Malati e senza fissa dimora
Numero 57 - Scuola di Giornalismo - Università degli Studi di Salerno
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8 Domenica<br />
11 marzo 2012 PRIMO PIANO<br />
LA RICERCA DI UN FUTURO<br />
Integrarsi è difficile<br />
soprattutto<br />
nelle metropoli<br />
Il Consiglio nazionale dell’economia e del<br />
lavoro (Cnel), in collaborazione con il<br />
ministero del Lavoro e delle Politiche<br />
sociali, ha stilato una serie di rapporti sull’andamento<br />
dell’integrazione degli immigrati<br />
in Italia. Dagli indici è più volte<br />
emerso che i fattori oggettivi che spingono<br />
un cittadino straniero a trasferirsi nel<br />
nostro Paese sono soprattutto il bisogno<br />
di un lavoro e di una casa, la necessità di<br />
alcuni servizi di base indispensabili per<br />
l’uomo e la possibilità di accedere a status<br />
giuridici che ne affermino la piena partecipazione<br />
al sistema di diritti e doveri<br />
dello Stato, come la cittadinanza. Non<br />
vanno però trascurati<br />
tutti quei fattori<br />
soggettivi e psicologici<br />
che suscitano<br />
il bisogno di<br />
sentirsi rispettato e<br />
riconosciuto dagli<br />
autoctoni, per stabilire<br />
una relazione<br />
in cui possano sentirsi<br />
a casa propria.<br />
Stando all’ultimo<br />
rapporto pubblicato il16 febbraio scorso,<br />
l’Italia, con tutti i limiti e i requisiti previsti<br />
dall’attuale legge sulla naturalizzazione<br />
degli immigrati, conferma quanto sia difficile<br />
acquisire la cittadinanza fisiologica.<br />
E’ anche emerso che, soprattutto nei grandi<br />
agglomerati urbani, come a Roma,<br />
Milano e Napoli, i processi di inserimento<br />
sociale, di radicamento territoriale e di<br />
identificazione sono molto lenti, se non<br />
impossibili, a causa della già forte complessità<br />
sociale di questi contesti.<br />
Le storie dei migranti sono più o<br />
meno sempre le stesse. Da anni, da<br />
qualunque Paese essi provengano.<br />
Persone che lasciano la propria<br />
terra d’origine, non <strong>senza</strong> tormenti,<br />
in cerca di un futuro migliore<br />
per sé, per i propri figli. Sogni, speranze,<br />
sacrifici spesso ricompensati<br />
e ancora più spesso vani.<br />
Ci sentiamo tutti fieri e liberi nell’era<br />
moderna, globalizzata, multietnica.<br />
Eppure ci limitiamo a<br />
guardare da lontano chi ha un<br />
colore della pelle diverso dal<br />
nostro, una lingua che non capiamo<br />
e una pesante sfida da affrontare:<br />
vivere con dignità. Quella<br />
dignità che è un diritto di tutti,<br />
quella dignità che i nostri stessi<br />
antenati, soprattutto nel secondo<br />
Dopoguerra, hanno cercato a loro<br />
volta lasciando l’Italia in cerca di<br />
giorni migliori. Allora anche noi<br />
eravamo migranti, sofferenti e con<br />
l’etichetta del “pizza-mandolino”<br />
da sopportare.<br />
Oggi, secondo i dati forniti<br />
dall’Istat, gli stranieri residenti in<br />
Italia (4 milioni 859 mila) rappresentano<br />
l’8% della popolazione<br />
totale, con un incremento di 289<br />
L’8% della popolazione nel nostro Paese è straniera<br />
Italiani di fatto<br />
ma non di diritto<br />
La cittadinanza negata ai figli di immigrati<br />
mila unità rispetto al 1° gennaio<br />
2011. Già da qualche anno ormai<br />
la giornata del primo marzo è<br />
diventata una data importante per<br />
ricordare il sostanziale apporto<br />
degli immigrati all’economia italiana,<br />
svolgendo quei lavori che<br />
nessuno è più disposto a fare,<br />
pagando le tasse come tutti gli<br />
altri cittadini, con figli che parlano<br />
italiano eppure non possono<br />
dire di avere radici nel nostro<br />
Paese. Eppure, chi nasce in Italia<br />
da genitori stranieri non acquista<br />
immediatamente la cittadinanza,<br />
ma mantiene quella dei genitori e<br />
può diventare cittadino italiano<br />
solo al compimento del diciottesimo<br />
anno d’età: un impedimento<br />
alla piena realizzazione di un<br />
diritto fondamentale, sul quale si<br />
è espresso anche il Capo dello<br />
Stato Giorgio Napolitano, che ha<br />
definito «un’autentica follia» tenere<br />
in piedi una legge anacronistica<br />
e obsoleta.<br />
Un ossimoro, quindi, negare un<br />
diritto strettamente connesso al<br />
concetto stesso di modernità, che<br />
suffraga la cittadinanza universale,<br />
l’uguaglianza civile e politica <strong>senza</strong><br />
nessuna discriminazione. Per queste<br />
ragioni 19 organizzazioni della<br />
società civile hanno promosso la<br />
campagna “L’Italia sono anch’io”<br />
che, oltre al riconoscimento del<br />
diritto di voto amministrativo,<br />
chiede che venga applicato lo ius<br />
soli per i nativi: devono essere riconosciuti<br />
cittadini italiani i nati in<br />
Italia che abbiano almeno un genitore<br />
legalmente soggiornante, il<br />
quale ne faccia richiesta.<br />
L’iniziativa ha avuto successo e le<br />
firme raccolte approderanno alla<br />
Camera il 6 marzo. Nei giorni<br />
scorsi, i promotori hanno incontrato<br />
i parlamentari della commissione<br />
Affari costituzionali della<br />
Camera per chiedere un impegno<br />
preciso nella calendarizzazione e<br />
nei tempi di discussione per le proposte<br />
di legge. I membri della commissione<br />
hanno ascoltato con<br />
attenzione l’esposizione dei contenuti<br />
delle due proposte di legge e,<br />
nonostante i diversi orientamenti<br />
sulla materia, è sembrata emergere,<br />
da parte dei parlamentari dei<br />
diversi gruppi, una comune<br />
volontà a riprendere l’iter del testo<br />
di riforma della legge sulla cittadinanza,<br />
la cui discussione era stata<br />
sospesa. «Un segnale incoraggiante»,<br />
secondo i promotori della<br />
campagna, perché dimostra «un<br />
interesse condiviso dalle varie<br />
forze politiche ad affrontare un<br />
argomento così importante per<br />
tante persone che vivono nel<br />
nostro Paese».<br />
Pagina a cura di<br />
VALENTINA DE LUCIA<br />
MARIAROSARIA DI CICCO<br />
L’Arci di Salerno<br />
È solo<br />
questione<br />
di civiltà<br />
L’Arci di Salerno (Associazione ricreativa<br />
e culturale italiana) ha promosso una<br />
campagna di sensibilizzazione per sostenere,<br />
attraverso una raccolta firme, e presentare<br />
in Parlamento due proposte di<br />
legge di iniziativa popolare che propongono<br />
cambiamenti radicali in tema di cittadinanza<br />
e di diritto al voto per migranti<br />
regolari.<br />
I cittadini stranieri che vivono nel nostro<br />
Paese, infatti, con regolare permesso,<br />
iscritti all’anagrafe, lavorando e pagando<br />
le tasse, non hanno diritto al voto; così<br />
come chi nasce in Italia da genitori stranieri<br />
deve attendere il compimento dei<br />
18 anni per chiedere la cittadinanza,<br />
affrontando una lunga e difficile trafila<br />
burocratica.<br />
«La campagna “L’Italia sono anch’io”<br />
vuole sollecitare<br />
innanzitutto<br />
una ri<br />
flessione culturale<br />
sul te<br />
ma della cittadinanza<br />
e<br />
del futuro dei<br />
figli di questo<br />
nostro Paese<br />
– ha spiegato<br />
il presidente<br />
dell’Arci di Sa<br />
lerno, Giusep<br />
pe Cavaliere -. Quella del passaggio dallo<br />
ius sanguinis allo ius soli è una questione<br />
di democrazia, di equità, di civiltà.<br />
Che riguarda tutti. Quale futuro di crescita<br />
e di concordia sociale possiamo<br />
mai immaginare per un Paese che nega a<br />
tanti suoi ragazzi il diritto di appartenenza<br />
alla comunità nazionale?».<br />
La legge in vigore, infatti, riconosce lo<br />
ius sanguinis,ovvero il diritto a diventare<br />
cittadino italiano a chi è nato da cittadini<br />
italiani. La proposta, invece, introduce<br />
lo ius soli, il diritto alla cittadinanza<br />
per chi, nato in Italia, abbia almeno un<br />
genitore che vi soggiorna legalmente da<br />
un anno e prevede, inoltre, che siano italiani<br />
anche i nati da genitori nati in<br />
Italia, a prescindere dalla loro condizione<br />
giuridica.<br />
Centri, sportelli e uffici<br />
Caritas<br />
in prima<br />
linea<br />
Anche la Caritas, l’organismo pastorale<br />
della Conferenza episcopale italiana (Cei)<br />
per la promozione della carità, della giustizia<br />
sociale e della pace, ha avviato una serie<br />
di iniziative volte a migliorare e favorire<br />
l’inserimento degli immigrati nel nostro<br />
Paese. Collaborando con le associazioni e<br />
le parrocchie delle diverse realtà regionali,<br />
ha creato una serie di sportelli e centri di<br />
accoglienza che assistono e seguono gli<br />
stranieri fin dal loro arrivo in Italia, controllando<br />
che trovino un lavoro legale e<br />
sicuro, un alloggio stabile e, soprattutto, il<br />
rispetto e la comprensione dell’intera<br />
comunità.<br />
Dal 1995 la Caritas italiana ha aperto un<br />
Ufficio immigrazione con un coordinamento<br />
unico, articolato in commissioni<br />
tematiche, cui<br />
partecipano i<br />
rappresentanti<br />
delle 16<br />
regioni ecclesiastiche,<br />
per<br />
pianificare le<br />
strategie operative<br />
da at<br />
tuare nell’ambito<br />
del fenomeno<br />
migratorio<br />
in Italia.<br />
L'ufficio si occupa anche del la gestione e<br />
del controllo di parte dei progetti 8x1000,<br />
pubblica studi e articoli sul fenomeno<br />
migratorio, cura la formazione e l'informazione,<br />
intraprende visite in loco a<br />
sostegno delle Caritas diocesane, rappresenta<br />
l’Associazione nei contesti istituzionali<br />
nazionali (ministeri, Parlamento,<br />
Governo, enti pubblici) e internazionali, e<br />
cura i rapporti di intesa e di collaborazione<br />
con gli organismi nazionali, italiani ed<br />
esteri, e con gli organismi internazionali<br />
di ispirazione cristiana che svolgono attività<br />
a favore degli immigrati.<br />
Il centro d’ascolto diocesano è il vero<br />
punto di riferimento per gli stranieri che,<br />
nel sostegno di una equipe di volontari e<br />
di collaboratori specializzati, trovano una<br />
risposta concreta ai propri bisogni.