patrimonio complessivo di quasi 350 mila capi, tra bufalini<br />

da latte e all’ingrasso, di cui il 90% è distribuito tra due sole Regioni, la Campania (circa il 72%)<br />

ed il Lazio (circa il 19%). Sulla base <strong>dei</strong> dati ISTAT disponibili al 30 giugno 2010, nell’ultimo<br />

anno il settore rileva un netto aumento del numero di capi complessivi (+15% circa), dato<br />

che si allinea al trend registrato negli ultimi 10 anni. Tale crescita ha interessato sia aree tradizionalmente<br />

vocate sia nuove a tale tipo di allevamento. I motivi di questo fenomeno sono<br />

da ricondursi principalmente all’aumento della domanda di latte da parte dell’industria della<br />

trasformazione, in relazione all’aumento del consumo della mozzarella di bufala, a livello nazionale<br />

ed internazionale. La crescita evidenziata dal settore bufalino, più o meno continua<br />

sin dagli anni settanta, quando l’allevamento di questa specie si era drasticamente ridotto a<br />

poche migliaia di capi, va anche ascritta alla applicazione di moderne <strong>tecniche</strong> di allevamento,<br />

oramai completamente assimilabili a quelle impiegate nel settore bovino, che ha permesso un<br />

netto miglioramento <strong>delle</strong> prestazioni produttive degli animali.<br />

La valorizzazione energetica <strong>dei</strong> refl ui zootecnici provenienti dagli allevamenti bufalini può<br />

garantire, come per le altre tipologie di allevamento zootecnico, un integrazione al reddito<br />

aziendale e quindi un incremento della sostenibilità economica dell’intera fi liera produttiva.<br />

Il D.M. 7 aprile 2006 dispone per le aziende zoo<strong>tecniche</strong> le norme per la distribuzione <strong>dei</strong> liquami<br />

zootecnici sul suolo agricolo, nel rispetto <strong>dei</strong> limiti di carico di azoto per unità di superfi cie,<br />

previsti dalla “direttiva nitrati” e, stante le affi ni <strong>caratteristiche</strong> fi siologiche connesse alla produzione<br />

di refl uo, assimila la gestione <strong>dei</strong> refl ui della specie bufalina a quella bovina. Questo<br />

abbinamento non trova comunque una completa sovrapposizione nella realtà, con diff erenze<br />

fra le specie (es. diff erenti tempi di ruminazione), legate sia all’alimentazione sia alla tipologia<br />

sia alle <strong>tecniche</strong> di gestione dell’allevamento. In Campania, ad esempio, a causa della diffi coltà<br />

di reperimento della materia prima, è diff uso l’utilizzo di lettiere senza paglia, il che comporta<br />

una maggiore quantità di liquame.<br />

Ad ogni modo, la valutazione <strong>delle</strong> quantità di effl uenti prodotte nell’allevamento bufalino,<br />

sempre in relazione alla tipologia di stabulazione, fa riferimento al settore bovino; discorso<br />

analogo per quanto attiene le <strong>caratteristiche</strong> chimiche medie degli effl uenti.Analogamente a<br />

quanto accade nell’allevamento bovino, l’utilizzo degli effl uenti bufalini per la produzione di<br />

biogas trova un punto di forza nella disponibilità regolare e continuativa della materia prima,<br />

che presenta inoltre una buona propensione tecnica alla digestione anaerobica, in quanto ben<br />

dotata di sostanza organica, di buon potere tampone e priva di frazioni inerti non desiderate.<br />

L’applicazione di sistemi di digestione anaerobica <strong>dei</strong> refl ui comporta inoltre una signifi cativa<br />

riduzione <strong>delle</strong> emissioni di odori dallo stoccaggio del digestato. Anche nell’allevamento<br />

<strong>dei</strong> bufalini, l’attuazione della Direttiva Nitrati ha comportato <strong>delle</strong> problematiche relative<br />

alla gestione <strong>dei</strong> refl ui, in particolare nelle aree agricole a maggiore intensità zootecnica. La<br />

valorizzazione energetica <strong>dei</strong> refl ui tramite i processi di digestione anaerobica, seppur non<br />

portando alla diretta riduzione dell’azoto presente nei refl ui stessi, consente tuttavia di ridurre<br />

i costi operativi <strong>dei</strong> potenziali trattamenti fi nalizzati alla rimozione dell’azoto, che generalmente<br />

sono caratterizzati da un elevato consumo energetico.<br />

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