Il percorso lavorativo delle donne con disabilità - Associazione ...
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nelle proprie capacità. Mi sentivo un po’ a disagio, perché ancora non <strong>con</strong>oscevo i colleghi, ma<br />
loro mi hanno accettato, si sono affezionati e mi hanno anche cresciuto a livello <strong>lavorativo</strong>.<br />
– Ero emozionata, ma mi sentivo anche un po’ agitata, però poi mi hanno fatto i complimenti<br />
e mi sono sentita meglio.<br />
– Un collega, siccome ero finita alla scrivania all’angoletto, mi ha dato una scrivania tutta per<br />
me, è stato disponibile, mi ha lasciato la sua scrivania.<br />
– <strong>Il</strong> direttore è una persona stupenda, oddio non so che dire, è meraviglioso, è soddisfatto di me,<br />
del lavoro che faccio, ma non solo lui anche gli altri colleghi di lavoro.<br />
Per queste <strong>donne</strong>, la possibilità di sperimentare occasioni di autonomia favorisce la crescita<br />
in termini di identità e abilità. Se ho bisogno, mi aiutano…io so che sono brava anche da sola,<br />
ma può sempre capitare. Una funzione centrale è esercitata dal fatto che la persona <strong>con</strong><br />
<strong>disabilità</strong> venga <strong>con</strong>siderata per quello che realmente è, ossia un’adulta che lavora, e sia<br />
messa in <strong>con</strong>dizione di esprimere le sue potenzialità. Noi di solito facciamo 6 mesi di stage, io<br />
ne ho fatti di meno, hanno visto che sono brava e mi hanno subito assunto. <strong>Il</strong> direttore ha messo<br />
una persona accanto a me che mi ha insegnato come si lavora, mi ha messo a mio agio, mi ha<br />
spiegato quello che dovevo fare.<br />
Al <strong>con</strong>trario, in alcuni casi prevale un’immagine sociale che porta a vedere le persone<br />
<strong>con</strong> <strong>disabilità</strong>, non solo intellettiva, come eterni bambini e, quindi, favorisce il riprodursi<br />
di comportamenti infantilizzanti, in modo spesso in<strong>con</strong>sapevole da parte di chi li adotta,<br />
che possono ostacolare la persona nell’esprimere le proprie potenzialità. È, infatti, anche<br />
nell’interazione <strong>con</strong> l’immagine e le aspettative che gli altri hanno su di noi che costruiamo<br />
la nostra identità.<br />
<strong>Il</strong> capoufficio di allora mi chiamava pastorella, fettuccina, in modo affettuoso.<br />
– Questo mio collega, che tutt’oggi mi accompagna tutti i giorni a lavoro, non sapeva come<br />
prendermi, quindi mi prese per mano, come se fossi stata una bambina, e mi accompagnò in<br />
giro per gli uffici, sembravamo due fidanzatini quel giorno.<br />
[ Dal sistema relazionale alle barriere strutturali ]<br />
Le <strong>donne</strong> intervistate hanno maturato un alto grado di <strong>con</strong>sapevolezza dell’origine sociale<br />
della <strong>disabilità</strong>, della mancanza di pari opportunità e di quanto l’inserimento <strong>lavorativo</strong><br />
possa favorire il processo di inclusione nella società.<br />
In alcune cose <strong>con</strong>ta l’immaginario che le persone hanno del disabile, quindi ti s<strong>con</strong>tri col loro<br />
immaginario e devi aiutarle un po’ a <strong>con</strong>cretizzarlo, a rapportarlo alla realtà, senza metterti<br />
subito in una posizione di difesa. Non è semplice, bisogna mediare molto.<br />
Nei rac<strong>con</strong>ti <strong>delle</strong> intervistate emerge come la difficoltà nasca tanto dalla sedimentazione<br />
dell’approccio tradizionale alla <strong>disabilità</strong>, che guarda alle persone come “malate”, come<br />
“non valide”, tanto dalla loro <strong>con</strong>seguente separazione dal resto della società, che ha creato<br />
distanze e costruito differenze, non comprendendo e non rispettando le diversità. Per anni,<br />
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