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queste qualità. La calvizie è un piccolo<br />
difetto, o quasi una qualità quando la<br />
fronte brilla d’ingegno. La pancia è un ostacolo<br />
insormontabile negli attacchi frontali.<br />
Nel terzo capitolo La donna e la guerra, lo<br />
stile di Marinetti cambia di nuovo, assume<br />
valenze e forme che saranno tipiche della<br />
retorica fascista e mussoliniana. Provate a<br />
soffermarvi sull’attacco del capitolo con quel<br />
la serie di “terra, mare e cielo” che saranno,<br />
con qualche modifica, tipico degli inizi dei<br />
discorsi di Mussolini, negli anni del regime,<br />
dal palcoscenico di Piazza Venezia. Leggiamo,<br />
facciamo qualche considerazione e tiria-mo<br />
alcune conclusioni.<br />
Il terzo capitolo<br />
La donna e la guerra<br />
La terra, il mare, il cielo e la donna esigevano<br />
la guerra come complemento naturale.<br />
Parlo della conflagrazione, poiché le guerre<br />
precedenti non furono che abbozzi di guerra.<br />
Tutti i tramonti insanguinati simboleggiavano,<br />
invocavano, profetizzavano le attuali<br />
battaglie. Cosa mai cercava sull’arco<br />
dell’orizzonte marino il mio sguardo di collegiale<br />
dodicenne quando accompagnavo<br />
mia madre nelle passeggiate crepuscolari<br />
sulla spiaggia di Alessandria d’Egitto?<br />
Cosa mai spiava se non una squadra bombardante?<br />
Molti anni dopo il Molo Giano vibrava<br />
sotto i miei piedi di studente per i<br />
continui scoppi di porpora che i nuvoloni<br />
esplosi come polveriere lanciavano allo zenit<br />
ogni sera. I flauti e i violini del vento non<br />
consolavano certo i boschi che aspettavano<br />
ansiosamente la ruvida strigliata delle artiglierie.<br />
La concava placidità delle notti stellate<br />
mi diede raramente delle torture mistiche,<br />
ma quasi sempre l’orrore e lo schifo<br />
per il vuoto e per il silenzio che bisognava<br />
un giorno o l’altro ad ogni costo riempire ed<br />
uccidere con fragori massicci e quadrati.<br />
Gli uragani, le tempeste, le valanghe, i cicloni<br />
erano lo sforzo della conflagrazione<br />
che voleva nascere scoppiando nel mondo.<br />
Il tuono era la prova generale, il desiderio<br />
rombante e il collaudo dei grossi calibri<br />
futuri.<br />
© Natalia Ciric<br />
Le costellazioni erano dei piani-abbozzi di<br />
bombardamenti notturni. Le forme aggressive<br />
delle alte montagne hanno finalmente<br />
oggi ragione d’essere tutte rivestite dalle<br />
fitte traiettorie, dai sibili e dai rombi curvi<br />
delle cannonate.<br />
La prosa di Marinetti ama gli elenchi, le ripetizioni,<br />
l’aggettivo dirompente, qui però con<br />
un’altra finalità, meno sentenziosa, più descrittiva<br />
e pittorica. Usa spesso elencare tre<br />
nomi o aggettivi in un climax crescente. I<br />
tramonti sono “insanguinati”, i nuvoloni<br />
esplodono come “polveriere”. La prosa si<br />
surriscalda, con un registro di nuovo militare.<br />
Non dimentichiamo che è in atto la prima<br />
grande carneficina della storia moderna. La<br />
descrizione del tramonto diventa una scena<br />
di guerra, di bombardamenti, di scoppi e<br />
conflagrazioni, dal sapore apocalittico. Non è<br />
solo un’invenzione: Marinetti ha visto la<br />
guerra, l’ha vissuta in trincea prima di essere<br />
ferito. Da queste pagine si capisce che<br />
l’autore è ammaliato da quelle visioni, non<br />
prova orrore ma è incantato da quei nuovi<br />
cieli, da quei nuovi paesaggi: c’è bisogno di<br />
una nuova lingua, di nuove metafore, di<br />
nuovi ritmi, di nuove luci che si allineano al<br />
registro militare, ai tempi apocalittici della<br />
guerra. Marinetti non ride più, guarda affascinato<br />
i nuovi cieli. Marinetti è ammaliato.<br />
FUOR ASSE 138<br />
Guido Conti