ecuperare positivamente gli eventi, rilanciandoli in una dimensione di attesa e disperanza per il futuro. L’utilizzo frequente di molteplici lingue nel gruppo è statostrumento ed esercizio per “cementare” la classe, per procedere nell’avvicinamentoe nel riconoscimento reciproco. L’apprendimento della lingua e l’approccio al contestosocioculturale italiano è avvenuto dentro questi percorsi: lingua e contesto locale sonostati proposti come una delle realtà dell’esistere, moltiplicando il punto di vista, senzaalimentare pretese di possedere la totalità degli argomenti.Con la collaborazione attiva degli allievi sono riuscita a far circolare nella classe varielingue, (quantomeno quelle veicolari) con pari dignità, intrecciandole e accostandolein un “lessico mosaico” capace di costruire riconoscimento reciproco. Dentro a questavivace confusione e interazione continua, ho compreso che la conduzionedell’insegnante in un simile contesto, deve porre una sensibile attenzione alledinamiche che sorgono, per favorirne il corretto sviluppo: tali dinamiche debbonoessere continuamente sorvegliate, affinchè a ciascuno sia garantito un equilibratospazio di espressione, di comprensione e riconoscimento. Ho ricavato una sensazione diricchezza e di gratitudine intensa da questa esperienza, condivisa con i migranti, sia perla conoscenza e l’approccio con le diverse lingue e culture, sia per l’intreccio dellerelazioni umane che ne sono nate. Durante il periodo scolastico ho sicuramenteprivilegiato l’aspetto relazionale a quello linguistico: ho preferito adottare una modalitàche fosse più condivisa, più intensamente vissuta da ciascuno. Usare il tempo necessariodi attenzione, e di dedizione nei processi, ritengo sia esercizio di giustizia oltre che dicura, 92 consente maggiori possibilità di comprensione globale, scambio e reciprocità,spinge verso il confronto aperto dei diversi punti di vista e rende gli stessi soggettiprotagonisti nei processi.Un procedere più lento, più dolce e profondo, è indispensabile per affrontare ilpionieristico viaggio dell’incontro culturale. <strong>Langer</strong> usa la metafora delle “piantepioniere” per definire i gruppi misti. Per uscire dall’angustia della mia piccolaesperienza personale, citerò un esempio di respiro europeo. Già nel 2002, nel VerticeEuropeo di Barcellona, i capi di governo si accordarono affinchè in tutte le scuoledell’Unione si tendesse a far apprendere agli studenti almeno due lingue straniere. Nel92Devo questa consapevolezza, con gratitudine, al Prof. Luigi Regoliosi, psicopedagogista dell’UniversitàCattolica di Brescia e alla sua condizione di molti seminari formativi della provincia di Bergamo cui hopartecipato. Fu proprio lui durante i corsi a spingermi ad iscrivermi all’università.48
2007 si è fatto un ulteriore passo sulla scia di questo orientamento e il commissarioeuropeo al multilinguismo, il romeno Leonard Orban ha incaricato un gruppo diintellettuali provenienti da varie nazioni e guidati dallo scrittore franco-libanese AminMaalouf (fra loro anche il nostro linguista Tullio De Mauro e la scrittrice SimonettaAgnello Hornby) perché approfondissero il tema. La risposta del gruppo è statasorprendente. Gli intellettuali hanno suggerito che tutti gli europei, oltre ad una linguaveicolare base (che inevitabilmente sarà quella di un inglese semplificato) scelgano unalingua adottiva che dovrebbero arrivare a padroneggiare come una seconda linguamadre, approfondendo anche i contenuti della cultura che questa lingua esprime. Nonnecessariamente tale lingua dovrebbe essere europea, ma anche solo “parlata” nellacomunità: lingue come l’arabo, il turco o l’urdu, sono infatti idiomi di comunitànumericamente importanti di cittadini migranti. Il rapporto del team di studiosi haevidenziato che la competizione tutt’ora in corso tra le lingue “forti” 93 per fareconcorrenza all’inglese, non ha più senso; è meglio invece, anche dal punto di vistaeconomico, che si sviluppino molteplici capacità linguistiche, accanto all’inglese, perfavorire la mobilità, la comprensione reciproca e l’approfondimento delle culture.Nell'articolo “Come salvare le lingue”, Amin Maalouf 94 scrive:“Il rispetto della nostra diversità linguistica non è soltanto il riconoscimento diuna realtà culturale prodotta dalla storia. E’ il fondamento stesso dell’ideaeuropea quale è emersa dalle macerie dei conflitti che hanno segnato ildiciannovesimo e la prima metà del ventesimo. L’idea europea ci sembrapoggiare su due esigenze inseparabili: l’università dei valori morali comuni ela diversità delle espressioni culturali (…) la diversità linguistica costituisce(…) un magnifico strumento d’integrazione e armonizzazione. (…) Per gliimmigrati la lingua personale adottiva dovrebbe essere in generale quella delpaese in cui hanno scelto di stabilirsi. Una conoscenza approfondita dellalingua nazionale e della cultura che essa veicola è un elemento indispensabileper integrarsi nella società d’accoglienza per partecipare alla sua vitaeconomica, sociale, intellettuale, artistica e politica. (…) E’ essenziale che ipaesi europei comprendano quanto è importante, per gli immigrati e i figli diimmigrati, preservare la conoscenza della loro lingua d’origine. Un giovaneche perde la lingua dei suoi antenati perde anche la capacità di comunicareserenamente con i suoi genitori e questo è un fattore di disgregazione sociale,generatrice di violenza. (…) [Mentre] l’appartenenza religiosa è esclusiva,93Per lingue ‘forti’ si intendono, oltre all'inglese, francese, tedesco e spagnolo.94Dell'autore franco-libanese cf. Le crociate viste dagli arabi, Torino, Sei, 2001 e L'identità, Milano,Bompiani, 1999, saggio quest'ultimo in cui, con riferimenti filosofici, storici e teologici, afferma edimostra che si può restare fedeli ai propri valori senza percepirsi minacciati da quelli di cui altri sonoportatori.49
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