Il percorso lavorativo delle donne con disabilità - Associazione ...
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<strong>Il</strong> quadro teorico di riferimento<br />
[ <strong>Il</strong> modello sociale della <strong>disabilità</strong> ]<br />
Prima di affrontare la trattazione dei risultati della ricerca è importante esplicitare il punto<br />
di vista dal quale è stata realizzata l’analisi.<br />
La visione tradizionale, incentrata sul modello medico/individuale, guarda alle persone <strong>con</strong><br />
<strong>disabilità</strong> come portatrici di menomazioni, a cui deve essere garantita protezione sociale<br />
e cura, dal momento che è proprio la loro <strong>con</strong>dizione di minorazione a renderle vittime<br />
dell’esclusione sociale. Tale approccio, da cui derivano nozioni ormai sedimentate, che<br />
tendiamo spesso a dare per s<strong>con</strong>tate, definisce la persona in relazione alle sue caratteristiche<br />
e alle sue menomazioni: centrale diventa la patologia (ciò che manca) e si perde di vista la<br />
persona nella sua complessità, <strong>con</strong> le sue aspettative e potenzialità. Per cui la riabilitazione,<br />
o il ritornare comunque il più vicino possibile al funzionamento normale, rappresenterebbe<br />
il principale obiettivo a cui tendere.<br />
Assumere la prospettiva di chi crede nella costruzione sociale della <strong>disabilità</strong> significa,<br />
invece, ritenere che la <strong>con</strong>dizione di <strong>disabilità</strong> non derivi dalle qualità soggettive, bensì<br />
dalla relazione tra le caratteristiche <strong>delle</strong> persone e le modalità attraverso le quali la<br />
società si struttura e organizza l’accesso a diritti, beni e servizi. Per cui una persona si<br />
trova in <strong>con</strong>dizione di <strong>disabilità</strong> non perché si muove <strong>con</strong> una sedia a rotelle, comunica<br />
<strong>con</strong> il linguaggio labiale, si orienta <strong>con</strong> un cane guida, ma perché gli edifici sono costruiti<br />
<strong>con</strong> le scale, si pensa che comunicare sia possibile solo attraverso il linguaggio orale e<br />
che orientarsi avvenga unicamente attraverso l’uso della vista. In un corso di formazione<br />
realizzato in Lombardia dalla Lega per i diritti <strong>delle</strong> persone <strong>con</strong> <strong>disabilità</strong> (Ledha) sul tema<br />
della discriminazione è stato proposto un caso di studio: “Luigi ha 35 anni, vive <strong>con</strong> i suoi<br />
genitori, frequenta un centro diurno dove partecipa ad attività di laboratorio, uscite sul territorio<br />
e attività espressive. Durante i fine settimana ha la possibilità di frequentare un’associazione<br />
di volontariato presso una parrocchia" [3] . Luigi è vittima di discriminazioni? Per rispondere<br />
a questa domanda dovremmo chiederci se Luigi vede rispettato il proprio diritto di vivere<br />
nella società <strong>con</strong> la stessa libertà di scelta degli altri cittadini, se sono state adottate tutte<br />
le misure atte a garantire il pieno godimento del diritto <strong>delle</strong> persone <strong>con</strong> <strong>disabilità</strong> all’inclusione<br />
sociale. Non è quindi la menomazione, di natura fisica, sensoriale o intellettiva,<br />
che crea la <strong>disabilità</strong>, ma la <strong>disabilità</strong> è il risultato di un’organizzazione sociale che restringe<br />
le attività e le possibilità di partecipare <strong>delle</strong> persone <strong>con</strong> menomazioni, ponendo sul loro<br />
<strong>percorso</strong> barriere fisiche e culturali.<br />
[3]<br />
Tratto dal corso di formazione di Merlo G., Ri<strong>con</strong>oscere la discriminazione, Ledha, Milano, 2008.<br />
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