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il direttore<br />
Alberto Lupini<br />
Sagre, smartworking e pochi turisti<br />
Nei centri storici il ristorante muore<br />
Il dopo lockdown conferma le più negative previsioni. Fra bar e ristoranti almeno uno su dieci non<br />
ha riaperto. Siamo alla metà degli incassi pre chiusura (anche con asporto e delivery). Ma nei centri<br />
storici si arriva al più al 20-25% per la scomparsa dei turisti e per la mancanza di statali, bancari e<br />
universitari che restano a casa in smartworking. Degli hotel, salvo al mare o in montagna, ne hanno<br />
riaperto non più di 3 su 10. E non va certo meglio per le discoteche che, anche se con qualche timida riapertura<br />
all’aperto, pagano il dazio del distanziamento, incompatibile con il ballo e il divertimento.<br />
In più c’è il clima di paura alimentato per mesi da tv e internet e i consumatori, con minori risorse per la<br />
crisi, sono cauti prima di entrare in un pubblico esercizio. Intanto solo un’azienda su 4 è riuscita ad ottenere<br />
finanziamenti dalle banche. La cassa integrazione finora non è stata data ai dipendenti di 4 imprese su 10. E<br />
se non fosse stato per gli interventi dei sindacati, Fipe per prima, sarebbe magari saltata quest’estate. Insomma<br />
un vero disastro e si può ben capire perché il grido di allarme delle imprese sia ormai un urlo a cui potrebbe<br />
seguire una rivolta, mentre siamo storditi dal silenzio assordante della classe politica che, al Governo come<br />
nelle Regioni, sembra occuparsi del nostro mondo solo perché tirata per i capelli.<br />
Questa crisi drammatica vede anche molte mense aziendali chiuse o con forti riduzioni, insieme al blocco<br />
del mondo del catering e degli eventi. E cosa si inventano i politici? L’apertura delle sagre, il simbolo degli assembramenti<br />
e in genere di un’igiene sommaria e di evasione contributiva, salvo quelle “di qualità” gestite<br />
dalle Pro loco (meno di una su 4). Un calcolo per soddisfare il sottobosco politico, a destra come a sinistra, con<br />
la scusa che... tanto il virus sarebbe indebolito. Già, ma se lo è, vale per tutti, non solo per chi organizza sagre!<br />
Fra sagre e smartworking ce n’è abbastanza per dare un colpo di grazia a tutto il mondo della ristorazione<br />
e dell’ospitalità.<br />
È tempo di considerazioni amare, ma doverose. Prima della pandemia avevamo più volte scritto che<br />
c’erano troppi locali in cui si somministra cibo o si può dormire. Persino nelle boutique si è arrivati a vendere<br />
cibo e in casa si inventano gli home-restaurant o si affittano in nero le camere da letto.<br />
Occorre ripensare questo sistema. Va rivisto un modello economico sbagliato e accettare l’idea che dobbiamo<br />
“asciugare” il comparto. Gli incassi di prima non torneranno più per un bel po’ e la torta non può più<br />
essere divisa come prima. È amaro doverlo scrivere, ma l’<strong>Italia</strong> in queste situazioni non può avere quasi 3<br />
volte più dei locali della Francia. Si deve valorizzare la professionalità, la qualità e la sicurezza. Non è più il<br />
tempo di qualche guadagno marginale fuori dalle regole. Si devono fare economie di scala e capire che ad<br />
esempio, se non torneranno le masse dei turisti di un tempo (spesso con pochi soldi) e se il lavoro da casa resterà<br />
una regola, gli incassi di certi locali dei centri storici non basteranno certo a coprire gli elevati costi degli<br />
affitti. Con il che si innescherà un ulteriore degrado socio-economico in cui solo la criminalità avrà da guadagnare.<br />
Ce lo possiamo permettere?<br />
La mancanza<br />
di clientela sta<br />
assestando<br />
un ulteriore colpo<br />
alla ristorazione già<br />
provata a causa<br />
dei mesi<br />
di lockdown.<br />
L’apertura<br />
delle sagre, poi,<br />
costituirà<br />
un ulteriore<br />
danno. Bisogna<br />
ripensare il sistema,<br />
valorizzando<br />
la professionalità,<br />
la qualità<br />
e la sicurezza.<br />
Basta con<br />
la concorrenza<br />
sleale e le attività<br />
fuori dalle regole<br />
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