09.06.2013 Views

Rivista Slsi 1-4 /2004 - Slsi.It

Rivista Slsi 1-4 /2004 - Slsi.It

Rivista Slsi 1-4 /2004 - Slsi.It

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

to indifferente: qualche ora o qualche anno d’attesa è<br />

assolutamente la stessa cosa, una volta che si è perduta<br />

l’illusione d’essere eterni”.<br />

Ci sarebbe da domandarsi perché questi protagonisti<br />

sventurati, che non si vivono, ma si “sopravvivono” – per<br />

utilizzare l’espressione di Anny, una volta compagna di<br />

Roquentin – non concludano il loro dramma esistenziale<br />

con l’epilogo, apparentemente, più naturale. La risposta<br />

è nelle stesse parole di Roquentin, che riflettendo sulle<br />

cose e le persone che, come lui, affollano il giardino pubblico<br />

di Bouville, annota: “Eravamo un mucchio di esistenti<br />

impacciati, imbarazzati da noi stessi, non avevamo<br />

la minima ragione di essere lì […]. Di troppo: era il solo<br />

rapporto ch’io potessi stabilire tra quegli alberi, quelle<br />

cancellate, quei ciottoli […]. Pensavo vagamente di sopprimermi,<br />

per annientare almeno una di queste esistenze<br />

superflue. Ma la mia stessa morte sarebbe stata di<br />

troppo. Di troppo il mio cadavere, il mio sangue su quei<br />

ciottoli, tra quelle piante, in fondo a quel giardino sorridente<br />

[…]: io ero di troppo per l’eternità”.<br />

Ora, se ci si fermasse a queste considerazioni sarebbe<br />

davvero difficile parlare di speranza in Sartre nonostante<br />

la figura del Messia abbia tanto affascinato Bariona. Il<br />

neonato porta la speranza già nel nome, se è vero che in<br />

ebraico Gesù significhi “Dio è salvezza” e Cristo “l’Unto<br />

dal Signore”. Bariona non è Sartre. Tuttavia, la speranza<br />

ha tanti colori; un prisma di sfumature cangianti sottili<br />

ed impalpabili.<br />

Torniamo dunque a Roquentin. Seguiamo, con il fiuto<br />

del segugio, le sue orme, augurandoci che altri, misteriosi<br />

profumi non distraggano il nostro olfatto. “L’essenziale<br />

– continua Roquentin – è la contingenza.Voglio<br />

dire che, per definizione, l’esistenza non è la necessità.<br />

Esistere è esser lì, semplicemente; gli esistenti<br />

appaiono, si lasciano incontrare, ma non li si può mai<br />

dedurre. […]. Orbene, non c’è alcun essere necessario<br />

che può spiegare l’esistenza: la contingenza non è una<br />

falsa sembianza, un’apparenza che si può dissipare; è<br />

l’assoluto, e per conseguenza la perfetta gratuità”.<br />

Ogni cosa attorno a Roquentin sembra che svolga le<br />

sue funzioni senza slancio, come se tutto dovesse annullarsi<br />

da un momento all’altro; “Non avevano voglia<br />

di esistere, – commenta – solo che non potevano esimersene,<br />

ecco”. Ma, improvvisamente, mentre Roquentin<br />

si avvicina alla cancellata del parco, per guadagnare<br />

l’uscita, accade qualcosa: “Allora il giardino<br />

m’ha sorriso. Mi sono avvicinato alla cancellata ed ho<br />

guardato a lungo. Il sorriso degli alberi, del gruppo di<br />

allori, ciò voleva dire qualche cosa; era questo il vero<br />

significato dell’esistenza. Mi sono ricordato che una<br />

domenica, non più di tre settimane fa, avevo già sorpreso<br />

sulle cose una specie d’aria di complicità. Era diretta<br />

a me? Ho sentito con disappunto che non avevo<br />

alcun mezzo di comprendere. Nessun mezzo. E tutta-<br />

M A R C O M I L I O N I<br />

29<br />

via era là, in attesa, sembrava uno sguardo. Era là, sul<br />

tronco del castagno… era il castagno. Le cose si sarebbero<br />

dette pensieri che si fermassero a metà strada,<br />

che s’obliassero, che obliassero ciò che avevano voluto<br />

pensare, e che restassero così, ondeggianti, con<br />

un bizzarro, piccolo significato che le sorpassava. M’infastidiva,<br />

questo piccolo significato: non potevo comprenderlo”.<br />

È in queste ultime battute, a mio avviso, che cominciano<br />

a profilarsi i germi di quel pensiero sartriano che<br />

influenzerà anche la sua produzione successiva. Le<br />

esperienze radicali, rivelatrici della nausea e dell’angoscia,<br />

diventano condizioni indispensabili per provocare<br />

la crisi nell’uomo. È solo sperimentando quest’ultima<br />

che nell’uomo germoglia l’esigenza della libertà;<br />

della responsabilità, della costruzione dei propri valori.<br />

Di qui la sua profonda ripulsione verso la “malafede”:<br />

quell’atteggiamento, analizzato dettagliatamente<br />

in L’essere e il nulla, tipico del borghese, che si rifugia<br />

in un’apparenza rispettabile, quella che immagina<br />

sia vista dagli altri.<br />

Roquentin è lontano dalla malafede in quanto non rinuncia<br />

alla sua “spontaneità”; non si ostina a recitare<br />

una parte. Gira il disco di Some of these days, quando<br />

Roquentin entra per l’ultima volta nel “Ritrovo dei<br />

Ferrovieri”, e non può fare a meno di pensare ai due<br />

compositori: “Eccone due che si son salvati: l’ebreo e<br />

la negra. Salvati. Magari si saran creduti perduti fino<br />

alla fine, annegati nell’esistenza. […]. Per me sono un<br />

po’ come morti, un po’ come eroi da romanzo; si son lavati<br />

dal peccato d’esistere. Non completamente beninteso<br />

– ma quel tanto che un uomo può fare. Quest’idea<br />

mi sconvolge d’un tratto, perché non speravo nemmeno<br />

più questo. Sento qualcosa che mi sfiora timidamente<br />

e non oso nemmeno muovermi per paura che<br />

scompaia. Qualcosa che non conoscevo più: una specie<br />

di gioia”.<br />

Appare già qui, timidamente, la parola speranza. Ma la<br />

chiusura del romanzo è ancora più inattesa. Roquentin<br />

decide di scrivere un libro. “Ma naturalmente – pensa –<br />

da principio ciò non sarebbe che un lavoro noioso e<br />

stanchevole, non mi impedirebbe d’esistere né di sentire<br />

che esisto. Ma verrebbe pure un momento in cui il libro<br />

sarebbe scritto, sarebbe dietro di me e credo che<br />

un po’ della sua luce cadrebbe sul mio passato. Allora,<br />

forse, attraverso di esso, potrei ricordare la mia vita<br />

senza ripugnanza. Forse un giorno, pensando precisamente<br />

a quest’ora […] sentirei il mio cuore battere più<br />

in fretta e mi direi: quel giorno a quell’ora è cominciato<br />

tutto. E arriverei – al passato, soltanto al passato –<br />

ad accettare me stesso”.<br />

C’è, dunque, in Sartre della “luce” che precede, attraversa<br />

e supera Bariona. Certo, i colori della sua speranza sono<br />

diversi e più opachi rispetto a quelli del neonato, ma<br />

si può negarne l’iridescenza?

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!