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Edizione del 09/06/2013 - Corriere

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Guglielmo Pepe<br />

CORRI R<br />

Domenica 9 giugno <strong>2013</strong><br />

La “Regione Irpina” e i suoi patrioti<br />

La R. Società Economica ebbe un ruolo fondamentale. Tre le relazioni topografiche <strong>del</strong> 1816 in cui si condanna un regime<br />

ormai in disfacimento. Nella zona di Avellino si affinavano gli animi e i cuori di uomini pronti alla rivolta<br />

ADAMO CANDELMO<br />

Forse era soltanto il dispetto<br />

per il mancato moto rivoluzionario<br />

<strong>del</strong> 3 maggio, forse<br />

era il presagio di quello<br />

che già di lì a un mese stava<br />

per maturare ai primi di<br />

luglio! Ma non si trattava di un episodio<br />

isolato, di un fatto singolo dovuto<br />

ad un patriota. La "R. Società Economica",<br />

in quel tempo, fu una vera e<br />

propria fucina di patrioti. Sono <strong>del</strong> 1816<br />

tre "Relazioni topografiche", quella di<br />

S. Lucia di Serino, redatta da Luigi Pelosi,<br />

quella di Torella da Michele Marchese,<br />

e quella di Altavilla da Pasquale<br />

Salerno: fra riga e riga di queste relazioni,<br />

un passo dietro l'altro, vi è la<br />

condanna di un regime che è ormai in<br />

disfacimento economicamente prima<br />

ancora che politicamente. Un esempio<br />

per tutte: il rendiconto <strong>del</strong>le spese <strong>del</strong>la<br />

città di Avellino verso la fine <strong>del</strong> XVIII<br />

secolo. Le rendite <strong>del</strong> Comune erano,<br />

rappresentate dalla somma di ducati<br />

7116, 5, di cui 6400 provenienti da gabelle.<br />

Di queste alla Regia Corte andavano<br />

ducati 1326, e alla stessa, per pagamenti<br />

fiscali, altri 2841 ducati; e soltanto<br />

al Principe di Avellino (per scannaggio,<br />

forno e taverna) andavano 740<br />

ducati senza peraltro considerare il "solito<br />

regalo per il Natale" (così si intitolava<br />

questa partita) consistente in prosciutti,<br />

salami, lardo, formaggi per il valore<br />

di ducati<br />

115,13. E quasi per contrappunto si notava<br />

in quei "ragguagli" che ben poche<br />

diecine di ducati erano previsti per il<br />

"mastro di Scuola" e per il medico. In<br />

queste relazioni vi si poteva leggere che<br />

non vi erano né medici, né "cerusici<br />

condottari" <strong>del</strong> Comune, non da pubblici<br />

stabilimenti; e tra gli "speziali" vi<br />

erano alcuni che di questa materia non<br />

si intendevano. L'ostetricia era nelle<br />

mani di donnicciole ignoranti, diffusi i<br />

morbi venerei e curati, da "segretisti" e<br />

donnicciole.<br />

Nello studio di queste vicende economiche<br />

<strong>del</strong>la "Regione Irpina" (così venne<br />

indicata la zona di Avellino dalla<br />

Massoneria che doveva dar vita al primo<br />

nucleo <strong>del</strong>la Carboneria) si affinavano<br />

gli animi e i cuori dei patrioti e<br />

nello spingere all'azione e alla rivolta<br />

tenevano soprattutto a mente, e avevano<br />

buon gioco, il tenore di vita di un<br />

popolo stremato dalle gabelle, dalle pestilenze,<br />

dai soprusi. E a riprova di ciò<br />

troviamo nel 1817 insignito <strong>del</strong>la carica<br />

di vice presidente <strong>del</strong>la "Società Economica"<br />

Pietro <strong>del</strong> Luca da Montefusco,<br />

colui che doveva essere La mente<br />

<strong>del</strong>la rivoluzione <strong>del</strong> 1820 e alla cui<br />

penna si debbono quei caldi proclami<br />

che il de Concilij, che certamente letterato<br />

non era, andava pubblicando nei<br />

giorni fortunosi <strong>del</strong> luglio.<br />

Quell'attività patriottica era ormai diventata<br />

di dominio pubblico; e la voce<br />

volò fino a Napoli e il risultato fu che<br />

Guglielmo Pepe veniva trasferito in Calabria<br />

e Lorenzo de Concilij in Abruzzo.<br />

Il Pepe, verso la metà di giugno<br />

dové lasciare Avellino e i" de Concilij vi<br />

rimase temporeggiando e preparando<br />

quella rivolta ch'egli già sapeva essere<br />

nell'aria. I piccoli giornaletti alla macchia,<br />

i cartelli che venivano apposti di<br />

notte sui muri,sul portone <strong>del</strong>lo stesso<br />

Palazzo di Città sono ormai di pubblico<br />

dominio,corrono di bocca in bocca. Il<br />

22 e il 24 giugno i deputati carbonari<br />

<strong>del</strong>le varie provincie tenevano ad Avellino<br />

due assemblee, e su un foglio manoscritto<br />

giusto di quell'epoca è detto<br />

che i deputati giurarono "di correre alle<br />

armi tostoché si attentasse alla libertà<br />

di uno solo dei soci". Ma nessuno aveva<br />

voglia di attentarvi, e lo stesso Lorenzo<br />

de Concilij si destreggiava abil-<br />

mente e a Napoli faceva apparire la sua<br />

voce molto aspra verso i patrioti e ad<br />

Avellino incitava all'azione.<br />

130 CAVALLEGGERI<br />

Nel citato elenco dei "fatti cronologici"<br />

successi ad Avellino dal '18 al '31 è riferito<br />

che un certo tenente Fresegna<br />

giunge a Nola a riferire a quei patrioti<br />

che le "Vindite" di Avellino e di Foggia<br />

sono pronte; e il 1^ luglio arriva ancora<br />

a Nola un tale Nunzio Scala mandatovi<br />

da Avellino da don Nicola Imbimbo<br />

uno dei settari più in vista -ad informare<br />

che "tutto è pronto in Principato<br />

Ultra". E a Nola non si fanno attendere.<br />

Il l^ luglio è la festa di S.Teobaldo,<br />

patrono <strong>del</strong>la Carboneria, e sotto i suoi<br />

auspici nella notte seguente i due sottotenenti<br />

Morelli e Silvati con 130 tra<br />

sergenti e soldati <strong>del</strong> Reggimento "Borbone<br />

Cavalleria" disertano dal quartiere<br />

di Nola secondati dal prete Minichini<br />

e da 21 settari e al grido di Monteforte!<br />

Monteforte! si dirigono verso Avellino<br />

dove sanno che Lorenzo de Concilij<br />

ha preparato il terreno. Sul numero<br />

dei cavalieri che disertarono dal quartiere<br />

di Nola, che è diverso in alcuni autori,<br />

non ci sono dubbi, secondo il Cannaviello,<br />

che ha consultato l'Atto di Accusa<br />

<strong>del</strong> R. Procuratore G. Brundesini<br />

contro il Pepe, Carrascosa e de Concilij.<br />

Il de Concilij infatti finge di combattere<br />

LA DOMENICA DEL CORRIERE<br />

gli insorti; in realtà li favorisce. Stabilisce<br />

un contatto con Morelli e Silvati, fa<br />

piegare lo squadrone verso Mercogliano<br />

per toglierlo dall'Appia. Chiama da<br />

ogni Comune le compagnie dei militi in<br />

pieno assetto di guerra, si pone in contatto<br />

coi comandanti amici <strong>del</strong>le provincie<br />

limitrofe, tiene a rapporto i capi<br />

settore (i due fratelli Giuseppe e Tommaso<br />

De Filippi, il maggiore Nicola Pio-<br />

nati, il capitano Preziosi, i tenenti Gallo<br />

e Giannattasio) e quindi alla fine di<br />

una laboriosa giornata si incontra segretamente<br />

con Morelli nelle vicinanze<br />

di Mercogliano. Primo risultato di questo<br />

incontro fu che la sera stessa Morelli,<br />

rafforzato da compagnie di militi<br />

che il de Concilij aveva posto a sua disposizione,si<br />

ricongiunge con Silvati<br />

sulle gole di Monteforte dove si temeva<br />

il maggior attacco <strong>del</strong>le truppe borboniche.<br />

L'indomani i cavalleggeri e i settari di<br />

Nola entrano in Avellino e con loro fa<br />

causa comune la Gendarmeria, i Fucilieri<br />

reali presidiari, i1 distaccamento<br />

Sanniti, i Carbonari. Morelli con sei<br />

"deputati <strong>del</strong> Popolo" (Gaetano Licastro,<br />

Nicola Imbimbo, Scipione Giordano,<br />

Giuseppe Vitale,Gabriele Damiani e<br />

Saverio Ranucci) si presenta alle autorità<br />

che erano radunate nel Palazzo <strong>del</strong>l'Intendente<br />

mentre il popolo tutto di<br />

Avellino insorgeva e acclamava i rivoltosi.<br />

Morelli spiega le ragioni che hanno<br />

spinto lui e Silvati all'impresa e annunzia,<br />

fra il generale giubilo, che non<br />

è lui l'autore di questa impresa, bensì il<br />

de Concilij che lo aveva più volte spinto<br />

e potendo poi al suo arrivo distruggere<br />

l'opera, l'aveva invece favorita e<br />

ingigantita. I "Deputati <strong>del</strong> Popolo" a<br />

loro volta annunziano il governo rappresentativo<br />

promulgato dalla Provincia<br />

ne domandano la sanzione sovrana<br />

I MOTI LIBERALI<br />

e proclamano capo di tutte le forze costituzionali<br />

Lorenzo de Concilij.<br />

La folla si moltiplicava sempre più nel<br />

Gran Largo dei Tribunali, de Concilij<br />

dovette più volte apparire al balcone,<br />

scendere nella stessa piazza; montava<br />

quindi a cavallo ed assumeva il comando<br />

<strong>del</strong>le milizie schierate. E in mezzo<br />

alla Piazza, seguito dagli altri esponenti<br />

<strong>del</strong>la rivolta, de Concilij giurò solennemente<br />

fe<strong>del</strong>tà alla costituzione di<br />

Spagna, precedendo così' di undici<br />

giorni il gesto di Ferdinando I. E da<br />

quel giorno il "Gran Largo dei Tribunali"<br />

la maggiore piazza di Avellino, prese<br />

il nome di "Piazza <strong>del</strong>la Libertà".<br />

Nome che tuttora reca nonostante un<br />

inutile tentativo dei fascisti cent'anni<br />

dopo di tramutarne il nome in "Piazza<br />

<strong>del</strong>la Rivoluzione";una rivoluzione,be-<br />

Pietro Colletta scrisse: “Cinque<br />

giorni di storia racchiudono<br />

i fasti di cinque<br />

secoli di gloria. gli avellinesi<br />

han ripigliato il nome<br />

degli Irpini e ne sono degni”<br />

ninteso,che non aveva nulla a che vedere<br />

con quella <strong>del</strong> 1820.<br />

CINQUE GIORNATE<br />

Le cinque giornate che ne seguirono<br />

possono, a giusto titolo, definirsi le<br />

"cinque giornate di Avellino". Il de<br />

Concilij postosi all'opera esautorò e sostituì<br />

col segretario generale Lucente,<br />

l'Intendente Sant'Agapito che non aveva<br />

voluto prestare giuramento; lanciò i<br />

proclami che già abbiamo ricordati; fece<br />

organizzare in ogni Comune <strong>del</strong>la<br />

Provincia una guardia di sicurezza interna<br />

per evitare contraccolpi reazionari<br />

ed anche le sempre possibili azioni di<br />

briganti. E intanto provvedeva a rafforzare<br />

i distaccamenti per evitare sorprese<br />

dai regi che già avanzavano dalla<br />

parte di Salerno coi generali Campana<br />

e Nunziante, e dalla parte di Mugnano<br />

<strong>del</strong> Cardinale coi generali Roccaromana<br />

e Carrascosa.<br />

Ma tutti evitarono gli scontri e temporeggiavano:<br />

quei generali- e soprattutto<br />

Carrascosa - condividevano l'ansia di libertà<br />

che già rifulgeva in Avellino e non<br />

volevano impegnare le truppe in una<br />

battaglia frontale; i piccoli scontri che<br />

si ebbero nelle gole di Monteforte, o al<br />

di qua di Montoro, furono sfavorevoli<br />

ai regi. Anzi, respinto il nemico sulla<br />

salita <strong>del</strong>la Laura, le truppe di de Concilij<br />

entravano il giorno 3 a Salerno e vi<br />

proclamavano la costituzione, come i<br />

settari lo stesso giorno l'avevano proclamata<br />

a Foggia.<br />

E con le provincie di Salerno e Foggia<br />

sollevata era la Basilicata; in agitazione<br />

erano il Molise e la Terra di Lavoro. E<br />

nella città di Avellino gli insorti ingrossavano<br />

e giungevano in forze da ogni<br />

parte: i battaglioni <strong>del</strong>l'Arianese comandati<br />

dal maggiore Florio, e dal Santangiolese<br />

comandati dal maggiore Alvino.<br />

E il giorno 5 il reggimento "Prin-<br />

19<br />

cipe Cavalleria" disertando con due<br />

cannoni da Nocera veniva a far causa<br />

comune con Avellino;un altro reggimento<br />

disertava da Foggia;lo stesso facevano<br />

nella notte dal 5 al 6 Guglielmo<br />

Pepe (che non aveva ancora raggiunto<br />

la sua destinazione in Calabria e si era<br />

trattenuto a Napoli) e il generale Napolitani<br />

che a capo di squadroni di cavalleria,<br />

si era diretto anch'egli ad Avellino<br />

ad ingrossare le forze al comando<br />

<strong>del</strong> de Concilij. In una parola - racconta<br />

il Cannaviello - il Regno tranquillissimo<br />

il 10 luglio, il giorno 5 era tutto in<br />

fiamme. Senonché la tranquillità che<br />

aveva preceduto il luglio, come abbiamo<br />

visto innanzi, era una tranquillità<br />

apparente: il popolo che a lungo aveva<br />

compresso il suo tormento, alfine esplodeva.<br />

Quelle manifestazioni, le sollecitazioni<br />

che provenivano<br />

a Napoli<br />

da ogni dove pie-<br />

garono alfine il<br />

governo e il Re,<br />

ormai impotenti a<br />

domare la sommossa.<br />

E quando<br />

nella stessa notte<br />

sul 6 luglio cinque<br />

eletti <strong>del</strong>la<br />

Carboneria, qualificatisiambasciatori<br />

<strong>del</strong> popolo si<br />

presentarono alla<br />

Reggia per<br />

comunicare a Ferdinando<br />

I che esso<br />

voleva la costituzione, il vecchio monarca<br />

si arrese. All'alba <strong>del</strong> 6 infatti un<br />

editto sovrano, affisso a tutti gli angoli<br />

<strong>del</strong>la Capitale e subito spedito ai rivoltosi<br />

e alle provincie, prometteva nel<br />

corso di otto giorni, le basi di una costituzione.<br />

L'entusiasmo fu generale; la costituzione<br />

non era stata ancora giurata "sui<br />

santi evangeli" che Guglielmo Pepe e<br />

Lorenzo de Concilij vollero che le truppe<br />

che avevano contribuito a quella pacifica<br />

rivoluzione avessero l'apoteosi<br />

<strong>del</strong>la Capitale.<br />

E infatti a Napoli convennero, la mattina<br />

<strong>del</strong> 9, ch'era una domenica, e dal<br />

campo di Marte sfilarono verso la Reggia<br />

in lungo corteo con molte bande<br />

musicali, il drappello di Morelli e Silvati<br />

(più tardi il 23 dicembre 1820 fu chiamato<br />

con legge <strong>del</strong> Parlamento lo<br />

"squadrone sacro", ma quale effimera<br />

legge se di lì a poco i due sottotenenti<br />

dovevano penzolare dalla forca <strong>del</strong> cardinal<br />

Ruffo!), e poi Pepe, Napoletani,<br />

de Concilij venivano a cavallo alla testa<br />

<strong>del</strong>le loro milizie, e poi il prete Luigi<br />

Minichini che sulla veste di prete aveva<br />

le armi <strong>del</strong> combattente, e poi le<br />

"vindite" e poi una lunga schiera di<br />

Carbonari coi loro vessilli. Le legioni Irpine<br />

si fregiavano <strong>del</strong>la fatidica coccarda<br />

tricolore e gridavano "Viva la Libertà";<br />

ma quello era un grido che già<br />

ne preannunziava un altro,quello che<br />

quarant'anni dopo,il 7 settembre 1860,<br />

doveva infiammare i cuori dei napoletani<br />

e, degli Italiani tutti: "Viva l'Unita<br />

d'Italia".<br />

E Pietro Colletta scriveva qualche mese<br />

dopo sul giornale "l'amico <strong>del</strong>la costituzione"<br />

che vide la luce dieci giorni<br />

dopo la elargita costituzione: "Cinque<br />

giorni di storia racchiudono i fasti di<br />

cinque secoli di gloria. Gli Avellinesi<br />

han ripigliato il nome degli Irpini e ne<br />

sono degni".

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