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Francesco Marotta, Scritture II, 2007 - Biagio Cepollaro, poesia

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Stefano, la “grazia” è tutta nella bellezza disarmata, e disarmante, della tua <strong>poesia</strong>: un “nodo<br />

d’amore”, inestricabile, dove pensiero e intuizione, etica e passione civile, senso smisurato<br />

dell’umano e coscienza dei suoi limiti, coerenza teorica dell’intellettuale rigoroso e meraviglia di un<br />

arcaico artigianato fuori dal tempo, si rincorrono e si amalgamano, indistinguibili, per farsi,<br />

attraverso la parola, offerta di sé e condivisione: un passo sul sentiero che porta alla costruzione di<br />

ogni “comunità a venire”.<br />

La “grazia” è tutta in percorso fedele di ricerca, di appartata coerenza etica che si fa scrittura, e che<br />

ci ha regalato, con “La distanza immedicata”, uno dei pochi grandi libri di <strong>poesia</strong> degli ultimi anni.<br />

Un libro destinato a restare.<br />

(<strong>Francesco</strong> <strong>Marotta</strong>)<br />

Solitamente non intervengo con commenti ai post, ma questa volta non posso non contravvenire a<br />

questa mia scelta per complimentarmi sinceramente con Stefano. Considero in particolare il primo<br />

inedito un testo davvero notevole per la sua forza ritmica sorretta da un pensiero fortemente etico,<br />

senza ovviamente nulla togliere agli altri testi. E’un bene leggere poesie con un così alto grado di<br />

consapevolezza e dono.<br />

(Nicola Ponzio)<br />

Un dono alla Lingua, qui, prima che al lettore, per il livore di chi la definisce di plastica. Molto<br />

belli, in particolare, i primi versi della prima inedita. Non il velo algido della ricerca - che lascia<br />

spesso sulla soglia - ma l’accoglienza calda dell’ avventura, lungo paesaggi inediti. E le radici nel<br />

tempo, il nostro, e l’eterno, con immagini potenti:<br />

“nell’assurdo che crepa<br />

l’ostia e il tempo, io s’invena<br />

come topo in fuga nei sifoni<br />

pregando nella corsa l’ombra<br />

e l’infanzia che riluce…”<br />

(Giovanni Nuscis)

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