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Jolly Roger_01_10

Numero 10 Jolly Roger Magazine. Letteratura, attualità, arte. Libri, musica, recensioni.

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acconti<br />

racconti<br />

pezzetto di formaggio) diceva al telefono, come<br />

se si trovasse in guerra, e nel frattempo probabilmente<br />

era già da Avgoustinos a ordinare due<br />

pites ben farcite.<br />

Mi meravigliavo di come mio zio avesse le bugie<br />

facili persino con la sua stessa famiglia.<br />

A un certo punto il cellulare della piccola squillò.<br />

Era il padre che la chiamava per assicurarsi che<br />

andasse tutto bene.<br />

Dopo qualche minuto ecco arrivare Soula trascinando<br />

Hra. Si fermarono a salutare le ragazze,<br />

Hra si fece coccolare abbondantemente da Ioanna<br />

che adorava i cani e andarono via.<br />

Così la conversazione convergeva ora su Hra e<br />

suo figlio che non ce l’aveva fatta a sopravvivere,<br />

forse per le condizioni in cui era tenuto quando<br />

le ragazze erano andate a prenderlo da uno dei<br />

tanti dubbi amici dello zio.<br />

Hra era un huskie, non era fatta per quel clima<br />

caldo e non era nemmeno nata lì, ma portata da<br />

chissà dove. Tuttavia, reggeva botta.<br />

Ora le sentinelle avevano controllato che la piccola<br />

stesse bene, e se ne potevano andare. Non<br />

riuscivo a capire perché Soula e mio zio avessero<br />

così poca fiducia nella gente. Avevano lasciato la<br />

loro figlia, che, anche se a 12 anni, non era né ingenua<br />

né stupida,con le sue due cugine trentenni<br />

e la sorella anche lei abbondantemente maggiorenne.<br />

Di che avevano paura? Che la portassimo<br />

a ubriacarsi? Anche se avessimo voluto lei stessa<br />

non ce l’avrebbe lasciato fare.<br />

O forse questa cosa del controllo voleva essere<br />

l’ennesima dimostrazione di quanto fosse unita<br />

la famiglia.<br />

Non potevo dimenticare la mattina in cui mi avevano<br />

invitata a pranzo con mio fratello e, appena<br />

entrata in casa, avevo assistito a un’appassionante<br />

sistemazione collettiva di biancheria durata<br />

almeno un’ora.<br />

Vivian, il suo ragazzo e la piccola erano sedute<br />

sul letto nella stanza rosa principessa, e Soula<br />

aveva poggiato un’enorme cesta di biancheria<br />

sul letto, tirando fuori una ad una, magliette, mutande<br />

e pantaloni, e dando ai rispettivi proprietari<br />

indicazioni sul cosa farne.<br />

Nonostante questa parvenza di unità, i loro rapporti<br />

si fondavano sulle bugie.<br />

Vivian era molto più indipendente di quanto desse<br />

ad intendere e suo padre si inventava scuse per<br />

non tornare a casa a mangiare o, peggio, uscire<br />

la sera.<br />

Soula o ci credeva, o era troppo intelligente<br />

per bersi le sue baggianate e forse lo lasciava<br />

fare usando i suoi espedienti per controllarlo.<br />

Ad esempio, quando c’era stata la storia della<br />

κοτόσουπα, il terzo giorno, in cui ormai lo<br />

zio era convinto di aver scampato il pericolo, gli<br />

aveva riproposto lo stesso piatto per metterlo alla<br />

prova e lui ci era cascato in pieno, dicendo subito<br />

che non aveva fame. Riguardo alle sue uscite<br />

notturne, in cerca di avventure, non so se Soula<br />

era cosciente o se lo lasciava fare perché le bastava<br />

che rientrasse.<br />

La conversazione ormai si afflosciava, Ioanna<br />

dormiva in piedi, io sentivo i dolori del ciclo imminente<br />

e la testa che cominciava un po’ a girare,<br />

dato che mi ero disabituata a bere birra da circa<br />

un mese. In effetti il sapore di quella birra era un<br />

po’ forte anche per me, sapeva quasi di alcool<br />

puro.<br />

Ci alzammo di scatto tutte insieme.<br />

Vivian fece un timido e fiacco tentativo di prendere<br />

il bicchierino con il conto, ma senza sforzo<br />

alcuno glielo sfilai dalle mani. In realtà pagò Ioanna,<br />

ma la seguii fino alla cassa, e comunque<br />

i conti li avremmo fatti insieme. Di certo non<br />

avremmo lasciato pagare le cugine più piccole,<br />

questo era chiaro a tutte.<br />

Vivian e la sorella se ne andarono con mille ringraziamenti.<br />

Io cominciavo a stare già in un’altra dimensione.<br />

Il ciclo, che si era fatto attendere per più di un<br />

mese, cosa che mi aveva fatto andare nel panico<br />

nei giorni precedenti, ora si palesava finalmente<br />

in tutto il suo dolore.<br />

*musica popolare, simile al neomelodico napoletano<br />

** brodo di pollo<br />

Viaggio alieno<br />

di Wladimiro Borchi<br />

La notte tra il 14 e il 15 dicembre ci ha lasciato il più grande curatore di Urania: Giuseppe Lippi.<br />

Potremmo ricordarlo per i suoi saggi, i suoi racconti, i romanzi scritti con lo pseudonimo P. Kettridge,<br />

Jr., per l’incessante opera volta a divulgare la fantascienza in Italia in epoche pioneristiche.<br />

Potremmo parlare di lui per ore.<br />

Nel mio piccolo, preferisco ricordarlo nell’unico modo che mi è congeniale: immaginando un racconto<br />

con un ambientazione che di sicuro avrebbe apprezzato.<br />

Vola in mezzo alle stelle Giuseppe, vola in mezzo ai sogni che ci hai regalato.<br />

«Maestro, dobbiamo andare!»<br />

Il vecchio scrittore camminava avanti e indietro<br />

dinanzi al proprio letto.<br />

Ogni due passi si fermava a ricontrollare il contenuto<br />

di quel modesto zaino da viaggio.<br />

«E se non avessi portato qualcosa con me?»<br />

«Tutto quello che ti serve è nella tua valigia. Non<br />

ti occorre altro.»<br />

L’ometto con la grossa testa calva e il volto rugoso<br />

si avvicinò a lui per fissarlo con quei suoi<br />

enormi occhi neri.<br />

«Ero certo che, prima o poi, vi avrei incontrato.»<br />

«Già, non poteva essere altrimenti, dopo tutto il<br />

tempo che ci hai dedicato. Andiamo!»<br />

L’umano gettò ancora uno sguardo ai suoi miseri<br />

averi.<br />

«Continuo ad avere la sensazione di aver lasciato<br />

qualcosa.»<br />

«È normale che sia così, devi lasciare molto. Ma<br />

le cose importanti vengono assieme a te, andiamo!»<br />

Il piccolo alieno allungò le dita affusolate ad afferrargli<br />

dolcemente la mano.<br />

I due si incamminarono verso la finestra aperta e<br />

iniziarono a percorrere il raggio invisibile che li<br />

«L’esistenza è un affar pieno di senza,<br />

Di rinunce, d’affanno e d’astinenza,<br />

Ma io dico al lettor che ha sapienza<br />

Quest’adagio ripeti: Pazienza e Fantascienza.»<br />

(Giuseppe Lippi, “L’uomo che non poteva morire, ed altri misteri”)<br />

conduceva verso il cielo.<br />

«Che bello viaggiare così. Chissà se me lo sono<br />

mai immaginato?»<br />

«Sì! È nella tua valigia, assieme a tutte le altre<br />

storie che hai aiutato a sognare.»<br />

Il vecchio si fermò ad accarezzare con gli occhi<br />

umidi ogni stella, ogni satellite, ogni granello di<br />

pulviscolo spaziale.<br />

«Qua fuori è bellissimo. Sembra infinito.»<br />

«No, non lo è! Ma è infinito il tempo che resta.»<br />

La più stravagante delle coppie di amici continuò<br />

ad allontanarsi verso le stelle, fino a dissolversi<br />

nell’orizzonte.<br />

Ma era solo il limite degli occhi di chi guardava.<br />

Fu in quel momento che il monitor, fissato sul<br />

cuore, riempì l’aria del proprio cicalio.<br />

Il medico di guardia raggiunse la stanza trafelato,<br />

percorrendo di corsa il corridoio, e dopo molte<br />

disperate manovre constatò il decesso.<br />

Ma erano solo parole scarabocchiate su un foglio.<br />

Era solo il limite degli occhi di chi guardava.<br />

Nessuno si domandò il perché di quella finestra<br />

aperta sul cielo stellato, nonostante il freddo pungente<br />

della notte.<br />

ANNO I • NUMERO X • dicembre 2<strong>01</strong>8 www.jollyrogerflag.it • facebook.com/gojollyroger<br />

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