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di per sé sacro: la Cappella Branda Castiglioni della<br />
Basilica romana di San Clemente, affrescata da Masolino<br />
da Panicale con la ipotizzata (soltanto da alcuni<br />
studiosi) collaborazione di Masaccio nella parte<br />
centrale della Crocifissione. Conosco bene quella cappella,<br />
restaurata dopo gravissimo e rapido deterioramento,<br />
e non mi è facile scorgere, nei cavalli della<br />
parte inferiore, l’ “equestre rabbia convertita in roccia”<br />
che vi riconosceva Ungaretti, visitando la basilica<br />
in una Settimana Santa (vigilia liturgica, dunque, della<br />
Resurrezione) di uno dei più drammatici anni di<br />
guerra, in compagnia di un poeta particolarmente<br />
esperto in storia dell’arte, Alessandro Parronchi. Concludo<br />
la rassegna, riportando da questo testo un passo,<br />
che è forse l’unico nella poesia italiana a contenere<br />
nello stesso verso, che è l’ultimo qui riportato, due<br />
sinonimi denotanti leggerezza: “Allora fu che, entrato<br />
in San Clemente, / Dalla crocefissione di Masaccio /<br />
M’accolsero, d’un alito staccati / mentre l’equestre<br />
rabbia / Convertita giù in roccia ammutoliva, / Desti<br />
dietro il biancore / Delle tombe abolite, / Defunti, su<br />
montagne / Sbocciate lievi da leggere nuvole”. Non è<br />
E M E R I C O G I A C H E R Y<br />
G. Balla, Automobile in corsa (studio per), matita su cartoncino, 1914, cm 22,3x32,5<br />
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certo abusivo collegare i “defunti su montagne” che<br />
compaiono anche nel titolo al momento epifanico e<br />
quasi sacro dell’arrivo in patria in una poesia del 1932,<br />
dal titolo 1914-1915: “Vedeva per la prima volta i<br />
monti / Consueti agli occhi e ai sogni / Di tutti i suoi<br />
defunti”. Nel diario d’anima di Giorno per giorno<br />
nella parte iniziale del Dolore compaiono vette immortali,<br />
non lontane dalle montagne dell’affresco, investite<br />
dall’idea di resurrezione, dell’immortalità evocata<br />
dalle “tombe abolite”: “ogni altra voce è un’eco<br />
che si spegne / Ora che una mi chiama / Dalle vette<br />
immortali...”. Potrebbe sembrare qui rigenerato, in un<br />
contesto totalmente diverso, uno struggente motivo<br />
di quel Petrarca tanto amato e studiato da Ungaretti:<br />
la voce dell’amata perduta che chiama dal cielo rinasce<br />
nella voce dell’amatissimo figlioletto perduto che<br />
chiama dalla dimensione celeste. E anche nel verso<br />
del frammento seguente “In cielo cerco il tuo felice<br />
volto” potrebbe risuonare come un’eco dello splendido<br />
verso petrarchesco “Quella ch’io cerco et non ritrovo<br />
in terra”.