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anno 2004/05 Tsushima 1905 – Jutland 1916 - Societa italiana di ...

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Infine non possiamo trascurare l’esperienza soprattutto inglese nella compartimentazione<br />

delle gran<strong>di</strong> navi, che come sappiamo si era rivelata piuttosto deficitaria<br />

allo <strong>Jutland</strong>, ma solo gli ingegneri americani stabilirono il nuovo concetto<br />

<strong>di</strong> galleggiabilità con “tre compartimenti contigui allagati”, che <strong>di</strong>ventò poi la<br />

regola per i nuovi progetti. Per quanto riguarda la protezione dalle esplosioni<br />

subacquee, l’idea delle controcarene esterne si <strong>di</strong>ffuse rapidamente, ma solo i famosi<br />

“cilindri assorbitori” del nostro Pugliese si rilevarono veramente efficaci per<br />

la protezione delle gran<strong>di</strong> unità, come fu <strong>di</strong>mostrato dalle navi da battaglia della<br />

classe “Littorio” in molti degli avvenimenti degli anni ’40.<br />

Vorrei concludere citando un commentatore italiano, l’ammiraglio <strong>di</strong> Saint<br />

Pierre, che nel 1925 sulla “Rivista Nautica-Italia Navale” <strong>di</strong>ceva che la tattica inglese<br />

fu dominata dalla paura dei sottomarini e dei siluri e che quin<strong>di</strong> non condusse<br />

a fondo l’azione come forse avrebbe dovuto, ma che “la flotta tedesca che<br />

era uscita per raggiungere un prefissato scopo strategico”, non lo raggiunse “e<br />

pertanto, se i risultati furono minimi per gli inglesi, quella flotta sfuggendo l’incontro<br />

decisivo confessò apertamente la sua inferiorità”. Considerazioni queste<br />

<strong>di</strong> indubbia portata storica, che anch’esse ci <strong>di</strong>cono <strong>di</strong> un necessario rinnovamento<br />

dello strumento dopo lo <strong>Jutland</strong>.<br />

In conclusione credo <strong>di</strong> poter affermare che lo scontro dello <strong>Jutland</strong> nonostante<br />

i molti ed approfon<strong>di</strong>ti stu<strong>di</strong> che generò non portò a grossi cambiamenti<br />

nella dottrina strategica operativa delle gran<strong>di</strong> Marine, ma fu invece molto utile<br />

per il progresso della “strategia dei mezzi” confermando quanto ho accennato<br />

all’inizio <strong>di</strong> questo mio intervento che la grande battaglia nel Mare del Nord fu<br />

innanzitutto uno scontro tecnologico tra industrie navali già molto sviluppate.<br />

Ulteriore bibliografia<br />

Atti del Convegno maggio <br />

J. CAMPBELL, <strong>Jutland</strong> an analysis of the fighting, London, Conway Maritime Press, 1986.<br />

C. BARNETT, I generali delle sciabole, Milano, Longanesi, 1965.<br />

R. HOUGH, The Battle of <strong>Jutland</strong>, London, Hamish Hamilton, 1964.<br />

J. JELLICOE, The Grand Fleet, London, Catherine Press, 1919.<br />

H. NEWBOLT, Le operazioni navali, IV, Ufficio Storico della Marina Militare, Livorno, 1932.<br />

W. PINI, La Battaglia dello <strong>Jutland</strong>, in “Rivista Marittima”, LIX (1926), 12 (I parte); LX (1927),<br />

1 (II parte); 2 (III parte); 4 (IV parte); 5 (V parte).<br />

A. J. P. TAYLOR, Storia della Prima Guerra Mon<strong>di</strong>ale, Firenze, Vallecchi, 1967.<br />

S. VALZANIA, <strong>Jutland</strong>, Milano, Mondadori, <strong>2004</strong>.

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