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Edizione del 09/06/2013 - Corriere

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CORRI R<br />

Domenica 9 giugno <strong>2013</strong> PRIMO PIANO<br />

Colloquio con padre Michele Bianco<br />

La speranza? Il risveglio etico<br />

“Sono necessarie una macroetica ma anche un’etica <strong>del</strong>la responsabilità fondate sulla<br />

ragione e non sulla tecnica o sull’economia, ma sulla conoscenza intesa come sapere<br />

umanistico che nutre la libertà di pensiero e di parola e l’autonomia di giudizio”<br />

ROBERTO BARBATO<br />

Ho conosciuto<br />

Don<br />

Michele<br />

Bianco grazie ad una<br />

sua magistrale e poderosa<br />

lectura Dantis, tenuta<br />

nel corso di un convegno proposto<br />

e promosso dal Liceo Colletta<br />

e dalla rivista “SINESTESIE” in cui<br />

ha sviluppato il tema <strong>del</strong> Loquace silenzio<br />

e <strong>del</strong>l’azione silenzio e <strong>del</strong>l’azione<br />

salvifica <strong>del</strong>la Vergine. Pur<br />

confessando qualche dubbio interpretativo<br />

debbo dire che sono rimasto<br />

letteralmente ammirato dal vigore<br />

espressivo e dall’intenso misticismo<br />

che pervade il dato ermeneutico.<br />

Figura carismatica don Michele<br />

riesce nel poco tempo che gli rimane<br />

libero a dedicarsi alla sua passione<br />

principale, la lettura come lo dimostrano<br />

le migliaia di libri che,<br />

esondati dalla biblioteca, hanno invaso<br />

ogni spazio vitale perfino la<br />

cucina <strong>del</strong>la casa canonica, regno finora<br />

incontrastato <strong>del</strong>la simpaticissima<br />

e vivacissima mamma. E mentre<br />

già si affollano i primi fe<strong>del</strong>i in<br />

cerca di speranza o di una voce amica<br />

ha inizio la nostra conversazione.<br />

Don Michele è docente di Etica presso<br />

l’università di Bari, filosofo, teologo,<br />

critico. Il suo libro su Palatucci<br />

è già alla seconda ristampa.<br />

Padre Michele mi consenta di<br />

chiamarla così semplicemente: la<br />

teologia rimane sempre la via preferenziale<br />

per arrivare a Dio sia<br />

pure con l’aiuto <strong>del</strong>la Vergine o ci<br />

sono percorsi o itinerari più agevoli?<br />

Prima di rispondere alla Sua domanda,<br />

è opportuno richiamare l’attenzione<br />

sul concetto di teologia, che è<br />

un “discorso su Dio”, ossia una trattazione<br />

scientifica sulla divinità -<br />

Sant’Agostino, in questo senso, la definisce<br />

“De divinitate rationem sive<br />

sermonem” - che si può fare in due<br />

maniere: seguendo i principi <strong>del</strong>la<br />

ragione o quelli <strong>del</strong>la Rivelazione.<br />

Nel primo caso si ha la teologia naturale<br />

o teodicea, nel secondo la teologia<br />

propriamente detta, che è la<br />

scienza che tratta di Dio e di tutto ciò<br />

che a Lui si riferisce secondo un complesso<br />

di proposizioni, sistematicamente<br />

ordinate tra loro, dedotte da<br />

principi certi. La teologia non si limita<br />

a esporre verità rivelate, ma le esamina,<br />

ne analizza i termini e deduce<br />

le conclusioni che vi sono implicitamente<br />

contenute. Essa ha per oggetto<br />

primario Dio e per oggetto secondario<br />

tutto ciò che è distinto da<br />

Dio ma che a Lui non di meno si riferisce:<br />

quindi gli Angeli, l’uomo ed<br />

anche il mondo materiale. La teologia<br />

tuttavia si distingue dalle altre<br />

scienze perché procede alla luce <strong>del</strong>la<br />

Rivelazione, il che vuol dire che i<br />

suoi principi non hanno l’evidenza<br />

intrinseca (come quelli di tutte le<br />

scienze), bensì quella estrinseca, cioè<br />

l’autorità di Dio rivelante, che non<br />

può né ingannarsi né ingannare, come<br />

ci ricorda il Concilio Vaticano I.<br />

La sua certezza scaturisce dalla sapienza<br />

indefettibile di Dio, la sua<br />

materia è Dio stesso, autore <strong>del</strong>l’ordine<br />

soprannaturale, il suo fine è<br />

quello di condurre gli uomini alla visione<br />

beatifica. Si divide in teologia<br />

dogmatica, “regula credendarum”, e<br />

morale, “regula agendarum”, speculativa<br />

e positiva. Le prime due classificazioni<br />

riguardano la materia, le<br />

altre due il metodo. La teologia, stricto<br />

sensu, rimane ancorata alla Rivelazione<br />

come suo fondamento e alla<br />

fede come sua intelligenza critica,<br />

perché la vita di fede <strong>del</strong> credente<br />

possa essere motivata e significativa.<br />

L’approccio al Mistero di Dio attraverso<br />

la mariologia - la branca più<br />

vitale <strong>del</strong>la teologia sistematica, riassumibile<br />

nel motto ad Jesum per<br />

Mariam, o, meglio ancora, ad Mariam<br />

per Jesum, ponendo l’accento<br />

su Maria come donna ecclesiale, rendendola<br />

una figura significativa per<br />

i cristiani d’oggi, icona <strong>del</strong> Mistero in<br />

una dimensione simbolico - narrativa<br />

e storico-biblica, relazionale<br />

a Cristo e alla<br />

Chiesa, di cui è membro<br />

eccezionale oltre<br />

che mo<strong>del</strong>lo e madre,<br />

come rimarcano il Proemio<br />

al capitolo 8 <strong>del</strong>la<br />

Marialis cultus di Paolo<br />

VI (2 febbraio 1974) e<br />

l’Enciclica Redemptoris<br />

Mater di Giovanni Paolo II<br />

(25 marzo 1987) - può avvenire<br />

per via catafatica,<br />

con cui si ascrivono a Dio i<br />

concetti relativi ai nomi con<br />

cui lo si indica, ma solo come<br />

Causa Prima di tutte le cose,<br />

perché essi non possono mai<br />

esprimere adeguatamente la<br />

Sua natura, o apofatica, che<br />

procede per negazioni, rifiutando<br />

di riferire a Dio gli attributi<br />

presi dal mondo sensibile e intellegibile,<br />

poiché Egli trascende ogni<br />

conoscenza e concetto.<br />

A prevalere in occidente è la teologia<br />

catafatica con la Scolastica, ma vi è<br />

pure una significativa tradizione<br />

apofatica con Maestro Eckhart, i mistici<br />

spagnoli <strong>del</strong> XVI secolo e la tradizione<br />

mistica francescana. Personificando<br />

questa negatività, i neoplatonici<br />

avevano chiamato l’inaccessibile<br />

Divinità Silenzio. Del resto anche<br />

San Tommaso assevera che “di<br />

Dio non possiamo sapere ciò che è,<br />

ma soltanto ciò che non è, e quale relazione<br />

ha con tutto il resto” (Summa<br />

contra gentiles I, 30; Summa<br />

theologica I, q. 3, prol.). “Non è la conoscenza<br />

che illumina il Mistero, ma<br />

è il Mistero che illumina la conoscenza”.<br />

Credo che l’uomo di oggi sia affascinato<br />

da un itinerario simbolico,<br />

quale quello proposto ad esempio da<br />

San Bonaventura, che accentua la<br />

teologia <strong>del</strong>la bellezza.<br />

San Francesco, asserisce il Dottore Serafico,<br />

ha “contemplato nelle cose<br />

belle il più bello” (Legenda Maior 9,<br />

1). La teologia è scienza pratica, conoscenza<br />

concreta <strong>del</strong> divino nell’umano,<br />

o, più correttamente, <strong>del</strong>l’umano<br />

nel divino, che si coglie con il<br />

terzo occhio <strong>del</strong> Cuore o <strong>del</strong>la Fede.<br />

Occorre un costante dialogo tra scienza<br />

e fede e il recupero <strong>del</strong>l’elemento<br />

simbolico per una visione trinitaria<br />

<strong>del</strong>la creazione, come ci ricordano<br />

San Francesco, che sente e vive il<br />

Mistero, e San Bo-<br />

naventura,<br />

che lo pensa con la potenza<br />

organizzatrice <strong>del</strong> suo genio<br />

nell’Itineraruium mentis in Deum e<br />

lo propone come mo<strong>del</strong>lo a tutti per<br />

giungere a Dio, come rileva opportunamente<br />

il Gilson.<br />

Lei parla spesso con i giovani e<br />

non li lusinga, anzi usa un tono<br />

giustamente severo richiamandoli<br />

a un forte sentire. È sicuro di essere,<br />

non dico capito, ma almeno<br />

ascoltato?<br />

L’esigenza di “sentire”, in senso forte,<br />

come Lei giustamente dice, nasce<br />

dalla necessità di proporre alle giovani<br />

generazioni, mete e traguardi alti,<br />

dopo la crisi <strong>del</strong>l’individuo, ribadita,<br />

tra gli altri, da Theodor W.<br />

Adorno secondo cui “l’individuo<br />

sembra ormai condannato a potersi<br />

mantenere in vita soltanto a patto di<br />

abdicare alla sua individualità, di<br />

cancellare i confini <strong>del</strong>l’ambiente, di<br />

rinunciare a una parte consistente<br />

<strong>del</strong>la propria autonomia e indipendenza.<br />

In ampi strati <strong>del</strong>la popolazione<br />

non esiste più alcun «io» in<br />

senso tradizionale”; l’esigenza <strong>del</strong>la<br />

modernità con le sue aporie irrisolte,<br />

colto da Carl Schmitt e sintetizzato<br />

da Kosselleck per il quale “l’uomo,<br />

dal quale sono stati dedotti il nonuomo,<br />

il superuomo e il sottouomo,<br />

conferma soltanto un arbitrio [Beliebigkeik]<br />

ideologico, che non riesce a<br />

definire ciò che deriva storicamente<br />

dal proprio concetto: che egli è un essere<br />

ambivalente, e definire la sua<br />

natura resta un rischio politico”, e la<br />

stessa condizione postmoderna <strong>del</strong>l’uomo<br />

che vede, per Jean-François<br />

Lyotard, il crollo dei sistemi teorici e<br />

<strong>del</strong>le grandi narrazioni totalizzanti,<br />

con uno sradicamento e con una<br />

molteplicità di linguaggi e nessuna<br />

verità, ma solo combinazioni pragmatiche<br />

che registrano questo paradosso,<br />

mettono in risalto la necessità<br />

di riformulare con le categorie<br />

ermeneutiche moderne i<br />

grandi temi <strong>del</strong> passato e farli rivivere<br />

nelle figure paradigmatiche<br />

degli spiriti magni che ci<br />

hanno lasciato un insegnamento<br />

“aere perennius”: non<br />

si potrà capire il futuro senza<br />

radicarlo nel passato. E questo<br />

“sentire forte” i giovani<br />

hanno bisogno di percepirlo.<br />

Ero presente ad una Sua Lectura<br />

Dantis, in cui ha trattato argomenti<br />

difficili senza mai perdere fiato<br />

con una partecipazione che trascende<br />

il fatto culturale o apologetico<br />

e diventa energia pura ed esaltazione<br />

mistica. Si riconosce in<br />

questo giudizio personale?<br />

Sì, intendendo, però, per “esaltazione<br />

mistica” l’approdo alla Verità mediante<br />

lo studium e poi la ratio e la<br />

contemplatio che ci fanno pervenire,<br />

come dichiara san Bonaventura, al<br />

supermentalis excessus, ossia alla<br />

mistica. E in fondo si tratta proprio<br />

<strong>del</strong> cammino proposto da Dante:<br />

dall’oscura notte <strong>del</strong> peccato, simboleggiata<br />

dalla “selva” e dalla “diserta<br />

piaggia”, attraverso il pentimento<br />

sincero, con l’uso <strong>del</strong>la ragione (Virgilio)<br />

e con l’atto teologico <strong>del</strong>l’abbandono<br />

fiducioso alla volontà di<br />

Dio (Beatrice), si giunge alla fine,<br />

per l’intercessione di San Bernardo<br />

e per il dono <strong>del</strong>la Vergine “mediatri-<br />

ce tra la conoscenza e l’estasi”, come<br />

dice il Gilson, alla contemplazione o<br />

mistica, come dir si voglia.<br />

Ritornando al mondo giovanile<br />

credo che il problema principale<br />

sia l’assenza di ogni forma di responsabilità<br />

o di impegno. Il risultato?<br />

La noia, l’indifferenza che Heidegger<br />

chiamava “la nebbia silenziosa che<br />

si raccoglie negli abissi <strong>del</strong>l’esistere”.<br />

Può darci un antidoto contro questa<br />

pericolosa tossina?<br />

Per definire il concetto di nulla Heidegger,<br />

nella sua opera, Concetti fondamentali<br />

<strong>del</strong>la metafisica, contrappone<br />

al linguaggio comune “scolorito<br />

nell’incolore uniformità <strong>del</strong>l’ovvietà”<br />

quello metafisico e, dal nulla<br />

relativo, passa al nulla assoluto, che<br />

nega la totalità di ciò che è, la totalità<br />

<strong>del</strong>le cose che sono. E, proprio<br />

perché si contrappone a questa totalità,<br />

il nulla stesso è concetto totale.<br />

Il nulla è dato in un’esperienza e<br />

non in un pensiero; e questa esperienza<br />

<strong>del</strong> nulla è vissuta appunto<br />

come esperienza di totalità nell’atto<br />

<strong>del</strong> suo annientamento.<br />

Il richiamo alla totalità è significativo<br />

nell’approccio al problema metafisico<br />

attraverso la via <strong>del</strong>le emozioni.<br />

Gioia, tristezza, ansietà, paura, ecc.,<br />

sono momenti <strong>del</strong>la vita quotidiana,<br />

“un costante affaccendamento” (alltägliches<br />

Dahintreiben), legati alla<br />

particolarità di un momento o di<br />

uno scopo. La noia (Langweile) come<br />

stato psicologico è la caduta di<br />

interessi per un oggetto in favore di<br />

un altro ed è legata alla dimensione<br />

<strong>del</strong>la quotidianità. Essa tuttavia può<br />

giungere fino al totale disinteresse<br />

per qualsiasi oggetto e ogni particolarità<br />

tende a rifluire in una totalità<br />

indifferenziata che va dissolvendosi<br />

che ci strappa alla stessa quotidianità;<br />

e in questo movimento il nulla<br />

appare come “totalità che si annulla”.<br />

Tale noia profonda perde il significato<br />

psicologico e assume quello<br />

metafisico che la sottrae all’affaccendamento<br />

quotidiano.<br />

In essa c’è la totalità come un diffondersi<br />

su ogni cosa di un velo di nebbia<br />

sempre più fitta. L’analisi <strong>del</strong> filosofo<br />

riflette lo status <strong>del</strong>l’uomo moderno:<br />

il soggetto contemporaneo<br />

sperimenta il passaggio dalla propria<br />

onnipotenza all’impotenza, dalla sicurezza<br />

all’insicurezza, dal trionfo<br />

all’angoscia; spezzato il nesso prescrittivo<br />

tra particolare e universale,<br />

tra soggetto e dovere, l’età contemporanea,<br />

vuota di forma e di destinazione,<br />

oscilla tra arbitrario particolarismo<br />

(la cattiva singolarità) e informe<br />

massificazione (la cattiva universalità),<br />

tra razionalità dei mezzi e irrazionalità<br />

dei fini, in un’anomia<br />

che sconta l’inconciliabilità tra etica<br />

<strong>del</strong>la responsabilità e etica <strong>del</strong>le convinzioni,<br />

tra apatia e stile cool. Non<br />

esiste un antidoto specifico. Occorre<br />

la rifondazione di nuovi universali<br />

concreti che, pur facendo i conti con<br />

il relativismo e il nichilismo postmoderni,<br />

colmino il vuoto lasciato dagli<br />

assoluti astratti <strong>del</strong>la modernità (valore<br />

centrale <strong>del</strong> soggetto con la sua<br />

intrinseca razionalità e la sua nativa<br />

libertà) col suo soggettivismo razionalistico,<br />

costruttivistico e universalistico<br />

e col trionfo <strong>del</strong>l’Assoluto razionale,<br />

<strong>del</strong> logos che rende universale<br />

il particolare. Proprio l’indifferentismo<br />

etico di massa postula il risveglio<br />

etico come momento di speranza<br />

in un nuovo senso etico <strong>del</strong><br />

soggetto e <strong>del</strong>l’umanità. Sono necessarie<br />

una macroetica (Apel, Habermas),<br />

ma anche un’etica <strong>del</strong>la responsabilità<br />

(Jonas), fondate sulla<br />

ragione e non sulla tecnica, “lonta-<br />

20<br />

no abbandono <strong>del</strong>l’essere” (Heidegger),<br />

o sull’economia, ma sulla conoscenza<br />

intesa come sapere umanistico<br />

che nutre la libertà di pensiero e<br />

di parola, l’autonomia <strong>del</strong> giudizio e<br />

la forza <strong>del</strong>la ragione come condizioni<br />

di un’umanità matura e responsabile<br />

(Naussbaum). La filosofia e,<br />

in genere, il sapere, diventano uno<br />

strumento di liberazione perché ampliano<br />

i confini <strong>del</strong>la nostra coscienza<br />

e umanità (Bencivegna).<br />

Recentemente ho letto il libro di Georges<br />

Bernanos che narra il dramma<br />

di un prete ateo che viene risucchiato<br />

dal vuoto. Solo finzione letteraria.<br />

Lo scrittore cattolico francese Georges<br />

Bernanos, più noto al grande pubblico<br />

per il suo celebre romanzo Diario<br />

di un curato di campagna, presenta<br />

la figura <strong>del</strong> prete come protagonista<br />

principale. Il divino e l’umano, il Bene<br />

e il Male si confrontano nella sua<br />

opera nella caratterizzazione psicologica<br />

dei protagonisti nel cui animo<br />

l’autore scava a fondo. Nel 1927<br />

pubblica L’impostura che descrive<br />

l’abbé Cénabre che sprofonda nel baratro<br />

<strong>del</strong>l’incredulità fino a giungere<br />

all’ateismo che esprime nel grido:<br />

“non credo più!”. Bernanos distingue<br />

a ragione tra essenza e nulla (il fatto<br />

che non si senta più Dio non significa<br />

eo ipso che Egli non esista),<br />

tra tentazione e rifiuto e dubbio. Père<br />

Cénabre è andato oltre l’assenza<br />

di Dio e il suo silenzio; il suo animo<br />

è pervenuto al nulla, il “niente nientificante”<br />

di Heiddeger, alla noia<br />

profonda che non si confronta più<br />

con niente, neppure con l’assenza di<br />

una presenza nascosta. È giunto all’apatia<br />

totale che non si pone più il<br />

problema <strong>del</strong>la fede, <strong>del</strong>l’amore, <strong>del</strong>lo<br />

stimolo a ricercare e a interpellare<br />

gli altri e se stesso. Il pericolo <strong>del</strong> vuoto<br />

è in agguato. Di là dalla fictio <strong>del</strong>lo<br />

scrittore francese, un altro filosofo<br />

suo conterraneo, Gilles Lipovetsky,<br />

nel suo saggio, L’ère du vide, descrive<br />

l’umanità risucchiata nel gorgo<br />

<strong>del</strong> nulla, estranea alle discipline, alle<br />

regole, alla progettualità, a tutto.<br />

La figura <strong>del</strong> prete è perciò emblematica<br />

di questo trionfo narcisistico <strong>del</strong><br />

nulla in cui coincidono gli opposti fino<br />

all’assurdo (un ministro di Cristo<br />

che non crede più nel Cristo che rappresenta!<br />

stando al monito paolino<br />

“Pro Christo legatione fungimus”<br />

(Coloss., 7, 24). È per evitare questi<br />

estremi che bisogna presentare ai<br />

giovani i paradigmi valoriali <strong>del</strong> sistema<br />

sociale nelle sue articolazioni<br />

religiose, etiche, giuridiche, economiche,<br />

ecc., come rimedio all’era degli<br />

uomini vuoti votati al nulla.<br />

Lei si è preso la briga di raccogliere<br />

le tremila allocuzioni diverse<br />

con cui San Bonaventura si rivolge<br />

alla Vergine. Sono tutte molto<br />

belle, ma mi permetta di presentarle<br />

questa di un anonimo “poeta<br />

col saio”: “Fiore di bellezza raffinata,<br />

castello la cui porta non fu mai<br />

schiusa, salute nella debolezza,<br />

pace nella battaglia, fine smeraldo<br />

di provate virtù”. Le propongo anche<br />

questa <strong>del</strong>l’ateo Sartre. La Madonna<br />

guarda il suo bambino nella<br />

culla con la tenerezza di una<br />

madre e gli dice: “Sei Dio eppure<br />

mi rassomigli!”. Che ne dice?<br />

Rispondo sinteticamente: Maria riesce<br />

a mettere insieme i cantori dei<br />

suoi singolari doni e privilegi e l’esistenzialismo<br />

ateo dei filosofi, sebbene<br />

il contributo di Sartre all’esistenzialismo<br />

religioso sia molto rilevante<br />

nella dimensione <strong>del</strong>l’umanesimo;<br />

non si dimentichi che alle radici <strong>del</strong>l’esistenzialismo<br />

si trova il pensiero<br />

di Kirkegaard che ha influenzato i<br />

maggiori rappresentanti di questa<br />

corrente: Heidegger, Sartre, Marcel e

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