Monza Club
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EDITORIALE<br />
Pari opportunità:<br />
meglio un po’ di merito<br />
di Simona Calvi<br />
Lancio un’idea a tutte le donne:<br />
sostituiamo le parole pari<br />
opportunità con la parola merito.<br />
Mi ero riproposta, almeno<br />
stavolta, di non parlare di questo<br />
argomento. Per due motivi molto semplici:<br />
da una parte perché tv, giornali e radio ne<br />
stanno già parlando moltissimo, spesso anche<br />
a sproposito; dall’altra per quell’impressione,<br />
alla fine di estenuanti discussioni, che non<br />
venisse mai centrato il punto della questione.<br />
A farmi cambiare idea è stata la cronaca<br />
dell’ultimo mese. Lo scorso maggio, a<br />
Villa Reale, si sono svolti gli Stati generali<br />
dell’imprenditoria femminile organizzati dalla<br />
Camera di Commercio di <strong>Monza</strong> e Brianza. Due<br />
gli aspetti di grande interesse dell’iniziativa: il<br />
primo, più intuitivo, è stata la partecipazione<br />
al convegno di centinaia di donne provenienti<br />
dalle più disparate realtà produttive. Per un<br />
nome notissimo come quello di Diana Bracco,<br />
ce n’erano decine meno conosciute, ma di<br />
altrettanto valore ed impatto economico per il<br />
territorio. E già questo dovrebbe contribuire a<br />
smentire alcuni luoghi comuni sulle aspirazioni<br />
lavorative delle donne italiane. Il secondo,<br />
statistico, sulla capacità di queste ultime di<br />
fare impresa. Secondo i dati della Camera<br />
di Commercio sono le aziende a conduzione<br />
femminile quelle che stanno resistendo meglio<br />
alla crisi. Un merito, dunque. Lo sottolineo<br />
perché qui non si sta parlando in termini<br />
parziali, ma oggettivi. Non si valuta cioè la resa<br />
di un’impresa in un universo ipoteticamente<br />
tutto femminile, ma nel mondo reale. Porto un<br />
altro esempio. Come ogni anno si è svolto a<br />
<strong>Monza</strong> il concorso delle rose nuove, un evento<br />
di grandissimo fascino. Quest’anno il ruolo di<br />
madrina è stato affidato a Xian Zhang. Questa<br />
giovane donna cinese è attualmente il direttore<br />
dell’orchestra Giuseppe Verdi di Milano. Ora,<br />
quando fu selezionata, credo che nessuno<br />
pensasse al fatto che fosse una donna. Una<br />
sinfonia diretta male non ha scusanti.<br />
Nessuno, con un minimo di raziocinio, direbbe:<br />
«Il concerto è stato diretto da cani, ma in<br />
compenso lo ha fatto una donna». E lo stesso<br />
vale per qualsiasi altro mestiere. Tutto questo<br />
per dire semplicemente che il merito, come<br />
unico metro di valutazione, porterebbe numerosi<br />
vantaggi. Anzitutto perché è una parola che si<br />
applica a uomini e donne indistintamente. In<br />
secondo luogo è oggettiva, non esiste cioè un<br />
merito parziale. L’obiezione, naturalmente,<br />
è dietro l’angolo: il problema delle pari<br />
opportunità è un problema di accesso e non<br />
di valutazione dei risultati. Vero, ma soltanto<br />
in parte come dimostrano le difficoltà delle<br />
donne a far carriera anche quando inserite in un<br />
dato contesto. Solo una valutazione oggettiva<br />
del merito potrebbe cambiare questa tendenza<br />
smascherando da ultimo anche l’insidia che<br />
si cela dietro il concetto di pari opportunità.<br />
Un “trucco” che permette di scegliere una<br />
donna non perché brava, ma perché donna. E<br />
consente non solo a chi sceglie, ma anche a chi<br />
si rende disponibile a questo gioco di prestigio<br />
di scavalcare concorrenti magari più brave e<br />
meritevoli. È per questo che vorrei che fossero<br />
per prime le donne a chiedere non più pari<br />
opportunità, ma solo e unicamente merito. Per<br />
capacità, ma anche per dignità.<br />
direttore@monzaclub.it<br />
N.55<br />
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