popoli e missione sett-ott.pdf
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non ti sento più… Pronto…». Si conclude<br />
la telefonata dopo poco più di<br />
un minuto. Mi rimane sulla scrivania<br />
questo foglietto, con alcune parole:<br />
attentato, quello lì (testuali parole<br />
per non pronunciare il nome proprio<br />
della persona e quindi essere intercettati),<br />
persecuzioni, sempre peggio,<br />
torno a giugno.<br />
Sulla scrivania, a fianco del mio foglietto,<br />
il quotidiano “Avvenire” non è<br />
stato ancora aperto ma sulla prima<br />
pagina il titolo principale riporta:<br />
“Spezzata la voce dei deboli” e nel<br />
sommario: «In Pakistan un commando<br />
di terroristi assassina il ministro<br />
Bhatti, paladino delle minoranze e in<br />
l<strong>ott</strong>a contro la legge sulla blasfemia».<br />
Mi rendo conto di quanto vicino sia a<br />
me questo evento, non solo come<br />
concittadino di suor Agnese che vive<br />
la realtà pakistana, ma soprattutto<br />
come cristiano. Un’immagine, però,<br />
più di tutte mi ritorna alla mente: i<br />
seminaristi cattolici.<br />
In Pakistan ebbi la fortuna di partecipare<br />
ad una celebrazione eucaristica<br />
dove erano presenti anche alcuni se-<br />
In alto a sinistra:<br />
Seminaristi in preghiera durante<br />
una celebrazione eucaristica alla<br />
periferia di Karachi (Pakistan), dove<br />
si trova uno dei seminari cattolici<br />
sostenuti dalla Pontificia Opera<br />
di San Pietro Apostolo.<br />
Sopra:<br />
Baghdad (Iraq). Cristiani iracheni<br />
ispezionano la cattedrale siro-cattolica di<br />
Sayidat al-Najat (Nostra Signora della<br />
Salvezza) dopo l’assalto da parte di un<br />
gruppo di estremisti islamici.<br />
A sinistra:<br />
La cattedrale di San Patrizio<br />
a Karachi in Pakistan.<br />
minaristi della diocesi di Karachi.<br />
Umanamente, con che coraggio possono<br />
affrontare una scelta di questo<br />
tipo? Già è difficile essere cristiani in<br />
un Paese come il Pakistan, ma scegliere<br />
di essere prete mi risulta veramente<br />
difficile da comprendere. Quando si fa<br />
una scelta come questa, la si fa con<br />
una speranza, un sogno. Qual è il sogno<br />
di questi seminaristi? Essere preti<br />
di una minoranza sempre s<strong>ott</strong>o il mirino<br />
del terrorismo? Di una comunità<br />
che è destinata ad ass<strong>ott</strong>igliarsi ogni<br />
giorno di più? Di una realtà che domani<br />
forse non esisterà più?<br />
Ricordo che don Robert, per un anno<br />
missionario in Niger, mi raccontò che<br />
mentre era in Belgio venne a visitarlo<br />
un monaco iracheno. Durante la cena<br />
il suo volto si coprì di lacrime mentre<br />
chiedeva aiuto per portare in Europa<br />
l’ultima zia rimastagli. Il resto della<br />
famiglia era stato ucciso la sera prima<br />
a Baghdad.<br />
Qualche giorno fa scopro che il panorama<br />
per i cristiani in Iraq è peggiore<br />
che per chiunque altro. Padre Bashar<br />
Warda, redentorista, parla dell’aumento<br />
della disoccupazione tra i cristiani,<br />
delle confische arbitrarie delle<br />
proprietà di famiglie a Baghdad e<br />
Mosul, delle violazioni della libertà<br />
religiosa e di pensiero, di rapimenti,<br />
attentati e minacce di stampo confessionale.<br />
«Approfittano di noi –<br />
continua – perché non godiamo dell’appoggio<br />
di nessuna forza esterna,<br />
né possediamo una nostra milizia;<br />
sanno che l’unica cosa che possiamo<br />
fare è lanciare appelli e denunce, così<br />
la politica va avanti ormai convinta<br />
che la nostra comunità sia destinata<br />
ad estinguersi entro pochi anni». In<br />
mondi come questi qualche giovane<br />
ha ancora il coraggio di dire il suo sì a<br />
un Dio che vedono crocifisso ogni<br />
giorno.<br />
Josè Soccal<br />
Centro missionario diocesano<br />
di Belluno-Feltre<br />
POPOLI E MISSIONE - SETTEMBRE-OTTOBRE 2011<br />
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