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Il percorso lavorativo delle donne con disabilità - Associazione ...

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isognava cercare una scuola senza barriere architettoniche, <strong>con</strong> un ascensore. E sempre lei si<br />

occupava di accompagnarmi. Anche per l’università è stata fondamentale la presenza di mia<br />

madre, io non frequentavo tutte le lezioni e le lezioni che frequentavo lei aspettava fuori. Ho<br />

iniziato il mio <strong>percorso</strong> di autonomia dalla famiglia un po’ più tardi.<br />

– Mia madre mi ha mandato in una scuola elementare dove non c’erano classi differenziate,<br />

una scuola normale, <strong>con</strong> amici tra virgolette normali. In quel periodo non c’erano gli insegnanti<br />

di sostegno AEC e il direttore della scuola non mi voleva prendere, ma mia madre ha fatto in<br />

modo che io andassi lì.<br />

– I primi due esami di pedagogia me li ha registrati mia madre che ha la quinta elementare.<br />

– L’unico che ci credeva, che ci ha sempre creduto e che mi ha <strong>con</strong>sentito di andare avanti è stato<br />

mio padre, quindi ha vinto lui. Mi portava e mi veniva a prendere a scuola, io ero appresso a lui e<br />

lui era appresso a me, eravamo indissolubilmente legati da questo destino, lui finiva di lavorare<br />

di pomeriggio, io rimanevo dentro la caserma <strong>con</strong> lui <strong>delle</strong> ore, mi portavo il termos <strong>con</strong> il pranzo<br />

e mi mettevo là a mangiare, a leggere e a studiare, poi a un certo punto andavamo via.<br />

– La mia famiglia mi ha aiutato molto nell’integrazione scolastica, ma anche nella società, mi<br />

hanno seguita molto da bambina e mi hanno indicato la strada dell’oralismo, quindi da questo<br />

punto di vista sono molto <strong>con</strong>tenta perché oggi per me è più facile integrarmi nella società e<br />

nel lavoro.<br />

– I miei genitori hanno avuto sicuramente un ruolo fondamentale nel mio <strong>percorso</strong> formativo.<br />

Quello che sono lo devo soprattutto alla loro intelligenza nel saper gestire una situazione<br />

comunque difficile, più difficile rispetto alle altre, sicuramente. Non mi hanno fatto mancare<br />

gli strumenti dal punto di vista e<strong>con</strong>omico, nel senso che se serviva un computer o qualcosa,<br />

anche se la ASL non lo passava, comunque me lo compravano loro. E poi hanno avuto sempre<br />

il coraggio di non dire di no. Mi hanno mandato alla scuola normale. Qualsiasi attività volessi<br />

fare me la facevano fare.<br />

Se, da una parte, ci sono genitori che reagis<strong>con</strong>o accompagnando le proprie figlie nelle loro<br />

scelte, in altri casi prevale il senso di protezione, quello che comunque succede nei <strong>con</strong>fronti di<br />

un disabile, no? Non lo si aiuta veramente, <strong>con</strong>cretamente, per quello che gli serve, ma si finisce<br />

per limitarlo nelle occasioni di <strong>con</strong>fronto col mondo esterno, e questa non è vera protezione,<br />

perché poi col tempo lo paghi, quando devi affrontare la vita vera.<br />

Gli atteggiamenti apprensivi della famiglia, se da un lato sono comprensibili, perché riguardano<br />

paure e insicurezze che i genitori nutrono nei <strong>con</strong>fronti della propria figlia <strong>con</strong>siderata<br />

incapace di difendersi dai rischi della vita, dall’altro lato possono impedire o rallentare l’acquisizione<br />

di tutta una serie di strumenti di <strong>con</strong>fronto <strong>con</strong> la realtà esterna, sottovalutando<br />

le abilità e le capacità umane di adattamento. A questo proposito una donna rac<strong>con</strong>ta: dopo<br />

l’incidente il rapporto che avevo <strong>con</strong> mia madre era diventato ancora più problematico perché<br />

ero ritornata quasi una bambina, cioè una figlia che aveva di nuovo bisogno della mamma, e<br />

quindi questa sua forte attenzione nel prendersi cura di me, dovuta anche ai bisogni che avevo,<br />

in qualche modo le faceva riscoprire il ruolo di madre, ma a me pesava tanto. Quindi mi pesava<br />

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