58 ― M. Centenari / L. Iori, Ad apertura <strong>di</strong> libromento adespoto <strong>di</strong> rotolo letterario 5 scritto in greco solo sul recto.Esso si presenta mutilo su tutti i lati, ma, mentre il margine inferiore (6,1 cm)pare essersi conservato quasi interamente, quello <strong>di</strong> sinistra (6,5 cm) è probabilmenteincappato in una per<strong>di</strong>ta più consistente, anche se <strong>di</strong>fficilmente stimabile.La parte superiore del papiro, poi, frammentaria in tutta la sua lunghezza, è interessatada due ulteriori fratture: la prima spezza, in alto a sinistra, l’angolo deldocumento e l’altra rende lacunosa ed illeggibile, al centro, più della metà (rr. 1-5) dell’unica colonna <strong>di</strong> scrittura che si è conservata sul recto del papiro e checomprende 8 righi. Dello spazio bianco collocato a destra dello scritto, forse l’originariointercolumnio, si conservano 2,6 cm <strong>di</strong> larghezza, ma nemmeno <strong>di</strong> questoè possibile ricostruire l’originaria ampiezza. Non si trovano, infine, tracce <strong>di</strong>kollēseis.Dal suo aspetto, è possibile, dunque, inferire che il frammento costituisse laparte inferiore <strong>di</strong> un kollēma, nel quale la scrittura si <strong>di</strong>sponeva lungo le fibre, definendouna colonna stretta (4,5 cm. ca.), in cui ogni rigo si componeva <strong>di</strong> 8 o 10lettere al massimo, vergate in un’elegante “maiuscola rotonda”, riconducibile allafase matura del canone, che inizia con i primi decenni del II secolo d.C. (cfr. infra§ 2).Il dato per noi più interessante è lo spazio non scritto <strong>di</strong> 6,5 cm che precede laselis e che potrebbe fare <strong>di</strong> P.Tebt. 269 un nuovo testimone <strong>di</strong> una particolare epoco attestata tecnica libraria, quella dell’agraphon 6 . Grazie agli stu<strong>di</strong> sistematicicare<strong>full</strong>y written in round and good-sized upright uncials probably early in the second century”. Ma <strong>di</strong>recente si è proposta una datazione <strong>di</strong> poco più bassa, cfr. CPF 1999, 776: “un frammento <strong>di</strong> rotolo <strong>di</strong>lusso in uno splen<strong>di</strong>do esempio <strong>di</strong> maiuscola rotonda canonica della metà del II d.C.”.5Gli e<strong>di</strong>tores principes hanno pensato che P.Tebt. 269 contenesse un testo <strong>di</strong> natura filosofica sullabase dell’occorrenza ai rr. 6-7 <strong>di</strong> twǹ ofitwǹ (cfr. GRENFELL/HUNT/GOODSPEED (eds.) 1907, 19: “Themention of the Sophists in l.6 suggests a philosophical treatise”). Ma cfr. CPF 1999, 776: “unriferimento del genere [sc. ai ϲoφιϲταί] può ricorrere tanto nella prosa filosofica quanto in quellaoratoria o storica”.6È interessante notare che già gli e<strong>di</strong>tori principi <strong>di</strong> P.Tebt. 269 avevano dedotto dalle misure inusualidel margine sinistro che la colonna non appartenesse alla sezione interna del rotolo e che lo spaziobianco, dunque, non fosse un normale, troppo ampio, intercolumnio (GRENFELL/HUNT/GOODSPEED (eds.)1907, 19: “On the left of the column are 6½ centimetres of blank papyrus, which show no signs of ha -ving been joined to another sheet; either then the margins between the columns were extraor<strong>di</strong>narilybroad or this was the first column of the roll”).
Papyrotheke 1 (2010) ― 59condotti da G. Bastianini e da M. Caroli sull’impaginazione dei rotoli letterari 7 , èpossibile essere certi che nei libri <strong>di</strong> II d.C. fosse usuale lasciare un margine estesoche precedeva la prima colonna <strong>di</strong> scrittura (l’agraphon appunto), spazio incui poteva essere posto il titolo dell’opera 8 . Ipotizzando che il “margine” sinistrodel nostro frammento – dati la sua estensione, la datazione paleografica del papiroed il tipo librario cui esso appartiene – sia la parte terminale <strong>di</strong> un agraphon,P.Tebt. 269 potrebbe ampliare la serie <strong>di</strong> testimoni <strong>di</strong> questa particolare procedurae<strong>di</strong>toriale, prevalentemente attestata in età romana 9 .Inoltre, se questa ipotesi fosse corretta, i righi <strong>di</strong> scrittura conservati conterrebberoil prologo <strong>di</strong> un’opera in prosa sconosciuta o <strong>di</strong> una parte essa, il cui titolopoteva trovarsi proprio nell’agraphon, posto ad una altezza superiore rispettoalla parte che <strong>di</strong> esso si conserva. Non si può tuttavia scartare l’ipotesi che il titolosi trovasse sopra il primo rigo della prima colonna <strong>di</strong> scrittura, o, ad<strong>di</strong>rittura,sul verso del rotolo e che quin<strong>di</strong> lo spazio bianco che precedeva la prima colonnarisultasse completamente vuoto – eventualità quest’ultima tutt’altro che rara secondoG. Bastianini 10 . Supponendo, infine, che l’attuale estensione dell’agra-7BASTIANINI 1995, 21-41; CAROLI 2007, in particolare 13-79.8Nei rotoli antichi non si pre<strong>di</strong>ligeva un mezzo specifico <strong>di</strong> titolazione: sul recto il titolo iniziale potevatrovarsi o nell’agraphon, o al <strong>di</strong> sopra della prima colonna <strong>di</strong> scrittura <strong>di</strong> un chartēs. Talvolta, poi,esso compariva sul verso, vergato in orizzontale o in verticale; altre volte ancora il titolo era posto solamentein fondo al rotolo. Infine, esso poteva essere in<strong>di</strong>cato esclusivamente sui sillyboi. Questa varietànelle modalità <strong>di</strong> titolazione si può spiegare col fatto che nessuno dei meto<strong>di</strong> sopra elencati rispondevameno <strong>degli</strong> altri all’unica vera esigenza: informare subito il lettore sul testo che aveva <strong>di</strong>fronte. Sul problema della titolazione dei rotoli librari il contributo più <strong>completo</strong> e recente è quello <strong>di</strong>M. Caroli (CAROLI 2007), che approfon<strong>di</strong>sce e rivede altri lavori fondamentali: LUPPE 1977, 89-99;TURNER 1987, 14; BASTIANINI 1995, 25-33 e, specificamente sui sillyboi, DORANDI 1984, 185-9.9In TURNER 1987, 14 vengono elencati sei testimoni <strong>di</strong> II-III d.C.: P.Berol. inv. 9780v; P.Mich. IV 390;P.Mich. inv. 4968; P.Harr. I 123; P.Oxy. III 568 e P.Oxy. XI 1366. BASTIANINI 1995, 29-32 ne aggiungealtri otto databili tra la fine del I d.C. e la fine del III d.C.: con titolo nell’ agraphon, P.Lond.108+115 = P.Lond.Lit. 132; P.Oxy. IV 663; P.Oxy. LX 4026 e, in ambito documentario, P.Mil.Vogl. I25. Senza titolo, P.Lond. 107; P.Lond. 135; P.Oxy. II 223; P.Lond. 131 verso. È grazie alle revisioni<strong>degli</strong> originali effettuate da Capasso e Del Mastro che a queste liste si possono aggiungere sei papiriercolanesi databili tra il II a.C. e il I d.C. (cfr. CAPASSO 1998; DEL MASTRO 2002): il papiro ercolanesecosiddetto “<strong>di</strong> Fania” [P.Hercul. 1008]; P.Hercul. 222; P.Hercul. 253; P.Hercul. 1457; P.Hercul. 1583;P.Hercul. 1786. Nel 2001, inoltre, Bastianini e Gallazzi e<strong>di</strong>tarono gli Epigrammi <strong>di</strong> Posi<strong>di</strong>ppo <strong>di</strong> Pellaconservati da P.Mil.Vogl. inv. 1295 recto e notarono che il papiro testimonia un agraphon <strong>di</strong> età tolemaica(III a.C. – cfr. BASTINAINI/GALLAZZI (eds.) 2001, 13).10BASTIANINI 1995, 29-31.
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