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Rivista Slsi 1-4 /2004 - Slsi.It

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del primo ritiro spirituale dei Sacerdoti Oblati tenuto il 18<br />

agosto 1931 presso il santuario della Madonna del Carmelo<br />

di monte Poro (ora in prov. di Vibo Valentia). Il sacerdote<br />

tropeano aveva celebrato la sua prima messa il 6<br />

aprile 1924 e nello stesso giorno dice al Signore di voler<br />

essere sacerdote vittima.<br />

Angelina Lanza il 2 novembre 1920, con l’approvazione<br />

del suo confessore, aveva pronunciato il “voto di vittima”,<br />

facendo di esso, come si sprime Peppino Pellegrino,<br />

“il fulcro della sua vita mistica”. Don Mottola il 15<br />

febbraio 1942 scriverà sul suo Diario: “Ho fatto il voto di<br />

vittima”, aggiungendo subito: “amen: alleluia”, volendo<br />

significare che la sofferenza è anticipo di resurrezione.<br />

In tale contesto vale la pena ricordare pure il giovane Fausto<br />

Arena, di Pizzo Calabro, sottotenente di artiglieria, il<br />

quale nel 1934, colpito a ventidue anni dalla sclerosi a<br />

placche, e ridottosi su una sedia a rotelle, superato un primo<br />

momento di sconforto, assegnò alla sua vita lo scopo di<br />

essere sempre “vittima perfetta d’olocausto”. Del resto la<br />

Voce aveva rivelato alla mistica siciliana: “Le vittime offerte<br />

come te sono migliaia. Dio solo le conosce” .<br />

La pubblicazione del Diario si può dire costituisca una<br />

impressionante letura del nostro tempo alla luce di categorie<br />

teologiche e mistiche. In esso vi è la visione di una<br />

umanità che corre verso la propria rovina, di un mondo<br />

che dovrà essere purificato dal fuoco e dal sangue, e di<br />

flagelli che raggiungeranno la stessa capitale del cattolicesimo.<br />

Ma è anche annunziato che Cristo crocifisso soccorrerà<br />

la Sua Chiesa e i nuovi martiri la rinnoveranno e<br />

la riedificheranno dalle fondamenta, pur rimanendo essa<br />

immutata e immutabile. Impressiona anche la rivelazione<br />

che i “popoli slavi,fratelli nella persecuzione ai latini,<br />

si uniranno finalmente in un solo ovile e sotto un solo<br />

pastore”. “Quando il Padre lo vorrà, ogni cosa tornerà in<br />

pace e in ordine. Satana sarà di nuovo frenato, nelle sue<br />

opere di perdizione. La terra avrà pace, e la chiesa di Cristo<br />

si dilaterà”.<br />

L’importanza del Diario è pure data dalla rivelazione d’una<br />

nuova forma di spiritualità, il cui carattere specifico consiste<br />

nella completa offerta di sé a Dio, proposta ad ogni cristiano,<br />

qualunque sia il suo stato. In tale forma di spiritualità<br />

il massimo di religiosità si congiunge col massimo di secolarità.<br />

Massimo di secolarità, perché Angelina Lanza è<br />

una madre esteriormente come le altre, la quale accudisce<br />

alle quotidiane faccende domestiche, tiene i contatti con la<br />

scuola frequentata dai figli per verificare il profitto, dialoga<br />

con estrema pazienza col figlio Vittorio che ha difficoltà di<br />

natura psichica, diventa desolatissima quando pensa al<br />

futuro di questo suo figlio, fa sue tutte le gioie e le ansie<br />

della famiglia, soffre il distacco dal figlio Antonio che deve<br />

andare a nozze. Il giorno che questi parte con la sposa, ella<br />

si alza da letto “per vedere l’automobile attraversare nel<br />

buio il giardino e uscire in strada, per portarli verso il piroscafo”<br />

e poi conclude: “Adesso la mia casa non è più la sua;<br />

la sua casa non è più la mia”. Anche questo dolore prende<br />

G I U S E P P E L O C A N E<br />

10<br />

la forma dell’offerta: “Gesù mio, eccomi, con tutte le mie<br />

miserie; sono pronta a fare ogni Tua volontà”. La Voce le dice<br />

che a lei non era destinata la povertà esteriore, ma che<br />

era necessario che conservasse l’apparenza “di una donna<br />

del mondo”, compiendo i suoi “doveri sociali, restando nel<br />

(suo) segreto, povera come S. Francesco, nuda come Gesù<br />

sulla croce”. Angelina Lanza vive nel mondo, fra i suoi<br />

doveri e le sue necessarie occupazioni comuni, ma abbandonata<br />

alla volontà di Dio, “in un distacco netto (e senza<br />

più ritorni indietro) dalla vita comune, dagli interessi, dalle<br />

vedute del mondo”. Tutto ciò però “è proprio una pena,<br />

sottile e segreta” e “solo la grazia di Dio può sostener(la) in<br />

questo stato, perché di fatto è un vivere di pura volontà”.<br />

L’adempimento dei doveri sociali e familiari non deve essere<br />

trascurato: “quello che non bisogna impegnarvi è il cuore;<br />

quello, deve essere tutto e solo di Dio”. Vuole conciliare<br />

occupazioni letterarie e donazione piena di sé a Dio. “Voglio<br />

essere – scrive – un castello, attraverso il quale gli uomini<br />

possono vedere solo l’immagine di Colui che amo. Se<br />

l’avrò bene impresso nel mio cuore, è impossibile che chi<br />

vede me non veda Lui” . Vuole essere “una segreta discepola<br />

del Crocifisso, e sentire intimamente la comunione<br />

d’intenzioni con lui, ed il suo amore avvolgente e penetrante,<br />

che ci sostiene e ci accompagna lungo una strada<br />

faticosa, che fu però la sua strada, quella del Calvario e della<br />

Resurrezione…”. Ella offre tutto, offre volontà e libertà,<br />

le quali, donate a Dio, rimangono purissime e forti. Sa che<br />

è stata generata per essere tutta offerta a Dio in olocausto<br />

intero. Vede nel voto di vittima, per chi non possa pronunciare<br />

i tre voti monastici, l’unica maniera di darsi veramente<br />

e interamente a Dio. “Vi è… un punto, in cui anche<br />

un’anima non consacrata nei voti religiosi può dare a Dio la<br />

gloria di un perfetto ed assoluto distacco dal mondo. Questo<br />

è il punto in cui si accetta la morte… Quello che l’anima<br />

aveva amato, di un amore legittimo e naturale, in questo<br />

punto tramonta; Dio solo rimane. Ecco il distacco vero”.<br />

Madre e vergine nello spirito. Angelina è ispirata a fare<br />

sua la sostanza della vita religiosa, precorrendo la stessa<br />

Provida Mater Ecclesia e anzi proiettandosi oltre di essa.<br />

Nell’anima è come le vergini che vivono in clausura, avendo<br />

preso dalle mani del signore Gesù “quella grande croce<br />

di legno nero, alla quale (sognò) di abbracciar(si) sposa,<br />

biancovestita e velata, crocifissa sopra una croce”. Si deve<br />

dire che ella ha attuato la sostanza della vita religiosa e la<br />

parte formale della verginità, avendo lavato le sue vesti nel<br />

sangue dell’Agnello, come i centoquarantamila dell’Apocalisse.<br />

Del resto a trattenerla nel mondo è unicamente il dovere.<br />

Dio le è testimone che, se fosse sola, si consacrerebbe<br />

a Lui, anche esteriormente. La visione giovannea dovette<br />

essere oggetto di frequente meditazione da parte di Angelina<br />

Lanza, sollecitata dal testo rosminiano intitolato Jesu<br />

Christi Passio, da lei ripetutamente citato. Sarebbe errata<br />

l’impressione che la possibilità offerta ai coniugati di<br />

possedere la parte formale della verginità, sminuisca il valore<br />

della castità perfetta, comprensiva anche della sua

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