Il percorso lavorativo delle donne con disabilità - Associazione ...
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non solo come nazione, dovuto al fatto che viviamo in una società maschilista, sembra che le<br />
<strong>donne</strong> abbiano avuto dei grandi successi ma non è vero, è l’uomo che comanda. Se guardiamo le<br />
nostre amministrazioni politiche, quante <strong>donne</strong> ci sono? È una rappresentatività tutta maschile, il<br />
mondo del lavoro è governato dagli uomini, e dove la donna esiste è merce. Io sono veramente<br />
allibita. Quello che abbiamo fatto noi (come movimento femminista) non è valso a niente, è<br />
stato dimenticato, la donna non ha acquisito dignità. Oggi la donna, dove ha un ruolo, ha un<br />
ruolo mercificato. Guarda il mondo dello spettacolo, se non hai le tette taglia tot non vai avanti,<br />
non è che vieni apprezzata per quello che fai, per quello che vuoi dire. Io mi sento veramente<br />
come se non avessi <strong>con</strong>tribuito a niente, se non per me stessa…per me sì, per me ha avuto un<br />
senso, però, se penso a mia nipote che è giovane, non ha ricevuto niente, perché in un ipotetico<br />
rapporto col marito non c’è una situazione paritaria. Oggi la donna ha <strong>con</strong>quistato il lavoro però,<br />
oltre a <strong>con</strong>quistare il lavoro, deve essere moglie e casalinga, quindi deve fare una doppia fatica,<br />
e il rapporto paritario che pensa di avere <strong>con</strong> l’uomo non ce l’ha…la donna non è riuscita in<br />
qualche modo a mantenere una sua specificità, la sua differenza l’hanno voluta annullare, oggi<br />
la donna fa l’uomo, anche l’imprenditrice non porta nel lavoro la sua differenza, anzi funziona<br />
tanto più quanto più assomiglia all’uomo.<br />
Laddove la <strong>con</strong>sapevolezza della discriminazione rispetto alla <strong>disabilità</strong> si associa al ri<strong>con</strong>oscimento<br />
della discriminazione di genere, i rac<strong>con</strong>ti <strong>delle</strong> intervistate appaiono molto lucidi<br />
e mettono in evidenza le discriminazioni multiple cui le <strong>donne</strong> disabili sono soggette, già a<br />
partire dal <strong>con</strong>testo famigliare.<br />
<strong>Il</strong> fatto che io dovessi essere protetta e non espormi troppo, che non mi dovessi dare da fare per<br />
un futuro era dovuto non solo al fatto che ero disabile, ma anche al fatto che ero donna, perché<br />
mia madre non avrebbe mai detto le cose che ha detto a me se fossi stata un uomo, perché<br />
sarebbe prevalso il fatto di essere maschio, mentre per una donna sta in primo piano la difficoltà<br />
fisica, perché comunque una donna va protetta e a maggior ragione se sei disabile.<br />
– Ho in<strong>con</strong>trato <strong>donne</strong> che hanno avuto problemi di inserimento <strong>lavorativo</strong> perché sono <strong>donne</strong> <strong>con</strong><br />
<strong>disabilità</strong>, <strong>donne</strong> che non hanno potuto fare carriera per via della <strong>disabilità</strong>, <strong>donne</strong> che non hanno<br />
potuto emanciparsi come <strong>donne</strong> e come persone perché ostacolate dalla famiglia e dalla società.<br />
Dai rac<strong>con</strong>ti emerge un’immagine socialmente costruita della donna disabile che, da una<br />
parte, rafforza lo stereotipo tradizionale della donna debole, dipendente, da proteggere,<br />
e dall’altra le nega la femminilità, poiché non ri<strong>con</strong>osce caratteri sessuali alle persone<br />
<strong>con</strong> <strong>disabilità</strong>, quasi si trattasse di eterni bambini. Ciò relega la donna disabile a un ruolo<br />
marginale sia rispetto al mercato del lavoro, dove dominano i parametri di produttività e<br />
performance, ma anche di sensualità e apparenza, sia rispetto ai tradizionali ruoli di cura<br />
ri<strong>con</strong>osciuti al genere femminile.<br />
Nell’ambiente sociale, sia per i vissuti miei personali e familiari, sia per la percezione che la gente<br />
ha, è come se la mia femminilità non fosse per niente colta, non fosse proprio <strong>con</strong>siderata. Io<br />
mi sono sentita e mi sento ancora discriminata non tanto per le difficoltà oggettive, che pure ci<br />
sono, come ad esempio strutture sanitarie inadeguate o assenza di privacy, quanto per il fatto<br />
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