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Il percorso lavorativo delle donne con disabilità - Associazione ...

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Le testimonianze, relative soprattutto alle esperienze universitarie <strong>delle</strong> <strong>donne</strong> intervistate,<br />

mettono in evidenza in positivo i cambiamenti che sono intercorsi nel tempo, ma sottolineano<br />

anche le tante carenze ed evidenziano possibili aree di miglioramento.<br />

Lo avessi avuto a scuola il computer…porca miseria, veramente, col fatto che scrivevo<br />

lentamente…ma anche avere la possibilità di registrare una lezione…sarebbe stato molto più<br />

facile studiare.<br />

– Né all’università né a scuola ho mai auto un sostegno o comunque una persona che stesse<br />

accanto a me e mi potesse prendere i libri, e c’è sempre un momento in cui hai bisogno di<br />

chiedere qualcosa a qualcuno.<br />

– Non c’erano assistenti volontari, non c’era ancora niente che si muovesse all’interno<br />

dell’università.<br />

– Non ho in<strong>con</strong>trato problemi nelle persone, ho in<strong>con</strong>trato problemi fisici, ostacoli fisici. Quando<br />

frequentavo l’università aveva ancora quei cinque maledetti gradini, non è bastata la mia<br />

richiesta di avere un sollevatore.<br />

Anche laddove i servizi vengono attivati e a rac<strong>con</strong>tare la loro esperienza sono <strong>donne</strong> più<br />

giovani (intorno ai 30 anni di età), emergono comunque numerosi vincoli e altrettante<br />

possibilità di intervento. All’università avevo richiesto un’assistente che prendesse appunti, ma<br />

erano quasi tutte interpreti. Ti stanno a fianco e ti ripetono senza voce, ma a me non piace, mi<br />

<strong>con</strong>fonde ancora di più, perché il professore lo puoi guardare e se ti distrai 5 minuti non succede<br />

niente, ma l’interprete la devi guardare fissa perché lei ripete per te, e mi stanca molto. Qualche<br />

volta mi è capitato di avere dei ragazzi che facevano il servizio civile, però non mi sono trovata<br />

bene. Non mi scrivevano niente oppure mi scrivevano male, e io non capivo la lezione. Non sono<br />

stata molto fortunata all’università, non l’ho fatta come avrei voluto farla. Avrei voluto essere<br />

più indipendente, più autonoma: avere sempre una persona vicino mi dava fastidio. Mi sarebbe<br />

piaciuto avere il sistema di sottotitolazione <strong>delle</strong> lezioni, che però quando facevo io l’università<br />

non era ancora utilizzato; non c’era proprio, ma anche se l’avessi chiesto non me lo avrebbero<br />

dato per tutte le ore di cui avrei avuto bisogno, quindi tutti gli esami li ho fatti da sola, studiando<br />

sui libri di testo. Non è vero che il sordo non può avere la competenza linguistica dell’italiano<br />

come un udente, certo deve avere un <strong>percorso</strong> di formazione, deve essere molto seguito per<br />

arrivare a questo risultato, un sordo ha più difficoltà per imparare l’italiano, però può, non è vero<br />

che non può. Io infatti ho studiato tanto sui libri, perché all’università non mi è piaciuto il servizio<br />

di accoglienza disabili, al quale fai la richiesta perché ti vengano coperte le ore in cui vuoi seguire<br />

le lezioni. Purtroppo molte ore non mi venivano coperte e molte volte mi sono state mandate<br />

persone incompetenti, quindi ho fatto, non dico tutto da sola, però metà e metà. Ho anche<br />

frequentato le lezioni, e per esempio quelle di cinema e televisione erano molto belle, quindi se<br />

ci fosse stato il servizio di sottotitolazione sarebbe stato importante.<br />

La carenza di sistemi e strumenti di comunicazione alternativi, così come di insegnanti<br />

qualificati, viene evidenziata anche da altre <strong>donne</strong> <strong>con</strong> <strong>disabilità</strong> sensoriale, nei cui rac<strong>con</strong>ti<br />

emerge, <strong>con</strong>temporaneamente, il ruolo suppletivo della famiglia nell’acquisto di servizi privati

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