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Il percorso lavorativo delle donne con disabilità - Associazione ...

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nel dire che comunque bisognava provare. In una posizione intermedia tra questa appena<br />

illustrata e quella che descriveremo a breve, si collocano quelle famiglie e quei genitori che<br />

potremmo definire “presenti”. I miei mi hanno lasciato scegliere indipendentemente, senza<br />

problemi, rac<strong>con</strong>ta un’intervistata. Si tratta di genitori in penombra: ci sono, ma non si<br />

palesano apertamente. Sono genitori che entrano nella vita <strong>delle</strong> proprie figlie in punta<br />

di piedi, e prima di farlo bussano per chiedere permesso. La loro forza risiede nel fatto<br />

che la propria figlia deve sapere che alle sue spalle ci sono mamma e papà e che, se ce ne<br />

fosse bisogno, ma solo in quel caso, non tarderebbero a tenderle una mano. Ciò significa<br />

garantire il proprio aiuto, ma lasciare alla persona un ampio margine di libertà decisionale,<br />

per <strong>con</strong>sentirle di sbagliare e imparare nella misura in cui spetta a ciascun individuo che<br />

si dirige verso l’età adulta. Così rac<strong>con</strong>ta una <strong>delle</strong> intervistate: mia madre non mi ha mai<br />

impedito niente, né mi ha fatto pressioni “devi lavorare o devi studiare”, le scelte che ho fatto le<br />

ha accolte bene e mi ha dato anche una mano.<br />

In una posizione opposta a quella appena descritta si collocano quei genitori che mettono<br />

in atto comportamenti iperprotettivi, tali da impedire alle proprie figlie di decidere, sbagliare<br />

e imparare in autonomia, o comunque tali da ostacolarle nella costruzione del proprio<br />

<strong>percorso</strong>, dal momento che ogni scelta è associata a timori e <strong>con</strong>trasti. I miei genitori erano<br />

accompagnati da grandi paure che mi trasmettevano…anche se io mi mostravo davanti a<br />

loro sicura…non era semplice vivermi questa paura dentro. Io gli dicevo non vi preoccupate,<br />

anche se invece ero preoccupata e durante la notte non dormivo, stavo <strong>con</strong> gli occhi sbarrati e<br />

pensavo: oddio, cosa mi potrà succedere? Perché in qualche modo venivo influenzata da loro…<br />

mi ponevano tanti ostacoli non tanto quando iniziavo un <strong>percorso</strong>, ma quando decidevo di<br />

intraprenderlo…quando c’era una novità loro dicevano: ma come fai? Come se loro avessero<br />

bisogno di <strong>con</strong>ferme da parte mia che io ce la potessi fare, ma anche per me era una novità e<br />

quindi non semplice da affrontare. Pur <strong>con</strong>siderando la buonafede di questi genitori, occorre<br />

fare una riflessione sulle <strong>con</strong>seguenze innescate dallo s<strong>con</strong>trarsi <strong>con</strong> elementi quali la novità<br />

e/o il cambiamento che atavicamente generano la sensazione di paura e di resistenza.<br />

Cambiare significa essenzialmente compiere un salto nell’ignoto. A volte è più semplice e<br />

tranquillizzante mantenere lo status quo, piuttosto che accettare il rischio di investire nella<br />

costruzione di qualcosa di nuovo e soprattutto di diverso rispetto a ciò che già si <strong>con</strong>osce,<br />

e quindi apprendere nuove modalità di comportamento e di relazione <strong>con</strong> gli altri. Ciò vale<br />

per tutti, ma viene amplificato per le persone <strong>con</strong> <strong>disabilità</strong>, soprattutto se <strong>donne</strong>. È quanto<br />

rac<strong>con</strong>ta anche un’altra intervistata: quello che spaventa la mia famiglia è sempre la novità,<br />

anche quando ho iniziato a fare volontariato e dicevo ai miei genitori che andavo in associazione<br />

o in cooperativa, loro mi rispondevano: ma lascia stare, chi te lo fa fare, non è che poi ti stanchi<br />

troppo? Io determinata <strong>con</strong>tinuavo a farlo perché lo sentivo come il mio mondo, e quindi poi loro<br />

si sono dovuti arrendere in quanto lottavano <strong>con</strong>tro i mulini a vento.<br />

Infine, troviamo quei genitori che tendono a sottovalutare le capacità <strong>delle</strong> proprie figlie,<br />

non ri<strong>con</strong>oscendo le loro abilità ed evidenziandone i limiti. Non sono riuscita a mettere in<br />

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