Il percorso lavorativo delle donne con disabilità - Associazione ...
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l’occupazione non come utenti dei servizi, ma come volontarie di associazioni e cooperative<br />
sociali. Ho iniziato a fare volontariato. Avevo buoni rapporti col presidente di questa cooperativa<br />
per cui attualmente lavoro, mi piaceva l’attività che svolgeva e ho deciso di fare la volontaria lì…<br />
poi mi è venuta un’offerta di lavoro, mi sono lasciata coinvolgere e ho accettato.<br />
A volte, l’attività di volontariato può costituire una sorta di “cuscinetto” tra il periodo di<br />
inattività e l’inserimento o il re-inserimento nel mondo del lavoro, che in questo modo<br />
potrebbe risultare più graduale e meno traumatico. Ma altre volte è il tramite indispensabile<br />
per entrare nel mondo del lavoro, attualmente dominato da stage e tirocini non retribuiti.<br />
Altre volte ancora mantiene intatto il suo significato e si va ad affiancare all’attività lavorativa<br />
ordinaria, come avremo modo di approfondire nella parte del rapporto di ricerca<br />
dedicata all’associazionismo.<br />
Per quanto riguarda la ricerca del lavoro non è stato molto semplice, diciamo che è stato favorito<br />
dalle mie precedenti esperienze di volontariato. Ho fatto la volontaria presso l’Unione Italiana<br />
Ciechi e questo mi dato la possibilità di <strong>con</strong>oscere nuove realtà e di fare anche esperienze<br />
informali che poi ti aiutano nella ricerca del lavoro e nell’attività lavorativa che andrai a svolgere.<br />
Un’altra esperienza importante l’ho fatta presso una cooperativa sociale, sempre come<br />
volontaria, e questo mi ha dato l’opportunità di <strong>con</strong>oscere il terzo settore, di fare esperienze, di<br />
partecipare a <strong>con</strong>vegni. Fondamentalmente chi ha facilitato il mio <strong>percorso</strong> di ricerca del lavoro<br />
sono state le strutture del terzo settore, associazioni e cooperative, e anche le persone che<br />
hanno creduto nelle mie capacità e soprattutto le persone che mi hanno aiutato a ri<strong>con</strong>oscere<br />
la mia autodeterminazione, questo è stato fondamentale. Ricordo in modo particolare una<br />
neuropsichiatra che mi ha chiesto di fare del volontariato in un centro di ipovisione, oltre che<br />
come psicologa anche come <strong>con</strong>sulente alla pari, e questo poi mi ha facilitato a valorizzare il mio<br />
<strong>percorso</strong> formativo e le mie competenze.<br />
Infine, vi sono quelle <strong>donne</strong> che sono entrate all’interno di organizzazioni del terzo settore<br />
direttamente come lavoratrici, attraverso lo svolgimento di un’attività retribuita, senza<br />
passare per gli stati intermedi di utente o volontaria.<br />
Ho lavorato moltissimo per molte associazioni, ho avuto <strong>con</strong>tatti per varie occupazioni di vario<br />
tipo e questo mi ha permesso di trovarmi una rete fissa di relazioni che mi ha <strong>con</strong>sentito di<br />
inserirmi molto bene nella realtà romana.<br />
<strong>Il</strong> corso per centralinisti: un canale privilegiato?<br />
Un apposito spazio spetta senz’altro al <strong>percorso</strong> di collocamento <strong>delle</strong> <strong>donne</strong> <strong>con</strong> <strong>disabilità</strong><br />
visiva. E quindi al corso di formazione per centralinisti telefonici che la quasi totalità <strong>delle</strong><br />
nostre intervistate non vedenti ha frequentato come canale preferenziale per la ricerca del<br />
lavoro [20] . Così spiega una <strong>delle</strong> nostre intervistate: a 29 anni sono a andata al Sant’Alessio a<br />
[20]<br />
<strong>Il</strong> collocamento dei centralinisti telefonici privi della vista è normato dalla Legge 29/03/1985, n. 113 “Aggiornamento<br />
della disciplina del collocamento al lavoro e del rapporto di lavoro dei centralinisti non vedenti”.