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Francesco Marotta, Scritture II, 2007 - Biagio Cepollaro, poesia

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Su Fabrizio Centofanti<br />

Questa corrispondenza di sensi spirituali è quanto di più accorato ed essenziale, l’esatto contrario<br />

dello sperpero: anche se l’alba è già lontana, vorresti richiamarla a te, per imparare di nuovo ad<br />

“allevarla come un figlio”.<br />

(Valter Binaghi)<br />

Nudità coraggiosa del dolore, fiducia nella parola, pur sapendo che “la voce è sabbia”. La <strong>poesia</strong> di<br />

Fabrizio è alimentata dalla sua straordinaria capacità d’ascolto, ci restituisce mirabilmente il suo<br />

stesso sentire gli altri, il tempo, il mondo. E’ una <strong>poesia</strong> che annovero fra quelle (rare) che inducono<br />

subito la rilettura per riconquistarne ogni volta pietas o serenità, armonia estetica o motivo di<br />

meditazione.<br />

(Antonio Fiori)<br />

Volevo ringraziare <strong>Francesco</strong> per ogni punto che mi avevo colpito al cuore del suo testo criticopoetico,<br />

ma mi rendo conto che è impossibile. Però voglio dirti, <strong>Francesco</strong>, che ho trascritto questi<br />

gioielli tra i gioielli su fogli che terrò sempre con me. Sentirsi capiti fino a questo punto è<br />

un’esperienza non traducibile in parole.<br />

(Fabrizio Centofanti)<br />

“Imparare ad allevare l’alba come un figlio”. Con la stessa cura, la stessa passione sapientemente<br />

razionata (non come la piena del fiume, ma come il getto dell’acqua da una fenditura nelle pietre),<br />

la pazienza.<br />

Ci trovo questo nelle poesie di Fabrizio e nel dialogo che <strong>Francesco</strong> ne ha tratto (che è la più bella<br />

forma di lettura, un dialogare vivo, fare propria la scrittura di un altro): la pazienza.<br />

Forse perché è ciò che nella vita vera mi frega (!) sempre, la riconosco se la incontro. Prima<br />

dell’imperativo “vivi”, ci dovrebbero essere sempre “ascolta” e poi “attendi”.<br />

(Francesca Mattoni)<br />

«Amare qualcuno significa vedere un miracolo invisibile agli altri». [François Mauriac]<br />

Nell’occhio: il suono di Fabrizio e <strong>Francesco</strong>, nel vedersi e far vedere. L’oltre, il dentro - pupille a<br />

farsi strada,frasi ri-tratte fra polvere e stelle.<br />

«guardare solo: coglierne lo strazio»<br />

«come l’occhio del triangolo<br />

quando la perfezione dell’essere felici<br />

è il più assoluto nulla»<br />

«il tempo è lo specchio<br />

del guardarsi dentro»<br />

…<br />

«Nelle pupille, il sangue di chi ha vegliato, nel chiostro di un ricordo, il fuoco di una domanda<br />

senza eco»<br />

«il sigillo che ricolma lo sguardo di certezze»<br />

«essere voce che racconta il giorno alla pupilla cieca delle pietre»<br />

«ciglio ferito dei miei occhi»<br />

Occhi e sguardi - come antenne - per ricevere e trasmettere: un segnale che si “Informa”, un<br />

contatto di verso.<br />

(Chiara Daino)

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