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FuoriAsse#20HD

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stato meglio. Un testo didascalico e<br />

privo di scenicità, noioso e scontato fin<br />

dalle prime battute. Una drammaturgia<br />

vecchia e tisica, sbrodolata di paroloni<br />

che raccontano già tutto il sotto testo,<br />

che non lasciano allo spettatore neanche<br />

un attimo di riflessione, perché<br />

investiti da questa specie di stream of<br />

consciousness che dalla forma di roman -<br />

zo epistolare dell’originale balzachiano<br />

tale resta nel 2017. Ora, prendere un<br />

romanzo di Balzac del 1842 per provare<br />

a darne un’aderenza con la nostra contemporaneità<br />

lasciando l’impianto originario<br />

è un’impresa titanica e inutile.<br />

Volere mostrare la differenza di linguaggio<br />

fra le due protagoniste, che hanno<br />

estrazione e esperienze diverse, ma che<br />

finiscono con il parlare una lingua tradotta<br />

dal francese del 1800 finisce con il<br />

trasformarsi in una masturbazione men<br />

tale autoriale. Altrettanto la scolastica<br />

(non me ne voglia Balzac, che appunto<br />

era Maestro con la maiuscola, ma pur<br />

sempre ottocentesco) visione aristotelica<br />

di due personaggi che scavano e evolvono<br />

fino alla risoluzione finale è appena<br />

appena già vista, sentita, masticata,<br />

digerita, metabolizzata e anche abbondantemente<br />

espulsa per via rettale.<br />

Certo Massini è già un’autorità in campo<br />

drammaturgico italiano, il suo Lehman<br />

diretto da Ronconi ha avuto entusiastici<br />

riscontri dappertutto, tanto che<br />

è diventato un libro candidato al Campiello,<br />

appunto, eppure anche allora<br />

ricordo che se non fosse stato per Gifuni<br />

mi sarei addormentato già al minuto<br />

quindici.<br />

Tornerò a battere i campi di periferia –<br />

cioè quei teatri che lottano contro le pizzerie<br />

– dove, seppure spesso si assista a<br />

messinscena terrificanti seduti in sale<br />

dalle sedie scomode che cigolano, perlomeno<br />

si prova, si sperimenta, si cerca<br />

qualcosa di nuovo, si osa. E l’arte è solo<br />

azzardo, scommessa, gioco – il resto è<br />

noia, come diceva un vituperato cantautore<br />

libico-salernitano mai stato nelle<br />

grazie dell’intellighenzia.<br />

©Kaveh H. Steppenwolf<br />

FUOR ASSE<br />

63<br />

Teatro

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