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Francesco Marotta, Scritture II, 2007 - Biagio Cepollaro, poesia

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Su Come a beato confine<br />

L’uso dell’ipotetico, nel contesto iniziale, sottolinea una “mancanza” di fondo che sorregge il<br />

cammino iniziatico. “Io” ( a cui si associa il verbo alla terza persona singolare ) da pronome diventa<br />

grumo nel vuoto che balenando fra congetture e flash-back sfugge nel movimento alla stabilità della<br />

definizione – io schiva la sete/d’esser vivo dando/ai nomi il moto. Tuttavia tratteggia con la sua<br />

presenza tutte le manifestazioni fenomeniche, imprimendovi la propria consapevolezza. Nel suo iter<br />

si arricchisce delle realtà che attraversa con fatica nei cento specchi/nei cento libri nei cento/passi,<br />

in questa tras-migrazione che è dilatazione verso l’esterno dovuta all’annullamento/oscuramento<br />

della prima persona. L’obiettivo è il raggiungimento di una condizione euritmica, cioè il<br />

ritrovamento del luogo dal quale è scaturito, l’asse/del dio instabile nel centro; fuori dal concetto<br />

spazio/tempo potrebbe recuperare la sua integrità – tolto il tempo/l’anima diluvia -, prorompendo<br />

con forza dalla spaccatura primordiale.<br />

(Graziella Isgrò)<br />

io è minuscolo come il soffio di Qohelet, quasi-niente ma non il vero niente. […] nella prima<br />

sezione, molte immagini di taglio, strumenti che tagliano, e il confine, il bordo, il tratto, il solco e il<br />

delirio: come per ricordare, sperimentandolo, che la coscienza metalinguistica e la resistenza<br />

letteraria – quella più apparentemente ‘impolitica’, mentre osserva «le cose che non sono cose»<br />

(Leopardi) – sono stati-limite, sfide gravi, e che lo sono insieme. Il risultato dell’«esilio» e della<br />

ricollocazione è che io «possa dalla sorgiva staccare / la radice del suo piede // a nuovo rivo egli<br />

s’avvia / come a beato confine»<br />

(Massimo Sannelli)<br />

La seconda parte, dal titolo eloquente “Dappertutto”, … è quella della prosa poetica suddivisa in<br />

otto “lasse di una narrazione franta” (Salari), senza soggetto né punteggiatura, rese da una<br />

giustificazione grafica che imprigiona l’unico lungo verso nella parte centrale della pagina, come<br />

otto ennesimi quadri, questa volta compatti come un muro e allo stesso tempo fluidi quanto lo<br />

scorrere della prosa.<br />

(Massimo Orgiazzi)<br />

Sembrerebbe un io che si rifiuta di essere, sapendo che può essere solamente all’interno di un<br />

cerchio in cui l’egoismo dell’ego deve necessariamente frangersi nello specchio dell’altro, il tu, per<br />

abbracciare finalmente, un noi. Il poemetto descrive questo percorso accidentato verso uno stato di<br />

identificazione, frangendo i flutti, immergendosi nei marosi e combattendo la possibilità della<br />

perdita, il rischio che si nasconde dietro ogni modo condizionale.<br />

(Sebastiano Aglieco)<br />

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