Malati e senza fissa dimora
Numero 57 - Scuola di Giornalismo - Università degli Studi di Salerno
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16 Domenica 11 marzo 2012 ARTE<br />
La Fondazione Plart festeggia il suo quarto anno di allestimenti e ricerca scientifica<br />
Plastica+arte+tecnologia<br />
Dal plexiglass con la seta per i gioielli, al polipropilene delle bambole e dei vasi<br />
Nel 1860 lo statunitense J.W.<br />
Hyatt scopre la celluloide, primo<br />
materiale plastico usato, in quel<br />
caso, per produrre pellicole<br />
fotografiche e cinematografiche.<br />
La plastica: che meravigliosa<br />
scoperta! Duttile, malleabile, economica<br />
e colorata viene utilizzata,<br />
a partire da quel momento,<br />
per costruire una serie infinita di<br />
oggetti. L’industria di tutti i tipi se<br />
ne appropria come una scoperta<br />
sensazionale: la rivelazione del<br />
secolo. Tanto che anche l’arte<br />
contemporanea ne fa un suo elemento<br />
primario. Anzi, di più: la<br />
assurge ad arte stessa.<br />
Il Plart, a Napoli, (via Martucci,<br />
48), meglio conosciuto come<br />
Museo della plastica, è il luogo di<br />
culto di questo materiale. Grazie<br />
alla felice intuizione di unire arte<br />
e tecnologia, la fondazione Plart è<br />
diventata una vera istituzione nel<br />
settore. Con la collaborazione di<br />
importanti centri di ricerca universitari<br />
(Politecnico di Milano, la<br />
II Università di Napoli e l’Università<br />
di Salerno), il museo si<br />
impegna nella ricerca scientifica e<br />
tecnologica per approdare a<br />
nuovi e sempre più ingegnosi usi<br />
della plastica. Lo scorso 25 gennaio<br />
il museo ha festeggiato i suoi<br />
quattro anni di attività. Sorprendente<br />
per una struttura all’avanguardia<br />
aver raggiunto questo<br />
traguardo così importante, soprattutto<br />
se si pensa agli obiettivi<br />
che si è impegnata a raggiungere.<br />
Alle mostre e esposizioni si aggiungono<br />
le attività didattiche.<br />
Non solo allestimenti, ma anche<br />
scienza, questo il suo punto di<br />
forza. Ma com’è fatto il Plart?<br />
All’ingresso c’è un grande spazio<br />
adibito all’ esposizione di oggetti<br />
delle collezioni storiche di plastica<br />
più conosciute. Entrando in<br />
un'altra sala, una lunga teca di<br />
vetro mostra una serie di oggetti e<br />
opere d’arte in plastica della<br />
Collezione Incutti, secondo percorsi<br />
tematici diversi che si rinnovano<br />
periodicamente. La teca,<br />
oltre a contenere gli oggetti,<br />
diventa anche una sorta di viaggio<br />
culturale e storico del nostro<br />
Paese: una bambola, un telefono,<br />
delle carte, una casetta, un<br />
motorino. Poi, ancora, utensili da<br />
cucina, scarpe, giocattoli, borse,<br />
occhiali e altro.<br />
Formata da leghe polimeriche<br />
(più catene di molecole complesse)<br />
la plastica ha però lo svantaggio<br />
di essere altamente inquinante.<br />
Il Plart, grazie alle<br />
avanzate ricerche, utilizza la bioplastica,<br />
a partire dalla molecola<br />
di Mater-Bi che non ha impatti<br />
distruttivi sull’ambiente. Questo<br />
materiale, dagli usi molteplici e<br />
sorprendenti, è ancora parte integrante<br />
delle nostre vite. Luoghi<br />
come il Plart, che approfondiscono<br />
la ricerca su metodologie<br />
non distruttive e contribuiscono<br />
allo sviluppo tecnologico di<br />
prodotti industriali, meritano<br />
sempre più attenzione e partecipazione.<br />
Pagina a cura di<br />
PIETRO ESPOSITO<br />
ASSUNTA LUTRICUSO<br />
«Far conoscere questa realtà proiettandoci<br />
nel mondo, attraverso l’unicità delle nostre<br />
ricerche». Lo spirito del Plart nelle parole di<br />
Marco Petroni, della Fondazione del<br />
museo. Napoli, la città nuova, a cui però<br />
viene sempre associato il vecchio, delle sue<br />
strutture e della sua arte, ignorando l’avanguardia<br />
e la sperimentazione prepotentemente<br />
presenti. «Il territorio – confessa<br />
Marco Petroni – purtroppo non è molto<br />
attento. Abbiamo circa quarantamila visitatori<br />
l’anno, ma un buon settanta percento di<br />
questi vengono da fuori Regione».<br />
Un disinteresse non giustificato, soprattutto<br />
se si pensa che alla creatività vengono<br />
associate problematiche del quotidiano<br />
particolarmente sentite in Campania, come<br />
il tema della raccolta e del trattamento dei<br />
rifiuti, con progetti che inglobano anche<br />
diversi istituti scolastici.<br />
«Il designer – continua Marco Petroni– è<br />
una figura molto più complessa di quello<br />
che si pensi. Non si tratta di uno “stilista”,<br />
ma il suo compito è quello di interpretare la<br />
realtà e avere la capacità di prefigurare<br />
mondi futuri». E proprio in questo caso, la<br />
tecnologia viene in soccorso all’arte, perché<br />
con la tecnologia si riesce a interpretare la<br />
complessità del tempo.<br />
A sinistra<br />
un modellino<br />
di donna<br />
In basso,a sinistra,<br />
l’opera “Claudia Quinta”,<br />
di Anselm Kiefer<br />
In basso, a destra,<br />
dei giocattoli<br />
Percorso multimediale<br />
Mater-Bi:<br />
dal petrolio<br />
ai girasoli<br />
Nel percorso multimediale, dal<br />
titolo “Da un mare di petrolio a<br />
un campo di girasoli”, viene<br />
spiegata ai visitatori la scoperta<br />
del Mater-Bi e la sua importanza.<br />
Molto divertente per i bambini<br />
perché ricca di colori vivaci<br />
e di suoni accattivanti, la sala<br />
multimediale è un modo per<br />
imparare giocando. Sottili tubi<br />
fluorescenti, non appena ci si<br />
passa di sotto, mostrano filmati<br />
sulla plastica: i suoi inventori e<br />
le sue innovazioni. Il percorso<br />
continua con lampadari e anelli<br />
tiranti che mostrano le varie<br />
molecole che compongono i<br />
diversi materiali plastici.<br />
Calpestando dei rettangoli di<br />
diverso colore viene riprodotto<br />
il suono di alcuni oggetti di uso<br />
comune (ovetto kinder, scotch,<br />
tappo di bottiglia, spazzolino).<br />
Poi, un capannone con all’interno<br />
dei piccoli animaletti ispirati<br />
al film della Disney “Fantasia”,<br />
realizzati da tre studenti della<br />
Dundee University. Gli animaletti<br />
si animano, parlano e<br />
mordono, persino. A concludere<br />
il tour il passaggio su un<br />
finto campo girasoli, circondato<br />
da pareti con delle scritte che<br />
riconducono al concetto di<br />
sostenibilità.<br />
Le opere di Roberto Dalisi, Wanda Romano, Anselm Kiefer e Haim Steinback<br />
Le forme del futuro a Napoli<br />
«Il designer non è un semplice stilista ma un interprete della realtà»<br />
Gli occhi della creatura Plart, però, guardano<br />
in due diverse direzioni. Oltre alla promozione<br />
sul territorio lo sguardo è rivolto<br />
allo scouting sul panorama internazionale.<br />
Ai noti designer campani o italiani, come<br />
Roberto Dalisi, Wanda Romano, Piero<br />
Gilardi e Chiara Scarpitti (in mostra dall’8<br />
marzo con una collezione di gioielli in seta<br />
e plexiglass), si affiancano i nomi di artisti<br />
di fama internazionale, quali Tony Cragg,<br />
Anselm Kiefer e Haim Steinback (con un’esposizione<br />
al Moma di New York). Il museo<br />
è stato dichiarato l’unico “giacimento del<br />
design” del sud Italia e in virtù di questa<br />
eccellenza ha attivato delle collaborazioni<br />
con i più importanti istituti d’Europa, come<br />
la Royal College of Arts di Londra e la<br />
Design Academy di Eindhoven, considerata<br />
il top nel settore.<br />
«Il grande gap da colmare con il resto del<br />
continente – secondo Marco Petroni –<br />
riguarda la preparazione offerta dalle<br />
Università. In altri Paesi gli istituti danno<br />
già gli strumenti per capire il presente,<br />
mentre in Italia, spesso, si conosce tutto del<br />
passato, ma poco delle realtà nuove su cui<br />
bisogna confrontarsi».<br />
Il Plart, comunque, rappresenta una ricchezza<br />
nuova per la città, anche se ha da<br />
poco festeggiato i suoi quattro anni dall’apertura,<br />
che entra in sinergia con la “Napoli<br />
contemporanea” che appartiene anche ad<br />
altre strutture come il Madre, il Pan e il<br />
Nitsch. «L’unione – conclude Petroni –<br />
potrebbe fare la forza. Sono realtà che si<br />
trovano in parti differenti della città, ognuna<br />
con il proprio fascino e le proprie difficoltà,<br />
ma il futuro passa per le reti, le collaborazioni,<br />
magari immaginando anche un<br />
marchio e lanciando un validissimo percorso<br />
turistico».