Libro W.MILANO.pdf - Progetto Benessere

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<strong>Libro</strong> Alimentazione.qxd 2-12-2005 14:44 Pagina 24 VIII 24 Un paio di falsi miti Questo piccolo esempio, senza criminalizzare lo zucchero, serve ad evidenziare che sono le piccole ed apparentemente trascurabili infrazioni, coltivate con cura nel tempo, a causare il progressivo ingrassamento. Un ultimo esempio. Un uomo alto 180 cm che a 30 anni pesava 77 kg (BMI=24, perfetto) e a 45 ne pesa 87 (BMI=27,3, sovrappeso) dove avrà preso i 10 kg in più? Ha accumulato circa 70.000 calorie di troppo in 15 anni ovvero 13 calorie al giorno in più: lo si può quantificare in poco più di mezzo cucchiaino di zucchero al dì o 3 spaghetti sconditi o in 2-3 fragole o in 2 ciliegie o in mezza caramella al giorno Lo stesso discorso vale per verificare le possibilità di perdere peso. Se analizziamo il classico messaggio-bidone di molte proposte dietetiche oggi alla moda si può verificare l’infondatezza di tanti presunti esperti. Immaginiamo di seguire il famoso slogan del film di Carlo Verdone, in cui si prometteva la perdita di 7 kg in 7 giorni. In teoria, fermo restando il digiuno totale, si dovrebbero perdere 5000 calorie al giorno per tutta la settimana. Basterebbe riuscire a correre per 14-16 ore, ovvero tra i 100 e 110 km, anche a ritmo lento, equivalenti a due maratone e mezzo al dì. Il giorno dopo pedalare per 18- 20 ore cioè circa 260-280 km equivalenti ad una Milano-Sanremo, il giorno dopo ancora scendere una novantina di volte dalla torre di Pisa o lavare 15-16 auto (un’ora e mezza l’una) e così via per tutta la settimana, fermo restando il digiuno assoluto. La regola numero uno è, come afferma Arturo Cocchi nel suo brillante libro sulle diete, una dieta dimagrante è tanto meno attendibile quanto più promette.
<strong>Libro</strong> Alimentazione.qxd 2-12-2005 14:44 Pagina 25 IX. Conservazione e cottura degli alimenti Una volta il rischio alimentare era abbastanza elevato sia perché le norme igieniche erano approssimative, sia perché i sistemi di conservazione, salatura, affumicatura, speziatura ecc., erano decisamente poco efficaci, sia perché i controlli erano praticamente inesistenti. Nel Rinascimento c’era l’abitudine di speziare abbondantemente le carni, un po’ per allungare la conservazione e un po’ per nascondere il progressivo cattivo sapore prodotto dal loro decadimento. I primi esperimenti di conservazione in barattoli sterilizzati risalgono a due secoli fa, mentre appena un secolo ci divide da Louis Pasteur e dal più famoso sistema di conservazione mediante riscaldamento, la cosiddetta “pastorizzazione” e soltanto sessant’anni dai primi alimenti surgelati. Poco più di un secolo fa sono apparsi i primi alimenti prodotti su scala industriale di cui il capostipite è l’estratto di carne prodotto in Uruguay nel 1872 dalla società Liebig, che sfruttava industrialmente le scoperte del grande chimico tedesco J. Von Liebig. Nell’ultimo secolo la tecnica della conservazione degli alimenti ha fatto passi da gigante. In particolare la congelazione e poi la surgelazione con la catena del freddo ed il frigorifero dotato di freezer, hanno fornito e continuano a fornire alimenti molto ben conservati. Tutti i metodi di conservazione servono, in un modo o nell’altro, sia a distruggere i microrganismi o a rallentarne lo sviluppo, sia a inattivare gli enzimi che li modificano. Tra i metodi fisici vanno ricordati il riscaldamento ed il raffreddamento, l’eliminazione dell’acqua, l’impiego di radiazioni ionizzanti, l’uso di atmosfere controllate (per esempio la polvere di caffè sotto vuoto o sotto azoto, le bibite gassate ecc.). I metodi chimici, che si basavano essenzialmente sull’aggiunta agli alimenti di sostanze naturali (sale, zucchero, aceto, olio) in dosi piuttosto elevate, si sono ampliati grazie all’uso di sostanze di sintesi, periodicamente assai discusse (additivi chimici: come i conservanti, gli antiossidanti o antimicrobici) che hanno effetti diversi, talvolta solo estetici, come nel caso dei coloranti, a seconda della loro struttura molecolare. I metodi biologici bloccano lo sviluppo dei microrganismi nocivi agevolando lo sviluppo di microrganismi benefici, come nel caso dello yogurt. I metodi chimici più antichi, come aggiunta di zucchero o di sale funzionano sottraendo acqua agli alimenti e rendendo quindi difficile lo sviluppo di microrganismi mentre la conservazione in olio protegge dall’ossidazione. Infine è bene ricordare che i maggiori pericoli per quanto riguarda la conservazione, al giorno d’oggi, dipendono più dalle nostre abitudini che dalle aziende agroalimentari. La possibilità di contaminazioni microbiologiche è più frequente nelle nostre cucine per scarsa attenzione alle basilari norme igieniche. Anche per quanto riguarda la cottura, le possibilità a nostra disposizione sono sicuramente aumentate. Negli ultimi cinquant’anni la tecnologia ci ha fornito strumenti molto utili che hanno soppiantato o affiancato, in alcuni casi, i tradizionali sistemi. I forni 25
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