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FuoriAsse#20HD

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Capitolo VIII<br />

L’antico mestiere<br />

Tratto dal romanzo autobiografico Dietro il sipario di<br />

Giuseppe Pace edito da (Itinerarium editrice, 2007)<br />

Fu così che un tardo pomeriggio estivo<br />

ci avviammo verso quel paesino limitrofo<br />

al nostro e meta ambita per giovani,<br />

meno giovani e anziani, ma tutti accomunati<br />

da un unico scopo e obiettivo:<br />

quello di comprare un po’ di piacere e di<br />

felicità.<br />

Arrivammo in un quartiere desolato e<br />

spoglio dove certamente il termine “decoro<br />

urbano” suonava per i suoi amministratori<br />

come un insulto o una provocazione.<br />

Altrettanto povera era la casetta, davanti<br />

alla quale posteggiammo il motorino,<br />

dove abitava “Rituzza”: così era intesa<br />

con gratuito e poco appropriato vezzeggiativo,<br />

colei che dispensava illusioni<br />

ed effimere certezze e svolgeva il mestiere<br />

più antico del mondo.<br />

Assicurammo il Vespino alla ciancianedda<br />

1 , incastonata saldamente alla parete<br />

di quella casa, tramite una robusta<br />

catena che Totò portava sempre all’interno<br />

del bauletto e l’agganciammo ad<br />

un lucchetto di sicurezza (non volendo<br />

correre il rischio, trovandoci in quella<br />

zona malfamata, di vedercelo trafugare<br />

da qualche balordo).<br />

Entrammo senza bussare giacché la<br />

porta era quasi aperta ed ebbi, in quel<br />

preciso momento, il timore di avere sbagliato<br />

abitazione.<br />

La scena che mi si presentò non mi fu<br />

inconsueta.<br />

L’ambiente, per sommi capi, mi sembrò<br />

una sala d’aspetto di un ambulatorio<br />

medico (l’aspetto igienico-sanitario n’era<br />

l’eccezione), dove ognuno aspettava ansiosamente<br />

il proprio turno in atteggiamento<br />

di religioso silenzio e in preda a<br />

sintomi di rara patologia.<br />

Il silenzio, in quel caso, mi resi conto<br />

era, oltre che una forma di rispetto per<br />

chi in quel momento si trovava all’interno<br />

dell’alcova a navigare nel proprio mare<br />

di sogni e illusioni, anche un tentativo<br />

di passare inosservati e salvaguardare<br />

pertanto quello che rimaneva del proprio<br />

pudore.<br />

Notai anche e per quanto era possibile,<br />

che ognuno cercava di sottrarsi allo<br />

sguardo dell’altro ponendosi col capo<br />

chino verso il pavimento e fingendosi<br />

pensieroso e afflitto o guardando il soffitto,<br />

come a riscontrare in quei miseri<br />

stucchi che si configuravano come geometrie<br />

astratte, qualcosa di sublime dal<br />

punto di vista artistico.<br />

L’arredamento, a dir poco indecoroso,<br />

era illuminato solo dalla flebile luce di<br />

una candela che conferiva all’ambiente<br />

anche un aspetto lugubre e inquietante.<br />

Regnava un silenzio assoluto e tutti<br />

sembravano essere affranti e reduci da<br />

immani calamità.<br />

All’improvviso fummo destati dal cigolio<br />

di una porticina laterale da cui uscì un<br />

ragazzo con i capelli arruffati e intento<br />

ancora a stringersi a curria 2 dei pantaloni.<br />

Dietro di lui ma ferma sul davanzale,<br />

ammiccando gioiosamente per il numero<br />

elevato degli ospiti ancora da servire,<br />

una donna coperta solo da una vestaglia<br />

1 Ferro ad anello del diametro di circa 10 cm.<br />

2 Cintura.<br />

FUOR ASSE<br />

18 Riflessi Metropolitani

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