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SE IL PIÙ BRAVO È FATTO FESSO<br />

Assurdo parlare di meritocrazia<br />

in una scuola che premia i copioni<br />

di Giorgio Israel<br />

Detesto quella forma di provincialismo che è l’esterof<strong>il</strong>ia, ma apprezzo i paesi<br />

in cui “copiare” agli esami è considerato una pratica eticamente scorretta,<br />

se non un vero e proprio reato, mentre da noi è vista con simpatia.<br />

Non posso dimenticare che un presidente del Consiglio e un presidente di Confindustria<br />

si sono vantati di essere stati ab<strong>il</strong>issimi a copiare. Eppure dovrebbe essere<br />

evidente a chiunque che approfittare delle prestazioni di una persona più<br />

capace – e poco importa se con <strong>il</strong> suo consenso – per ottenere una valutazione<br />

non meritata, è scorretto e, in certi casi, gravissimo. In un concorso può significare<br />

rubare <strong>il</strong> posto a qualche “fesso” più capace e meritevole e quindi si tratta<br />

di un’azione immorale e di un reato.<br />

Quel che è curioso è che, in questi tempi, in Italia, non si fa che parlare di “me-<br />

PANE AL PANE<br />

rito” e “meritocrazia”, <strong>il</strong> che – se le parole hanno ancora un senso – significa premiare i meritevoli,<br />

i più bravi e volenterosi, e farla finita con la prassi per cui tutti vanno avanti indipendentemente<br />

dalle loro capacità e prestazioni. Si mettono in piedi progetti<br />

per individuare e premiare i “migliori” insegnanti e<br />

le scuole “migliori”. Poi però si viene a sapere che la prassi<br />

di copiare durante gli esami non soltanto d<strong>il</strong>aga ma viene<br />

favorita o addirittura promossa in alcune scuole. Mi<br />

raccontano – da fonte attendib<strong>il</strong>e – che in un liceo l’insegnante<br />

(per giunta vicepreside) che sorvegliava la prova di<br />

matematica di maturità ha dato <strong>il</strong> posto in cattedra allo<br />

studente notoriamente migliore e poi, quando questi ha risolto <strong>il</strong> problema, ha passato la soluzione<br />

a tutti. Nelle prove di latino, l’insegnante ha “scaricato” la traduzione da internet e l’ha trasmessa<br />

ai candidati. È da immaginare quali risultati avrebbe dato in quella scuola <strong>il</strong> progetto sperimentale<br />

del ministero (premiare i migliori insegnanti scelti dal preside e da due colleghi eletti)…<br />

In questo contesto, lascia di stucco la proposta corrente secondo cui “non si può far nulla”, soprattutto<br />

a causa delle nuove tecnologie, e quindi tanto vale lasciar scaricare agli studenti le risposte<br />

dalla rete e premiare quelli che sanno farlo meglio. Tanto è vero che non è diffic<strong>il</strong>e impedire<br />

agli studenti di scaricare i risultati dalla rete, che se ne occupano certi insegnanti in<br />

loro vece e che, nella suddetta “proposta”, si suggerisce di concentrare la sorveglianza<br />

nell’evitare che i meno capaci a usare la rete copino i più ab<strong>il</strong>i… Ha ragione Paolo Ferratini<br />

quando osserva che ormai gli studenti traducono dal latino benissimo a casa e<br />

malissimo a scuola. Egli suggerisce all’insegnante di smettere di dare versioni a casa, di<br />

prendere atto della situazione e iniziare a costruire percorsi di apprendimento dai migliori<br />

siti della rete, imparando e insegnando a distinguerli dalla spazzatura. Nulla contro<br />

questa prassi. Ma essa non risolve <strong>il</strong> problema di come verificare le capacità<br />

acquisite. Una soluzione semplice sarebbe di proporre le versioni dal latino in<br />

classe e quelle dall’italiano a casa (la panoplia di brani da scegliere è infinita, come<br />

quella dei problemi di matematica). E non si dica che è impossib<strong>il</strong>e controllare<br />

in classe l’uso di mezzi informatici: lo è quanto controllare che non si<br />

usino dispense o si passino bigliettini.<br />

La verità è che non si vuole introdurre una vera meritocrazia e impera<br />

l’ideologia del successo formativo garantito. La paternalistica sufficienza con<br />

cui alcuni hanno considerato l’appello del “Gruppo di Firenze” a non far<br />

copiare, quasi si trattasse dell’iniziativa dei soliti onesti ingenui e fessi, ha<br />

messo in mostra uno dei peggiori difetti nazionali: la furbizia all’italiana.<br />

In un istituto, durante la prova di latino della<br />

maturità, un prof ha “scaricato” la traduzione<br />

dal web e l’ha trasmessa ai candidati. Come<br />

finirebbe in quel liceo <strong>il</strong> progetto ministeriale<br />

di premiare i migliori docenti scelti dal preside?<br />

INTELLETTUALE<br />

CURA<br />

TE STESSO<br />

| | 20 luglio 2011 | 45

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