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Revista de Psicanálise

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135Il «corpo parlante» e il mistero di un’altra soddisfazioneDiego Mautino«Il reale, dirò io, è il mistero <strong>de</strong>l corpo parlante,è il mistero <strong>de</strong>ll’inconscio» 1…ecco il dire, ben enigmatico, con il quale Lacan conclu<strong>de</strong> la seduta <strong>de</strong>l 15 maggio 1973<strong>de</strong>l suo Seminario Encore, <strong>de</strong>dicata agli «Anelli di corda», in seguito a quelle dove egli parla <strong>de</strong>lbarocco, <strong>de</strong>lla sua esibizione di corpi evocatrice di godimento e dove si sorpren<strong>de</strong> di non avereavuto prima l’i<strong>de</strong>a di servirsene <strong>de</strong>i nodi di corda per stringere quello che ha a che fare con ilgodimento.In questo momento in cui Lacan introduce i nodi nel suo insegnamento, egli forgiaquest’espressione: «corpo parlante»; dunque, il reale al quale riferisce ciò che allora chiama il«mistero <strong>de</strong>l corpo parlante» è il reale <strong>de</strong>lla scrittura <strong>de</strong>l nodo. Con le quattro cor<strong>de</strong> <strong>de</strong>l nodo,sperimenta come, a far tenere insieme gli anelli di corda, sia effettivamente il buco: il nodo èmantenuto se è mantenuto il buco al centro; ed è questa operazione che, in seguito, Lacan <strong>de</strong>finiràdi «verifica <strong>de</strong>l buco», che lo trasforma in reale.In questa prospettiva è il terzo anello [reale], che realizza il buco e, separando, lega i tre.L’operazione umana che conduce al reale, è <strong>de</strong>finito come saper fare i nodi, e Joyce è il paradigma<strong>de</strong>ll’artificio messo in valore come atto artistico. L’artificio è l’atto che annoda e realizza, dà existenza,senza di ciò non ci sarebbe neanche nozione <strong>de</strong>ll’oggetto: «Non c’è fatto se non perartificio» 2 [discorso].Tornando alle tre parole di questo sintagma nuovo: «mistero-corpo-parlante», possiamoleggere come propone Michel Bousseyroux 3 il nodo <strong>de</strong>l reale come mistero, <strong>de</strong>ll’immaginarioproprio al corpo e <strong>de</strong>l simbolico proprio <strong>de</strong>l parlante. Dalla cristallizzazione <strong>de</strong>l discorso scientificosul «vero reale» —che i termini di soggetto o essere potevano consentire— a<strong>de</strong>sso c’è un nuovopasso: è il corpo che Lacan chiama «corpo parlante» e così, il discorso <strong>de</strong>llo psicoanalista stringequalcosa di vivo. Dice Lacan: «C’è un modo di stringere il singolare, è per la via precisamente diquesto particolare, questo particolare che faccio equivalere alla parola sintomo. La psicoanalisi è laricerca di questa buona fortuna». 4I sembianti abbondano in natura, una discontinuità generatrice li fa diventare significanti edunque, passare all’artefatto <strong>de</strong>l discorso, ossia ad un ordine <strong>de</strong>l godimento regolato dal sembiante,a partire dal quale non esiste «fatto» che di enunciazione [di discorso]. Con l’ingresso nella dirmensioneumana —tramite l’istituzione <strong>de</strong>ll’inconscio—, il sintomo fa ex-istere l’inconscio nelreale.La riduzione <strong>de</strong>l sintomo alla sua singolarità di sinthomo, stringe nel nodo le tre dirmensionie il godimento che ne risulta, infrangendosi in atto nella contingenza tra la causa <strong>de</strong>l<strong>de</strong>si<strong>de</strong>rio e la sostanza go<strong>de</strong>nte. La psicoanalisi è la ricerca di questa buona fortuna.«È nella natura <strong>de</strong>l linguaggio che il referente non sia mai quello buono, ed è ciò a fare unlinguaggio» 5 ; mettere proprio questo al centro, è il viatico sul reale <strong>de</strong>l discorso psicoanalitico, «il1 Lacan J. (1975) , Le Séminaire, Livre XX, Encore [1972/73], Paris, Seuil, p. 118. Trad. it., Il Seminario, Libro XX,Ancora, Torino, Einaudi, 1983, p. 131.2 Lacan J., Il Seminario, Libro XXIII, Il sinthomo, cit., p. 62.3 Bousseyroux M. (2004), «Le mystère du corps parlant», in L’en-je lacanien, n° 3, Toulouse, Ed. Érès, p.67.4 Lacan J., Congrès <strong>de</strong> l’EFP, in Lettres <strong>de</strong> l’École, N° 24, p. 24, Bulletin <strong>de</strong> l’Ecole freudienne <strong>de</strong> Paris.5 Lacan J. (2006) , «Il est <strong>de</strong> la nature du langage [que] le référent n’est jamais le bon, et c’est ça qui fait un langage», inLe Séminaire, Livre XVIII, D’un discours que ne serait pas du semblant, Paris, Seuil, p. 45.

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