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INTERNI LE LEGGENDE DELL’INGEGNERE CDB, un nome un programma (di partito) Idee, battaglie e conflitti di interesse di Carlo De Benedetti. Il cavaliere della gauche repubblicona che si prepara a incassare una fortuna da Berlusconi. Pregustandone già la caduta definitiva di Maurizio Stefanini Era il misirizzi un giocattolo a forma semisferica che, per via di un peso nella base, ogni volta che qualcuno lo buttava giù, subito tornava in posizione eretta. Il grazioso aggeggino è ormai da decenni fuori moda: oggi i ragazzini giocano con PlayStation, Psp, Game Boy, Nintendo e altre consimili diavolerie elettroniche. Ma un metaforico misirizzi umano è ancora assolutamente in forma, e corrisponde al nome di Carlo De Benedetti. Che la gran parte di quello che ha toccato nei suoi 77 anni di vita, è finito in disastro economico. Ultimissima Rete A, che era esistita dal 1983 facendo anche la storia della tv commerciale in Italia: lui l’ha comprata nel 2004 dandole il nome di All Music, e ha chiuso il 18 ottobre del 2009. Ma puntuale, come a ogni rovescio, Carlo si è rialzato più scattante di prima. In questo caso, il “peso” raddrizzatore è stato la sentenza del Tribunale di Milano con cui il 3 ottobre del 2009 la Fininvest è stata condannata a risarcire 749,9 milioni di euro alla Cir di De Benedetti per danno patrimoniale da “perdita di possibilità”. Una vicenda che non si è ancora conclusa, ma che potrebbe alla fine mettere in mano al Nostro i liquidi per rea- 20 | 20 luglio 2011 | | IL PARTITO REPUBBLICA M. Stefanini Boroli 192 pagine
Foto: AP/LaPresse lizzare infine un mai sopito sogno televisivo, e comprare magari La7. Nel frattempo, sindaco di Milano è stato eletto Giuliano Pisapia, avvocato di De Benedetti nella causa Mondadori. E suo assessore al Bilancio e ai Tributi è stato nominato Bruno Tabacci, anche lui considerato da molti vicino all’Ingegnere. In principio fu la lotta con Agnelli Da ricordare che in questo momento alla Cir di de Benedetti fanno capo quattro settori: la Sogefim, che si occupa di componentistica per auto; il gruppo L’Espresso, che è il più noto; la Kos, che si occupa di sanità; la Sorgenia, che distribuisce energia politically correct da gas naturale, eolico, solare, idroelettrica e biomassa. Kos e Sorgenia dipendono in modo determinante da decisioni pubbliche amministrate nelle regioni rosse; Tabacci ha competenze importanti in materia; di De Benedetti si dice che abbia finanziato in modo importante la campagna di Pisapia; e il gruppo L’Espresso ha appoggiato in modo importante la campagna sul referendum contro il nucleare. Anche se si potrà ovviamente obiettare che De Benedetti non è antinucleare perché fa affari con le energie rinnovabili, ma fa affari con le energie rinnovabili perché è antinucleare. Insomma, dopo avere annunciato che si sarebbe ritirato, è invece tornato a galla come non mai colui che è stato nel mondo imprenditoriale italiano il grande antagonista sia del ricco per eredità Gianni Agnelli che del tycoon fai-da-te Silvio Berlusconi. Anche perché De Benedetti appartiene a una terza categoria in qualche modo intermedia: figlio di un piccolo industriale, è stato capace di crescere ulteriormente. Ed è dotato di un certo tratto cosmopolita, anche per via dell’origine ebraica, che provocò alla famiglia durante il fascismo una serie di peripezie su cui sua nuora ha pure scritto un romanzo. Carlo De Benedetti, classe 1934, è abbastanza dentro alla buona società da essere stato compagno di studi di Umberto Agnelli, sebbene il padre non sia mai andato oltre i tubi: la Compagnia Italiana Tubi Metallici Flessibili, fondata da Rodolfo De Benedetti nel novembre 1921 con capitali in parte tedeschi (società Witzenmann di Pforzheim). Laureato in ingegneria elettrotecnica nel 1958 al Politecnico di Torino, Carlo comincia a lavorare nell’impresa di famiglia. Ed è nel 1972 che, assieme al fratello Franco, futuro senatore, acquisisce la Gilardini, un’azienda quotata in Borsa che fino ad allora si era occupata di affari immobiliari e che i due fratelli trasformeranno in una holding di successo, impiegata soprattutto nell’industria metalmeccanica. Presidente e amministratore delegato della Gilardini, nel 1974 De Benedetti è nominato presidente dell’Unione industriali di Torino. E due anni dopo, grazie all’appoggio del vecchio compagno di scuola Umberto Agnelli, ottiene la carica di amministratore delegato della Fiat. In dote porta con sé il 60 per cento del capitale della Gilardini, che cede Dall’Iri di Prodi ottenne la Sme, un gruppo da 1.300 miliardi di lire passato di mano per soli 497 miliardi, pagabili a rate. Operazione curiosamente difesa da Gomez e Travaglio alla società degli Agnelli in cambio di una quota azionaria della stessa Fiat (5 per cento). Carlo cerca di svecchiare la dirigenza della società torinese, nominando manager a lui fedeli, a cominciare dal fratello Franco, alla guida di importanti unità operative del gruppo. Ma dopo appena quattro mesi deve abbandonare la carica. Motivazione ufficiale: «divergenze strategiche». Ma quel che c’è sotto davvero non si sa. Alcuni parlano di una semplice incompatibilità con Cesare Romiti. Altri sussurrano che la parte di dirigenza Fiat più legata agli Agnelli avrebbe scoperto un tentativo dei De Benedetti di scalare la società, appoggiati da gruppi finanziari elvetici. Forse non è vero, ma la tesi corrisponde alla leggenda nera sull’Ingegnere, inquieto protagonista di arrischiate scalate che finiscono sempre male. Anche se lui ha la capacità di uscirne fuori sempre con le tasche piene. Come si diventa eroi progressisti D’altra parte è proprio con il denaro ottenuto dalla cessione delle azioni che Fiat De Benedetti può rilevare le Compagnie industriali riunite (Cir). E qui inizia, invece, la leggenda opposta: quella “bianca”, che vuole De Benedetti miliardario illuminato e generoso finanziatore della stampa progressista. Esemplare in proposito è il ritratto che ne dà Eugenio Scalfari nel 1986 in La sera andavamo in via Veneto (Mondadori): «È stato il solo, tra gli industriali di nome, ad aver osato sfidare la “monarchia” Agnelli. È il solo del suo ambiente ad avere un rapporto col partito comuni- | | 20 luglio 2011 | 21
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