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l’Ottocento, o del primo Novecento,<br />
inframmezzate da canzoni; che quando<br />
canta alza nell’aria le sue lunghe braccia<br />
snodate e le mani fini e soavi, assomigliando<br />
a una bella ragazza, o a un<br />
cigno, o a un fiore dall’altissimo stelo;<br />
che suscita ilarità con la grazia, in un<br />
tempo in cui la comicità sembra poter<br />
nascere soltanto su note stridenti e<br />
odiose, da volti e gesti scomposti e ripugnanti.<br />
Lui è comico restando se stesso,<br />
conservando i suoi tratti lindi e gentili.<br />
Non c’è tuttavia nulla di lezioso e vezzoso<br />
nella sua grazia: non c’è in lui nessuna<br />
civetteria, e nessuna timidezza, nei<br />
confronti della realtà. La sua grazia<br />
sembra rispondere a un’armonia intima,<br />
sembra sprigionarsi da un’intima e<br />
lucidissima intelligenza. [...] M’è accaduto<br />
di assistere a suoi spettacoli non<br />
del tutto riusciti; non che fossero mai<br />
sciocchi o freddi, ma avevano qualcosa<br />
di slegato e frammentario; mi dispiaceva<br />
per lui, non per me, perché io mi divertivo<br />
ugualmente, quasi senza ombra di<br />
delusione; un momento di suprema bellezza<br />
c’era sempre. [...] Inoltre la sua fortuna<br />
tra la gente è una fortuna di qualità<br />
particolare, è qualcosa che sembra<br />
rifiorire ogni sera dal nulla e come per<br />
caso, senza alcun legame né con lo snobismo,<br />
né con la pubblicità, né con la<br />
moda. Benché egli abbia tra la gente<br />
grande fortuna, benché il suo teatro sia<br />
ogni sera pieno, pure non mi sembra<br />
che lui sia diventato di moda: e spero<br />
che una cosa tossica, aberrante e pericolosa<br />
come la moda non riesca a giocare<br />
con la sua persona. E del resto forse<br />
ogni essere ha la fortuna che il suo spirito<br />
chiede: e quando uno viene deturpato<br />
e involgarito dal successo, è perché<br />
i germi della volgarità erano in lui preesistenti,<br />
e si potevano scorgere nel suo<br />
Paolo Poli<br />
spirito anche quando era solo e oscuro.<br />
A pensarci bene, il segreto del fascino di<br />
Paolo Poli è proprio nella maniera<br />
nobile, civile e intelligente con cui tocca,<br />
esamina ed esprime la volgarità rimanendone<br />
pienamente immune. Poiché<br />
non c’è ombra di volgarità in lui, le volgarità<br />
e i luoghi comuni che estrae dal<br />
passato egli li illumina con un totale<br />
distacco, non in una caricatura deformante<br />
e grottesca ma in un disegno<br />
penetrante e limpido. [...] E solo lui può<br />
cantare «Giovinezza» in un teatro senza<br />
che riappaia né l’immagine di Mussolini,<br />
né l’ironia ormai vecchia e involgarita<br />
che si è usata su questa immagine» 1 .<br />
Non è casuale iniziare a parlare di<br />
Paolo Poli partendo da un testo di Natalia<br />
Ginzburg, un testo letterario, perché<br />
la letteratura ha, da sempre, rappresentato<br />
per lui il punto di partenza del suo<br />
far teatro. Non si parla di testi scritti per<br />
il teatro, si parla di letteratura tout court<br />
che Poli, con sapienza, ha saputo ritagliare<br />
e ricucire teatralmente. Con la<br />
Ginzburg («e lui di persona lo conosco<br />
appena» 2 ) poi si frequentò da quando,<br />
dopo l’incendio del Teatro delle Muse, lei<br />
si presentò la sera di un ultimo del-<br />
1 Natalia Ginzburg, Mai devi domandarmi, Milano, Garzanti, 1972, pp. 127-132.<br />
2 Ivi, pp. 129-130.<br />
FUOR ASSE<br />
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Redazione Diffusa