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sommario - Fondazione | Alexander Langer | Stiftung

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desiderio autentico di scoperta verso le diverse forme di concepire la vita delle personedi culture diverse.Ho intrapreso gli studi universitari molto tardi (coronando un sogno che non ho potutorealizzare a suo tempo), scegliendo proprio l’indirizzo educativo interculturale.Nell’università sto affrontando una sorta di percorso a ritroso, mettendo in ordinel’esperienza pratica maturata negli “impegni non professionali sul campo”: esperienzedi volontariato nel territorio, nell'ambito scolastico e nell’associazionismo. Sono statequeste esperienze a gettare le basi delle mie conoscenze a carattere interculturale e afarmi sentire l’esigenza di una maggior competenza, da ricercare appunto nell’ ambitostrutturato degli studi universitari.Attraverso gli studi sono stata condotta in dimensioni di estrema complessità einterdisciplinarietà, cui ho potuto ahimè solo affacciarmi. Una nuova consapevolezza,un concetto semplice e chiave che ho appreso, è stato quello di poter prenderecoscienza di quanto etnocentrismo siano impregnati i miei sguardi sulla realtà e dicome sia arduo raggiungere quello che De Martino definiva un “etnocentrismocritico” 1 , un punto di vista capace di allargare la propria coscienza culturale di fronte adogni cultura "altra", attraverso una presa di coscienza critica dei limiti della propriastoria culturale, sociale, politica, e di conseguenza, un’autocritica radicata nelconfronto storico-culturale.Durante gli studi, ho ritrovato con grandissimo piacere, in un manuale di pedagogia,l’estratto del decalogo di Alex <strong>Langer</strong>, figura che avevo conosciuto negli anni ’90grazie alla raccolta Il viaggiatore Leggero. Scritti 1961 – 1995, curata da Edi Rabini.Non mi era mai accaduto di incontrare la storia di un uomo politico, di un intellettualecosì strenuamente impegnato, intelligente e capace di teorizzare e praticare insiemela pacifica ed ecologica convivenza umana fra diversi. L’intera vita di <strong>Langer</strong> è statacontrassegnata da un’eccezionale sensibilità e profondità umana: il suo modo diconiugare costantemente teoria e prassi, la sua capacità di pensiero complesso e ampiosulle cose, in un disegno dalla coerenza assoluta, rappresentano per me una fonte diispirazione e di riflessione continua.Ho deciso quindi in occasione della prova finale, di riprendere le fila del suo“Tentativo di decalogo per la convivenza interetnica”, per tornare a fare luce e trarre1Ugo Fabietti, Storia dell’antropologia, Bologna, Zanichelli, 2001, pp 166-167.5

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