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Nocciole e pomodori taroccati

Numero 21 - Scuola di Giornalismo - Università degli Studi di Salerno

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20 Domenica 15 marzo 2009TRADIZIONI<br />

In una frazione di Aiello del Sabato torna un’antica usanza popolare<br />

La Sabina non dimentica<br />

Tutti pazzi per il focarone<br />

Il parroco e i giovani riscoprono San Modestino<br />

GIOVANNI IANNACCONE<br />

Non sono bastati quindici anni di oblio a<br />

cancellare una tradizione centenaria. Alcuni<br />

ragazzi della Sabina, piccola frazione di<br />

Aiello del Sabato, alle porte di Avellino,<br />

hanno deciso di riprendere, da quest’anno,<br />

un’ antica usanza popolare che era stata ormai<br />

tralasciata e quasi dimenticata.<br />

Il 13 febbraio di ogni anno, alla vigilia della<br />

ricorrenza di San Modestino, patrono del<br />

capoluogo, gli abitanti della piccola frazione<br />

erano soliti accendere in piazza un grande<br />

falò, chiamato in dialetto ‘o focarone. Si tratta<br />

di una tradizione secolare dal significato<br />

religioso, ma dai contorni scaramantici, attraverso<br />

cui si chiede a San Modestino di<br />

proteggere dalle gelate il raccolto di nocciole,<br />

coltura prevalente nell’Avellinese. Gelate<br />

che, soprattutto in questo periodo, in cui gli<br />

alberi cominciano a germogliare, possono<br />

mettere a repentaglio l’intero raccolto, oltre<br />

che il compenso economico, e rischiano di<br />

vanificare le immense fatiche di un anno.<br />

Sempre secondo l’antica credenza, inoltre, lo<br />

scopo, o forse la pretesa, è anche quella di<br />

riuscire a prevedere, semplicemente osservando<br />

la direzione del fumo sprigionato dall’enorme<br />

falò, quale sarà il territorio che avrà<br />

il raccolto più abbondante.<br />

Ogni anno, gran parte dei coltivatori di nocciole<br />

della zona, hanno continuato ad accendere<br />

il proprio focarone. Ma fino a qualche<br />

tempo fa, alla Sabina, era diverso. Il falò veni-<br />

Un momento del focarone di San Modestino<br />

va acceso in piazza e coinvolgeva l’intera<br />

comunità locale, diventando, così, anche<br />

momento di aggregazione sociale e intrattenimento.<br />

L’importanza della tradizione, d’altronde,<br />

è proprio quella di rafforzare l’identità<br />

e il senso di appartenenza a un determinato<br />

territorio.<br />

Soddisfatto per l’iniziativa intrapresa il parroco<br />

don Mario Todisco: «I giovani del paese<br />

hanno voluto riscoprire questa tradizione a<br />

distanza di molti anni, proprio perché convinti<br />

che la propria identità affonda le sue<br />

origini nel tempo. Ed è solo conoscendo e<br />

portando avanti le credenze e i comportamenti<br />

dei propri avi che si può comprendere<br />

maggiormente la vita presente e intuire quegli<br />

elementi costanti che, se rafforzati, possono<br />

dar vita a quella che sarà la nostra identità<br />

futura».<br />

Per i ragazzi, la volontà di riprendere quest’antica<br />

tradizione, per lungo tempo abbandonata,<br />

si è fatta ancora più viva dopo aver<br />

ascoltato il racconto di un paesano. «Era il<br />

lontano 1994 - racconta l’anziano - l’ultima<br />

volta in cui ci radunammo, come sempre con<br />

una settimana di anticipo, per iniziare la preparazione<br />

del focarone di San Modestino. Si<br />

partiva dalla mattina con delle carriole e<br />

tanta buona volontà, per andare a raccogliere<br />

la legna, che veniva gentilmente offerta, e<br />

a volte non solo offerta, dai contadini della<br />

zona. Può sembrare strano, ma la fatica non<br />

si avvertiva in nessun modo». Evidentemente<br />

la volontà e la gioia di<br />

portare avanti una tradizione<br />

così affascinante, che<br />

offriva loro anche la possibilità<br />

di divertirsi, andava ben<br />

oltre lo sforzo fisico che<br />

pure all’epoca si doveva sostenere<br />

per trasportare la<br />

legna dai vari appezzamenti<br />

fino in piazza. Arrivati sul<br />

posto stabilito -prosegue<br />

l’anziano- solitamente un<br />

piccolo pezzo di terra nei<br />

pressi della Chiesa di San<br />

Pietro, si collocava, al centro,<br />

un palo alto circa 5<br />

metri, intorno al quale venivano<br />

sistemati i sarcinielli,<br />

fascine composte da pezzi di<br />

legna di piccole dimensioni,<br />

ricavati rigorosamente dagli<br />

stessi noccioli.<br />

E così, il sabato precedente il<br />

13 febbraio scorso, i giovani,<br />

che ricordavano a malapena le scene raccontate,<br />

hanno deciso di riunirsi per riproporre<br />

l’antica usanza popolare. Detto, fatto. Tutto<br />

esattamente come 15 anni fa. Unica differenza<br />

il possesso di un mezzo agricolo, messo a<br />

disposizione dal sindaco, anch’egli contento<br />

della lodevole iniziativa. Non è mancato,<br />

comunque, alcune carriole, utilizzate per i<br />

piccoli trasporti e giusto per mantenere inalterato<br />

un certo legame con il passato. Il 13<br />

febbraio scorso le campane della Chiesa di<br />

San Pietro, nella frazione Sabina, hanno suonato<br />

di nuovo a festa. Subito dopo la messa,<br />

il parroco ha benedetto il falò davanti alla<br />

comunità raccolta in preghiera.<br />

Ai giovani l’onore di accendere il focarone di<br />

San Modestino, rinato grazie alla loro intraprendenza.

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