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Il percorso lavorativo delle donne con disabilità - Associazione ...

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[ <strong>Il</strong> lavoro restringe il tempo per sé ]<br />

Nell’analizzare il <strong>percorso</strong> di vita <strong>delle</strong> <strong>donne</strong> <strong>con</strong> <strong>disabilità</strong>, appare evidente l’importanza<br />

che il lavoro riveste per le intervistate e il ruolo fondamentale che esso assume nella loro<br />

esistenza. È interessante a questo punto indagare il modo in cui le <strong>donne</strong> vivono il loro<br />

tempo al di fuori del <strong>con</strong>testo <strong>lavorativo</strong>. Dalle interviste emerge chiaramente come la<br />

disponibilità, o meno, di tempo libero sia strettamente legata al modo in cui le <strong>donne</strong><br />

<strong>con</strong>cepis<strong>con</strong>o l’occupazione. <strong>Il</strong> lavoro è centrale, poi negli spazi di tempo mi organizzo <strong>con</strong> la<br />

casa e <strong>con</strong> il resto. Le giornate di molte intervistate sono interamente strutturate in funzione<br />

dell’attività lavorativa, che viene percepita come un elemento totalizzante, tale da incidere<br />

sulla quantità e qualità del tempo libero. La mia vita sociale e personale è nulla, perché<br />

lavorando dalle 12 alle 16 ore al giorno non riesco ad avere una vita sociale. Ho iniziato a lavorare<br />

ieri mattina alle 6.00 e ho finito ieri sera alle 23.30, però sono andata a pranzo a casa per cui<br />

nel frattempo che mangiavo ho anche steso i panni. Io riposo pochissimo, l’ultima volta che ho<br />

fatto un po’ di vita sociale sono andata a cena <strong>con</strong> i miei genitori…però era programmata da 20<br />

giorni, e mi sono organizzata in maniera diversa. E ancora un’altra donna rac<strong>con</strong>ta: la mattina<br />

vado in udienza, poi vengo qui in studio e sto fino alle 20.00. Ho molto poco tempo libero.<br />

<strong>Il</strong> grande impegno e il forte senso del dovere che queste <strong>donne</strong> mettono nello svolgere la<br />

loro occupazione nasce certamente dai significati che le intervistate attribuis<strong>con</strong>o al lavoro.<br />

Ma origina anche dall’esigenza di dover sempre dimostrare di essere all’altezza, a scapito<br />

di altre dimensioni della vita umana. Un pochino devo sacrificare la mia vita privata…anche<br />

se sono veramente <strong>con</strong>tenta, soddisfatta di me stessa. Le mie colleghe mi di<strong>con</strong>o “tu ci metti<br />

sempre in imbarazzo, ci fai sentire una schifezza”.<br />

– Devo essere sincera, mi sento un po’ pressata, però se reggo questi ritmi francamente lo faccio<br />

proprio perché so che c’è bisogno…è ovvio che appena sarà possibile calerò un po’, perché<br />

adesso ho comunque messo in se<strong>con</strong>do piano tante cose, le attività associative che facevo, il<br />

mio tempo libero. Prima quando avevo più tempo la sera uscivo di più, adesso arrivo a casa che<br />

sono morta, non rispondo neanche al telefono, quindi questa cosa del lavoro da una parte mi<br />

piace, dall’altra mi sta un po’ isolando.<br />

A volte a fare le spese del “super-lavoro” non sono solo la famiglia e gli affetti, ma anche il<br />

proprio stato di benessere psico-fisico.<br />

Quando si lavora in proprio non c’è mai un termine, se hai degli impegni che non puoi rimandare<br />

al giorno dopo li affronti e basta, però questo va a discapito <strong>delle</strong> persone che ti stanno accanto,<br />

della famiglia. Se<strong>con</strong>do me, più tempo sottrai, più danno ti fai.<br />

– So benissimo che non posso reggere fisicamente più di tanto…dopo un po’ devo ascoltare il<br />

mio fisico, se il mio fisico dice no, ho chiuso.<br />

– Non avevo più una vita privata…e il mio fisico ha mollato. Ho cominciato a stare male fisicamente<br />

perché ero proprio esaurita…il mio apparato immunitario si è ribellato e mi sono dovuta<br />

ritirare. Non si capiva quale origine avessero i miei malesseri e ho lasciato il lavoro per 3/4 anni.<br />

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