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Marzo - Aprile - Sigot.org

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62 Geriatria 2009 Vol. XXI; n. 2 <strong>Marzo</strong>/<strong>Aprile</strong><br />

qualche forma di alterazione mentale. Il progressivo<br />

invecchiamento della popolazione porterà<br />

ad un incremento della patologia epilettica che<br />

diventerà quindi sempre più frequente nei<br />

pazienti di età geriatrica. Dal punto di vista epidemiologico,<br />

la prevalenza di epilessia nei soggetti<br />

sopra i 60 anni è pari all’1% ed aumenta con<br />

l’avanzare dell’età (1). In ogni caso, studi epidemiologici<br />

hanno dimostrato che l’epilessia è<br />

molto comune tra le persone di 75 anni d’età ed<br />

oltre (2-3). L’epilessia è per frequenza la terza condizione<br />

neurologica nella popolazione anziana<br />

dopo la demenza e le malattie vascolari. La maggior<br />

parte delle crisi epilettiche nei pazienti anziani<br />

sono di tipo parziale con secondaria generalizzazione.<br />

Le manifestazioni cliniche conseguenti<br />

alle crisi possono essere diverse negli anziani<br />

rispetto a quelle dei giovani adulti per cui devono<br />

essere differenziate da altre condizioni mediche<br />

responsabili di stato confusionale. Lo stato di<br />

male epilettico (SE) costituisce una seria complicanza<br />

dell’epilessia. I pazienti geriatrici con SE<br />

presentano spesso sia crisi non-convulsive sia<br />

manifestazioni motorie minime che facilmente<br />

sfuggono all’attenzione del clinico, oppure manifestano<br />

improvvisa compromissione dello stato di<br />

coscienza piuttosto che un netto stato di coma. Lo<br />

SE è una emergenza medica che comporta un<br />

rischio di mortalità e di morbidità non trascurabile:<br />

come tale richiede un pronto riconoscimento e<br />

un trattamento tempestivo ed efficace al fine di<br />

evitare l’instaurarsi (o il peggiorarsi) di danno<br />

cerebrale e prevenire o risolvere tempestivamente<br />

le complicanze sistemiche. Nella diagnostica differenziale<br />

dello SE rientrano gli stati di non contatto<br />

di origine psicogena, gli stati confusionali<br />

non epilettici, le patologie acute cerebrovascolari,<br />

i traumi cranici, i tumori cerebrali, le infezioni del<br />

sistema nervoso centrale, le alterazioni metaboliche,<br />

le sostanze tossiche, i disordini elettrolitici.<br />

Lo SE si verifica con alta frequenza al di sopra dei<br />

60 anni e si è dimostrata un’alta morbidità e mortalità<br />

in questa particolare fascia di età.<br />

Da un punto di vista pratico gli SE vengono<br />

divisi in due grandi categorie:<br />

1) stato epilettico convulsivo (CSE) caratterizzato<br />

da fenomeni motori più o meno bilaterali,<br />

associato o no a perdita di coscienza e a fenomeni<br />

vegetativi;<br />

2) stato epilettico non-convulsivo (NCSE) in cui<br />

si osserva un disturbo più o meno importante<br />

dello stato di coscienza, con manifestazioni<br />

motorie minime o assenti. Lo NCSE è caratterizzato<br />

da modificazioni comportamentali o<br />

cognitive acute della durata di almeno 30<br />

minuti con EEG critico. Le maggiori categorie<br />

dello NCSE sono rappresentate dallo stato di<br />

male parziale complesso (CPSE) e dallo stato<br />

epilettico di assenza (ASE). La persistenza e<br />

l’andamento fluttuante delle improvvise modificazioni<br />

dello stato mentale e del comportamento<br />

dovranno apparire clinicamente abbastanza<br />

evidenti. La diagnosi di NCSE risulta<br />

spesso ardua nei soggetti anziani ed un alto<br />

livello di sospetto clinico risulta necessario per<br />

un rapido riconoscimento diagnostico. Lo<br />

NCSE rappresenta una condizione al confine<br />

tra la neurologia e la psichiatria, con ampie<br />

zone di sovrapposizione (60).<br />

Lo NCSE è una situazione clinica della durata<br />

di almeno 30 minuti nella quale una crisi epilettica<br />

si prolunga sufficientemente o si ripete all’elettroencefalogramma<br />

(EEG) ed è responsabile di<br />

diversi sintomi clinici che vanno dalla compromissione<br />

dello stato di coscienza al disturbo del<br />

comportamento o all’alterazione della percezione<br />

(4); è indispensabile comunque un EEG per la<br />

conferma diagnostica. Le crisi epilettiche che si<br />

manifestano nei pazienti anziani, in particolare le<br />

crisi parziali complesse, a differenza della crisi nei<br />

giovani adulti, possono facilmente sfuggire alla<br />

diagnosi. Infatti uno stato di agitazione psicomotoria<br />

in pazienti giovani che giungono nel<br />

Dipartimento di Emergenza è dovuto più verosimilmente<br />

ad assunzione di sostanze d’abuso o<br />

una patologia psichiatrica (psicosi o disturbi<br />

affettivi), rispetto alla popolazione anziana. Lo<br />

stato confusionale post-ictale può durare fino a 1-<br />

2 settimane nella popolazione geriatrica, rispetto<br />

alla durata di alcuni minuti nei giovani adulti.<br />

Lo NCSE costituisce una alterazione dello<br />

stato di coscienza potenzialmente trattabile. La<br />

diagnosi di NCSE risulta spesso difficoltosa perché<br />

specie nella popolazione anziana sono presenti<br />

patologie che possono mimarne il quadro<br />

clinico. Tuttavia la sempre maggiore sensibilizzazione<br />

ad evocare il sospetto diagnostico e l’esecuzione<br />

del monitoraggio EEG a lungo termine dei<br />

pazienti che presentano alterazioni dello stato di<br />

coscienza, hanno portato ad un progressivo incremento<br />

della identificazione di questa entità nosografica.<br />

DEFINIZIONE E CONSIDERAZIONI<br />

GENERALI<br />

Il termine “stato epilettico non-convulsivo”<br />

(NCSE) viene impiegato per descrivere casi di SE<br />

con segni clinici di attività epilettica minimi o<br />

assenti, confusione mentale e/o minime manifestazioni<br />

motorie.<br />

Il NCSE è comunemente sottostimato e si presenta<br />

in maniera proteiforme. Lo NCSE consiste in<br />

una modificazione dello stato mentale (confusione<br />

o restringimento dello stato di coscienza) rispetto<br />

alla situazione clinica precedente per almeno 30<br />

minuti ed evidenza all’EEG di attività epilettica<br />

continua o quasi continua. Possono essere osser-

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