Numero 1 - IPASVI - Roma
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LINEA DI CONFINE<br />
30 Aprile 2007<br />
La Repubblica - Ed. Nazionale<br />
SE L’INFERMIERE VA<br />
AL POTERE IN CORSIA<br />
di Mario Pirani<br />
Una raffica di e-mail di protesta è seguita<br />
all´ultima «linea di confine» («Todos caballeros<br />
negli ospedali»).<br />
Alcune sono argomentate, altre sovrabbondano<br />
in insulti, con frasi ricorrenti testuali, il che<br />
lascia intravedere una regia sindacale concordata.<br />
Nella contestata rubrica segnalavo come la<br />
riforma universitaria, con l´introduzione della<br />
laurea breve e il possibile biennio di specializzazione<br />
- il cosiddetto 3+2 - aveva permesso<br />
una crescita culturale e professionale ed un<br />
titolo accademico anche ad una serie di categorie<br />
paramediche (infermieri, fisioterapisti, tecnici<br />
di laboratorio e di diagnostica strumentale,<br />
ostetrici, podologi, igienisti dentali, ecc).<br />
Inoltre sottolineavo come questa riforma si<br />
fosse incrociata con le innumerevoli mutazioni<br />
della sanità pubblica con conseguenze in parte<br />
positive (il livello più qualificato degli operatori)<br />
ed altre negative (una miriade di carriere<br />
indipendenti con la creazione di vertici pienamente<br />
autonomi).<br />
Riaffermo che la ricaduta sui pazienti e<br />
sull´organizzazione sanitaria può rivelarsi<br />
rischiosa. Alla fine alle corporazioni mediche si<br />
contrapporranno altrettante corporazioni non<br />
mediche senza alcun momento di direzione clinica<br />
unitaria. Invece che una integrazione dei<br />
saperi avremo una schizofrenia di carriere<br />
parallele, alimentate da sigle sindacali con<br />
forte influenza politica. Lo provano già a iosa le<br />
risposte esasperate che la mia analisi ha suscitato<br />
e a cui posso rispondere solo collettivamente.<br />
Ne cito un brano per tutte: «I medici sono<br />
disposti a lavorare con noi infermieri senza confondere<br />
la diagnosi medica con quella infermieristica?<br />
La legge ha riconosciuto l´infermieristica<br />
come professione sanitaria autonoma e<br />
non ausiliaria. Ne consegue che non possa sussistere<br />
dipendenza da figure diverse - medico<br />
od altri - e sia invece necessaria una struttura<br />
gerarchica autonoma».<br />
Opposta l´opinione dei sanitari. Il consiglio<br />
direttivo dell´Ordine dei medici e odontoiatri di<br />
<strong>Roma</strong> mi esprime «incondizionato apprezzamento»<br />
e il suo presidente, dottor Mario<br />
Falconi, scrive: «In troppi stanno operando per<br />
una sanità fatta da professionisti che rischiano<br />
sempre più di lavorare a compartimenti stagni<br />
e che non solo mal tollerano l´imprescindibile<br />
ruolo di sintesi che il medico deve avere<br />
nell´interesse primario dei pazienti, ma addirittura<br />
immaginano di sostituirsi ad esso».<br />
Per concludere riassumo schematicamente la<br />
situazione. Oggi per diventare infermiere si<br />
accede ad un corso universitario, diviso in due<br />
livelli. Il primo consente l´acquisizione dopo tre<br />
anni del titolo di infermiere laureato (non di<br />
dottore). Se si continua per altri due anni si<br />
prende la laurea di II livello ed il titolo di dottore<br />
in Scienze infermieristiche. Va, però, evidenziato<br />
che tutti i titoli infermieristici acquisiti<br />
prima del 2000 (cioè prima della riforma delle<br />
professioni sanitarie) sono stati sanati e ope<br />
legis resi equipollenti alla laurea breve. La riforma,<br />
quindi, corona anche anni di sanatorie che<br />
hanno trasformato ope legis migliaia di portantini<br />
in infermieri con un tocco di magia politico-sindacale.<br />
Il primario non ha di fatto più<br />
alcuna voce in capitolo nella organizzazione,<br />
gestione e regolazione del personale infermieristico.<br />
Altro aspetto non irrilevante è che l´acquisizione<br />
di un titolo professionale indubbiamente<br />
più qualificato, in carenza di figure professionali<br />
di livello basso o intermedio, ha creato<br />
indubbi problemi nella gestione assistenziale<br />
del paziente. Un infermiere laureato aspira<br />
verosimilmente ad una attività professionale<br />
superiore. Quando tutti gli infermieri saranno<br />
laureati e masterizzati chi distribuirà le medicine<br />
ai degenti, chi porterà la padella o il pappagallo,<br />
chi metterà e toglierà la flebo, chi dovrà<br />
farli mangiare? A che servirà un ospedale pieno<br />
di dottori in medicina o in scienze infermieristiche?<br />
Le conseguenze sono destinate ad ampliarsi<br />
con l´introduzione in corso d´opera di almeno<br />
una diecina di carriere parallele e autonome.<br />
La Regione Lazio, ad esempio, ha già disposto<br />
l´istituzione di nuovi servizi con relativa nomina<br />
di nuovi dirigenti per quanto riguarda, oltre<br />
all´assistenza infermieristica e ostetrica, i servizi<br />
di diagnostica strumentale, riabilitazione, prevenzione,<br />
assistenza sociale. Le nomine dei dirigenti<br />
per un triennio avverranno dopo un colloquio<br />
e la presentazione dei titoli. Non, però,<br />
dopo un vero concorso con graduatoria certa.<br />
La scelta spetterà, infatti, a una triade formata<br />
dal direttore sanitario e da due «esperti<br />
dell´area» (alias sindacalisti?). I più bravi e qualificati<br />
saranno destinati anche in questi casi a<br />
lasciare il passo ai meglio «targati»?<br />
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