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popoli e missione sett-ott.pdf

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Hanno abbandonato i villaggi, i campi, gli animali<br />

nelle stalle. Dalla Siria del Nord continuano a fuggire<br />

famiglie di profughi che scavalcano la cortina che li<br />

divide dalla Turchia. Dalla regione di Idlib si sono<br />

rifugiati in quella di Hatay, il lembo più meridionale<br />

della Turchia. Migliaia di persone sono ammassate<br />

in accampamenti di emergenza a ridosso della<br />

frontiera, pronte ad abbandonare il loro Paese. In un<br />

clima di terrore che ha gettato l’area in una grave<br />

emergenza umanitaria.<br />

dagli occhi azzurri spiega, attraverso le<br />

sbarre di ferro di Yayladagi, di essere<br />

sfollato proprio da Jifs al Shugur con<br />

tutta la sua famiglia. Alcuni bambini si<br />

assiepano dietro di lui, e scandiscono<br />

cori contro il loro attuale presidente:<br />

«Assad, vattene, vattene!».<br />

Dentro, all’ombra di qualche muricciolo,<br />

le donne siedono in circolo, avvolte da<br />

stoffe colorate. Lo sguardo è teso per la<br />

preoccupazione, nella fuga hanno<br />

abbandonato la casa e tutte le loro cose.<br />

I bambini giocano fra le macerie dell’ex<br />

tabacchificio, altri piccoli si divertono<br />

sugli scivoli e le altalene del parco giochi.<br />

Neonati e ragazzini sono ovunque.<br />

Per due terzi, gli abitanti dei campi sono<br />

proprio donne e bimbi. Sui cancelli dei<br />

campi si accalcano in continuazione<br />

gruppi di turchi che vengono a portare il<br />

loro saluto ai parenti siriani rifugiati nei<br />

campi. Attendono con le buste cariche<br />

di b<strong>ott</strong>iglie di bibite, pane e scatole di<br />

cibo offerte in dono ai propri familiari<br />

divenuti, da un giorno all’altro, profughi.<br />

I legami di sangue sono infiniti fra le<br />

famiglie che vivono sui due lati del confine.<br />

Entrambe le popolazioni sono sunnite<br />

e ancora 70 anni fa Hatay era una<br />

regione siriana. La gente veste allo stesso<br />

modo, riesce a parlare la stessa lingua,<br />

condivide lo stesso identico orizzonte.<br />

I profughi non possono uscire dai campi.<br />

Secondo la legge non sono ancora<br />

rifugiati politici e sono sprovvisti di<br />

documenti per girare liberamente in<br />

Turchia. Nei registri compilati dalle<br />

autorità turche viene annotato solo il<br />

nome proprio, e il cognome con le iniziali<br />

puntate.<br />

Tutto ciò per tranquillizzarli e rendere<br />

più deboli le possibili tracce dell’espatrio.<br />

«Molti temono che, una volta tornati,<br />

potrebbero essere presi di mira dalla<br />

polizia segreta e puniti per aver<br />

abbandonato il Paese. È per questo che<br />

cerchiamo di rendere il più anonimo<br />

possibile il loro passaggio in Turchia»,<br />

spiega Emre Manav, coordinatore del<br />

foreign office turco. Ed è per questo che<br />

molti dei rifugiati non vogliono farsi<br />

fotografare in volto. Hanno paura di<br />

essere riconosciuti in patria. Negli ospedali<br />

del campo di Yayladagi da giorni<br />

sono ricoverati giovani feriti negli scontri<br />

da arma da fuoco con l’esercito. In<br />

alcune interviste girate da un attivista<br />

siriano all’interno del campo di Yayladagi<br />

e pubblicate in internet, si ascoltano<br />

dei feriti distesi sulle brandine raccontare<br />

delle violenze di Assad. Alcuni ex soldati<br />

spiegano di essere divenuti disertori<br />

dopo aver ricevuto l’ordine di sparare<br />

sulla gente. Altri uomini mostrano le<br />

loro ferite e raccontano di essere stati<br />

selvaggiamente picchiati durante le<br />

manifestazioni nelle loro città. Nessuno<br />

ha ancora fatto richiesta di asilo politico.<br />

Tutti sperano di tornare presto in<br />

Siria, per poter badare ai campi e alle<br />

proprie cose. E in molti hanno già deciso<br />

di farlo, bisogna solo inoltrare una<br />

richiesta formale. Nel giro di un mese,<br />

giorno dopo giorno, intere famiglie<br />

sono tornate a casa. Alla fine dello scorso<br />

mese di giugno i profughi nei campi<br />

erano 11mila, un mese dopo, a luglio, il<br />

loro numero è sceso a 8.500. Il 21 giugno<br />

Bashar al-Assad ha concesso una<br />

sorta di amnistia per chi si è pubblicamente<br />

opposto al regime e poi, attraverso<br />

la propaganda messa in circolo<br />

dalle tv di Stato, ha promesso un paternalistico<br />

perdono a chi ha abbandonato<br />

il Paese.<br />

Ma la situazione resta del tutto fluida,<br />

anche perché non ci sono solo i profughi<br />

accolti nei campi turchi. Migliaia<br />

di uomini e donne che vivono a »<br />

POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE-OTTOBRE 2011<br />

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