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CORRI R<br />
Domenica 9 giugno <strong>2013</strong><br />
Un paese e la memoria <strong>del</strong> Sud<br />
Salandra nella prefazione <strong>del</strong> volume spiega:“Il mio tentativo è di provare a raccontare<br />
una comunità che non c’è più perché scalfita dal tempo e soprattutto dal terremoto <strong>del</strong>l’80”<br />
REDAZIONE CULTURA<br />
Lo spiega con Chiarezza<br />
Andrea Salandra nella<br />
prefazione <strong>del</strong> volume “Il<br />
mio tentativo è di provare<br />
a raccontare di un paese<br />
e, soprattutto, di una<br />
comunità che non ci sono più perché<br />
scalfiti dal tempo e soprattutto dal terremoto<br />
<strong>del</strong>l’80”. Un racconto rivolto<br />
soprattutto ai giovani perché si riapproprino<br />
<strong>del</strong>la storia <strong>del</strong>la comunità<br />
di cui fanno parte. Una narrazione<br />
che non può non partire dal sacrificio<br />
degli emigranti costretti a lasciare<br />
queste terre ma che si alimenta soprattutto<br />
<strong>del</strong>le voci e <strong>del</strong>le immagini<br />
di chi ha conosciuto sulla propria pelle<br />
la vita contadina, la miseria, la speranza<br />
di un riscatto lontano dall’Italia.<br />
Un volume che si apre con una<br />
lettera rivolta alla comunità, quella<br />
con cui l’autore chiedeva l’impegno di<br />
tutti, giovani e meno giovani, per raccogliere<br />
foto, documenti, testimonianze<br />
e interviste, per rimettere insieme<br />
i tasselli <strong>del</strong>la storia locale.<br />
Nasce così “Santomenna, sui sentieri<br />
<strong>del</strong>la memoria” che sceglie un sottotitolo<br />
certamente efficace come “M’<br />
cuntava labonanima r’ patr’me”, per<br />
ribadire il valore centrale <strong>del</strong> racconto<br />
nella salvaguardia <strong>del</strong>la memoria.<br />
E sono proprio le testimonianze di<br />
tanti emigranti l’anima <strong>del</strong>la pubblicazione,<br />
un’emigrazione che fu fenomeno<br />
vastissimo anche a Santomenna<br />
con genitori e figli spesso costretti<br />
a vendere il microfondo di proprietà<br />
per trovare il denaro necessario a pagarsi<br />
un biglietto e finanziare il primo<br />
periodo di soggiorno all’estero, con<br />
donne ritrovatesi quasi all’improvviso<br />
a gestire il bilancio familiare, alimentato<br />
dalle rimesse, dopo la partenza<br />
<strong>del</strong> marito. Poiché molto spesso<br />
era il capofamiglia a dover compiere<br />
il primo passo di attraversare<br />
l’Atlantico e tentare la fortuna prima<br />
di richiamare moglie e figli.<br />
La donna aspettava con un misto di<br />
ansia e timore “le lettere di chiamata”<br />
con cui il marito all’estero chiedeva ai<br />
familiari di raggiungerlo, spesso allegando<br />
foto dei nuovi mondi, dollari e<br />
biglietti di viaggio prepagati.<br />
Eloquenti le cifre che Salandra snocciola<br />
con precisione, se tra il 1876 e il<br />
1900 l’esodo interessò soprattutto le<br />
regioni settentrionali, nei due decenni<br />
successivi il primato migratorio<br />
passò alle regioni meridionali con<br />
quasi tre milioni di persone emigrate<br />
dalla Calabria, Campania e Sicilia.<br />
Tre furono le destinazioni principali<br />
<strong>del</strong>l’emigrazione italiana, l’Argentina<br />
negli anni tra il 1860 e il 1880, il Brasile<br />
tra il 1880 e il 1892 e gli Stati Uniti.<br />
Salandra ripercorre la trafila a cui<br />
erano sottoposti gli emigranti, dai test<br />
di intelligenza alle prove di lettura<br />
degli stampati originali che costringevano<br />
molti analfabeti a rientrare in<br />
patria fino ai controlli dei medici con<br />
“i vecchi, i deformi, i ciechi, i sordomuti<br />
e tutti coloro che soffrono di malattie<br />
contagiose, aberrazioni mentali<br />
e qualsiasi infermità inesorabilmente<br />
esclusi dal suolo americano”.<br />
E tra quegli emigranti o tra discendenti<br />
di quegli emigranti non mancò<br />
chi riuscì a farsi strada, come Frank<br />
Carlucci, diplomatico e uomo politico<br />
statunitense, capace di ricoprire vari<br />
incarichi di governo nelle amministrazioni<br />
repubblicane tra il 1971 e il<br />
1989, fino a diventare sotto l’amministrazione<br />
Reagan segretario <strong>del</strong>la Difesa<br />
degli Stati Uniti dal novembre <strong>del</strong><br />
1987 al gennaio <strong>del</strong> 1989.<br />
Suo nonno Francesco, tagliapietre, era<br />
partito da Santomenna nel 1892 insieme<br />
al fratello Nick, aveva a lungo<br />
lavorato a Scranton con un imprenditore<br />
tedesco di nome Conrad Schroeder,<br />
lasciando l’azienda nel 1884 per<br />
formare una partnership per il taglio<br />
<strong>del</strong>la pietra con il fratello Nick. Ed è<br />
a suo nonno che la biografa Susa Mazur<br />
dedica grande attenzione nel libro<br />
dedicato a Frank Carlucci III “La vita<br />
di Frank Carlucci I, inizialmente sfuggita<br />
all’opinione pubblica, viene prepotentemente<br />
alla ribalta in quanto è<br />
il nonno di uno dei cavalieri <strong>del</strong>la<br />
scacchiera politica Frank Carlucci III<br />
<strong>del</strong> Carlyle Group.<br />
Carlucci I era un uomo esuberante e<br />
ha lasciato un’eredità da capomastro<br />
che merita attenzione.<br />
Tra i suoi progetti più importanti ricordiamo<br />
la stazione di approdo di El-<br />
lis Island nella baia di New York, la<br />
grande scalinata <strong>del</strong>l’Arlington National<br />
Cemetery e il Willard Hotel di Washington<br />
Dc”. E sono davvero tante le<br />
storie che prendono forma, sfogliando<br />
le pagine <strong>del</strong> volume, come quella<br />
che emerge dalla testimonianza di Felice<br />
Venutolo, emigrante in Argentina,<br />
che ripercorre la storia <strong>del</strong>la propria<br />
famiglia “Incominciai a pensare ai<br />
soldi per pagare il viaggio in Argentina.<br />
Mi telefonarono che un signore di Castelnuovo<br />
prestava soldi per viaggi al-<br />
LA DOMENICA DEL CORRIERE<br />
l’estero, sono andato a trovarlo e mi<br />
ha detto che lui mi prestava somma<br />
solo se io avevo un garante. Ho parlato<br />
con mio padre per sapere lui poteva<br />
farlo e mi ha detto di sì. In seguito,<br />
mese a mese, mandavo dall’Argentina<br />
i soldi <strong>del</strong> viaggio.<br />
E’ stato molto duro lasciare la famiglia<br />
e la piccola casa fatta con tanti<br />
sacrifici. Il primo agosto 1949 sono<br />
partito da Napoli con una nave da carico<br />
e passeggeri.<br />
La nave toccava tutti i porti. Palermo,<br />
Tunisia, Isole Canarie, Rio de Janeiro,<br />
Santos, Montevideo, Buenos Aires:<br />
dopo 32 ore, quando sono sceso dalla<br />
nave, ho sentito l’impulso di baciare<br />
la terra. Grazie a Dio ero arrivato<br />
salvo. Il giorno dopo l’arrivo, sono<br />
andato in questura per sollecitare il<br />
documento di residenza argentina.<br />
Dopo quattro giorni ho iniziato a lavorare:<br />
non era il lavoro che volevo<br />
ma bisognava accontentarsi…. Incominciai<br />
a lavorare in una fabbrica di<br />
tessuti notte e giorno, questo mi permetteva<br />
di guadagnare un 30 per cento<br />
in più.<br />
Poi tutto è cambiato quando ho deci-<br />
so di sposarmi: ero stanco di una vita<br />
da solo, in quel momento in Argentina<br />
non si stava tanto male, in Italia, e<br />
più ancora Santomenna, era difficile<br />
vivere decorosamente. Così ho pensato<br />
ad una ragazza <strong>del</strong> mio paese che<br />
sapeva tutto <strong>del</strong>la mia storia.<br />
Ecco come è venuto il pensiero di scegliere<br />
proprio Vincenza Salandra…..Ci<br />
siamo sposati per procura il giorno 5<br />
gennaio 1954 ed ho cominciato a fare<br />
i documenti per farla venire il più presto<br />
possibile”. Aveva, invece, 15 anni<br />
Alfonso Figurelli quando partì per<br />
STORIA DEL TERRITORIO<br />
l’Argentina all’età di 15 anni. Suo padre<br />
era partito nel 1950 e aveva convinto<br />
la famiglia a seguirlo, promettendo<br />
un buon paio di scarpe per tutti.<br />
Ritroviamo così rituali e abitudini<br />
che scandivano la vigilia <strong>del</strong> viaggio<br />
o il giorno <strong>del</strong>la partenza, come il giro<br />
per il paese per il saluto alla comunità,<br />
tra raccomandazioni e abbracci.<br />
Diciassette giorni durò la traversata<br />
“Non furono facili i primi tempi: pur<br />
molto intraprendente e curioso tanto<br />
da spostarsi subito e da solo da Lanusi<br />
alla vicina capitale Buenos Aires,<br />
quando utilizzava i mezzi di trasporto,<br />
Alfonso scrutava sempre tutti alla<br />
ricerca di qualche viso conosciuto,<br />
magari di qualche amico che aveva<br />
appena lasciato a Santomenna, gli<br />
amici di bottega <strong>del</strong> compare Attilio<br />
gli mancavano proprio tanto.<br />
Anche Alfonso era arrivato a Lanusi,<br />
un grosso centro industriale non lontano<br />
dalla capitale Buenos Aires, dove<br />
c’è una grossa comunità di sammennesi…<br />
Come tutti quelli che ne hanno avuto<br />
l’opportunità ha cercato di mantene-<br />
La donna aspettava con un misto di ansia e timore “le lettere<br />
di chiamata” con cui il marito all’estero chiedeva ai familiari<br />
di raggiungerlo, spesso allegando foto dei nuovi mondi,<br />
dollari e biglietti di viaggio prepagati.<br />
re le tradizioni sammennesi, che ha<br />
voluto trasmettere ai propri figli, anche<br />
in Argentino: l’orto, l’allevamento<br />
<strong>del</strong>le galline e dei colombi, la cucina”.<br />
Ma non è stato così per tutti, in<br />
tanti proprio come nel caso <strong>del</strong>la sorella<br />
di Alfonso, hanno voluto rompere<br />
ogni legame con Santomenna. Storie<br />
come quella di Maria Calabrese,<br />
partita a soli 23 anni e con un bambino<br />
di due anni per l’Argentina assieme<br />
al fratello Getano “Il costo <strong>del</strong> suo<br />
viaggio non rientrò, come per altri,<br />
negli accordi italo-argentini, quindi<br />
30<br />
dovette affrontarlo con soldi in prestito,<br />
regolarmente restituiti anche<br />
grazie alle rimesse che il marito già<br />
inviava dall’America.<br />
Partì da Genova dove, qualche mese<br />
prima, aveva passato la visita medica<br />
che superò brillantemente nonostante<br />
la paura per il riacutizzarsi di un<br />
mal di fegato, dovuto evidentemente<br />
allo stress. Fu un viaggio di ventiquattro<br />
giorni durante il quale, per<br />
paura <strong>del</strong>le sue coliche epatiche,<br />
scambiava regolarmente la sua razione<br />
con quella destinata al piccolo Vito…In<br />
Argentina dove Maria rimase<br />
per sei anni faceva la sarta ed aiutava<br />
nelle macellerie gestita anche da alcuni<br />
miei parenti.<br />
Nella macelleria, in particolare Maria<br />
curava il piccolo reparto frutta”. A rivivere<br />
nelle pagine di Salandra sono<br />
anche costumi, riti, tradizioni legati<br />
alla Santomenna di una volta.<br />
Un’analisi che non può non partire<br />
dalla constatazione <strong>del</strong> ruolo di spartiacque<br />
nella storia politica, sociale e<br />
culturale <strong>del</strong> centro irpino <strong>del</strong> sisma<br />
<strong>del</strong>l’80, capace di alimentare speranze<br />
con la creazione di aree industriali<br />
che avrebbero dovuto produrre occasioni<br />
di lavoro ma che raggiungeranno<br />
solo in parte il proprio scopo.<br />
Salandra rievoca i mestieri di una volta,<br />
dal barbiere all’arrotino, dal fornaio<br />
<strong>del</strong> Sud alla mietitura e alle altre<br />
tradizioni legate alla vita nei campi,<br />
dalla scuola ai riti e superstizioni contadine<br />
che comprendevano personaggi<br />
come “lo scazzamurieghr” o “li<br />
pumpnar” , il lupo mannaro” e naturalmente<br />
l’arte <strong>del</strong> malocchio, espressione<br />
<strong>del</strong>la paura di venire a contatto<br />
con le forze <strong>del</strong> diabolico, dalle feste<br />
patronali come quella <strong>del</strong>la Madonna<br />
<strong>del</strong>le Grazie al dialetto locale. Inevitabile<br />
il riferimento agli anni <strong>del</strong>la<br />
guerra, che impose gravi sacrifici all’economia<br />
contadina, con l’obbligo<br />
per chi produceva grano di consegnarlo<br />
all’ammasso, fino alla diffusione<br />
<strong>del</strong> mercato illegale per riuscire<br />
ad aggiudicarsene un poco in più.<br />
Come racconta Giovanni Calabrese<br />
“Giovanni ha moltissimi ricordi <strong>del</strong><br />
periodo di guerra: a Santomenna c’erano<br />
di stanza i tedeschi che presiedevano<br />
tutte le strade, in modo particolare<br />
“la vianova” e ed erano sempre<br />
nelle terre “Re Paulott” alla variante.<br />
Una postazione fissa di mitragliatrici<br />
contraerei era a “L’incasci”….<br />
Quando successivamente arrivarono<br />
gli americani, occuparono più o meno<br />
gli stessi posti dei tedeschi….Giovanni<br />
ricorda che tutti i giovani, pur<br />
senza capire la lingua, socializzavano<br />
con gli americani dai quali ricevevano<br />
caramelle e sigaretta….<br />
Qualche famiglia ne approfittava per<br />
condividere con i soldati americani<br />
anche il rancio. Giovanni ricorda diversi<br />
bombardamenti, uno in particolare<br />
prese solo marginalmente Santomenna<br />
(dalle conche a S. Lucia)…..<br />
Allora tutti erano convinti che un caposquadriglia<br />
americano, di origini<br />
sammennesi, volutamente risparmiò<br />
il paese, sganciando le bombe solo<br />
nella parte marginale <strong>del</strong> paese”.<br />
Tanti frammenti, dunque, che risultano<br />
tutti ugualmente preziosi e che<br />
consegnano la storia di un piccolo<br />
paese, che si fa emblema <strong>del</strong>la storia<br />
<strong>del</strong> Sud.