LAPSUS DI LUPUS IN FABULA - I sognatori
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per aggiornare spettatori e passeggeri sull’ultimo delitto che aveva<br />
sconvolto il Bel Paese. Yanez, si toccò il baffo nero e quello<br />
biondo e si immerse in un opuscolo turistico della Malesia. Yanez<br />
de Gomera planò su Singapore, e poi prese un battello che, il<br />
lunedì, lo sbarcò nella più grande isola dell’Indonesia. Ecco, finalmente<br />
era giunto il momento di tuffarsi nella macchia di verde,<br />
e lì, nella giungla tra il Sarawak e il Kalimantan, levarsi, lavarsi<br />
di dosso la terribile macchia, di sangue, che deturpava la<br />
sua anima. Teneva con sé solo una piccola borsa a mano e il passaporto.<br />
Essendo braccato, doveva essere il più leggero possibile.<br />
Non appena si addentrò nella giungla del Borneo, bruciò il passaporto:<br />
il nome che c’era stampato, Yanez de Gomera, era falso.<br />
Entrando in quella natura selvaggia voleva liberarsi dell’ultima<br />
falsità imposta dalla civiltà. Avrebbe chiesto ospitalità agli ultimi<br />
Dayachi che ancora vivevano nel cuore della giungla, resistendo<br />
alle orde di motoseghe e ruspe che volevano abbattere la loro<br />
casa: la foresta. Sapeva che quando li avrebbe raggiunti non sarebbe<br />
servito esibire il passaporto: per dimostrare quel che si è<br />
nella giungla basta il proprio valore. Facile a dirsi, e difficile a<br />
farsi, ora aveva varcato il mare, l’oceano che si frapponeva tra il<br />
dire e il fare, tra gli oltre quattromila metri del monte Kinabalu e<br />
le anse infinite del fiume Kapuas. Nel cuore del Borneo, perso<br />
nel mare di verde tra Balikpapan e Tawai, non riusciva nemmeno<br />
a capire in quale direzione cercare i dayachi, gli ultimi cacciatori<br />
di teste. Non poteva chiedere indicazioni in giro, perché erano<br />
in guerra con il governo e sarebbe stato arrestato come un<br />
fiancheggiatore dei ribelli. Per alcuni chilometri, si fece dare un<br />
passaggio su per il fiume da alcuni cercatori d’oro che vivevano<br />
su una giunca o su un prahos. Li salutò e si addentrò nella foresta<br />
tra acacie sovrastate da oranghi. Fatta eccezione dei buceri, dei<br />
gibboni, di qualche iguana, non s’imbatté in altra anima viva.<br />
Eppure aveva sempre la sensazione di essere spiato, dalla polizia,<br />
dai guerriglieri o dalle belve. Si addormentò sotto un teck,<br />
accanto alla sua borsa, sognando avventure. Mentre russava, un<br />
mostro gli si avvicinò con passo felino. Per fortuna, non era un