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Francesco Marotta, Scritture II, 2007 - Biagio Cepollaro, poesia

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Sulle rive della Sorga<br />

(di <strong>Francesco</strong> <strong>Marotta</strong>)<br />

Rivière des égards au songe, rivière qui rouille le fer,<br />

Où les étoiles ont cette ombre qu’elles refusent à la mer.<br />

(René Char)<br />

Des bras muets t’accueillent, arbres d’une autre rive.<br />

(Yves Bonnefoy)<br />

*<br />

Di ogni acqua che è sponda di canto, terra che s’insemina per crescere materia di fiamma<br />

alla voce. Di ogni acqua che si fa varco d’amore per lasciarsi alle spalle la morte. Di ogni<br />

acqua rimasta intrappolata alla sorgente. Memoria che vive nell’ambra, nel reliquiario fossile<br />

di un volo. Una traccia di cielo – sulle ali degli uccelli che nidificano tra gli accenti di un grido.<br />

1<br />

“insabbiando il corpo in questa melma<br />

che fa grave l’amore e in te lo eterna”<br />

Chi porta in bocca un lume, a rischiarare il corpo assopito dei suoi fiumi in silenziosi transiti,<br />

ha già sentito il sangue farsi voce, goccia che coniuga il respiro di una foglia per durare. L’aspro<br />

di sillaba che ricama sulla fredda argilla, la cera che si rinserra nel desiderio spento dei suoi<br />

fuochi – ecco l’impasto, la copula dell’alba con le sabbie che si consuma nel verbo di pupille<br />

murate, restituite alle mani sapienti della terra. L’aura sarà parola levata dal suo seno, cadenza<br />

di febbre e di tormento – un alfabeto, risorto per un giorno, dall’abisso che è il chiaro rovesciato<br />

di ogni ombra, la traccia di ogni assenza.<br />

2<br />

“in pericolo come acrobazia o mare che batte<br />

solido perché muore”<br />

Parola che sorge dal silenzio indifeso del sonno e si fa veglia, scrittura che si cerca percorrendo<br />

nel giorno il cammino dei suoi segni. Non c’è tutela d’ombre che ripari il passo dal fuoco che<br />

lo cerca. L’insonnia è effimera vittoria sulla morte, il vuoto dove la notte macera sostanze – per<br />

riplasmare luce dalla polvere degli anni fatti niente. Tu guardi al fondo, nell’onda che domani<br />

sarà monte, membra fiorite di roseto, estasi di pietra che si apre a dimorare i venti – e ancora leggi,<br />

mentre trapassa in lacrima o ricordo, la traccia irriducibile di un seme, la febbre inestinguibile dei<br />

volti .

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