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Rivista Slsi 1-4 /2004 - Slsi.It

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si, vibrazioni, ispirazioni. Non ci si può abbandonare al<br />

puro dissolversi nelle acque; anche l’acqua, scorrendo,<br />

traccia percorsi, disegna la sua rete.<br />

Tradizione e innovazione<br />

È in questa direzione che è possibile seguire Vittorio<br />

Vettori in tutto il suo itinerario intellettuale e morale<br />

che ha nel culto della memoria il suo punto di forza e<br />

che si è espresso in un libro indimenticabile dal titolo<br />

Dieci toscani e mezzo (Sp 44 Editore, Firenze 1995).<br />

In queste pagine, di critica letteraria e di memoria, Vittorio<br />

Vettori incontra la Firenze di Papini e di Bargellini,<br />

la memoria anche di quegli anni della rivista "Il<br />

Frontespizio" che per Vettori sa ancora trasmettere<br />

impulsi, vibrazioni, ispirazioni. È la Firenze di dante e<br />

della migliore letteratura del Novecento che diviene<br />

così una rete, una lunga catena di sogni che preludono<br />

all’azione nella contemporaneità. Per questa ragione,<br />

Vittorio Vettori, nel medesimo libro, traccia una suggestiva<br />

autobiografia morale e intellettuale del suo<br />

sentirsi, appunto, "toscano a metà", attraverso un dialogo<br />

ideale con la sua ombra e dove scrive: "Mi son<br />

sempre venuto a trovare a mezza via fra riflessione filosofica<br />

e invenzione letteraria, fra psicologia e storia,<br />

fra weltanschauung transpolitica e intimo spirito di<br />

religione (‘chiamo religioso – diceva ai suoi tempi Giovanni<br />

Boine – tutto ciò che, a partire dal sentimento,<br />

ci spinge verso l’Inesauribile’)".<br />

È in questa rete che possiamo anche collocare l’intenso,<br />

appassionato, vibrante interesse di Vittorio Vettori<br />

per Dante, ma dove, quasi in filigrana, cogliamo quel<br />

nucleo centrale di tutta la cultura del novecento che è<br />

il rapporto tra tradizione e innovazione. Una rete in<br />

cui, a partire da un certo momento, Vettori incontra<br />

Ezra Pound che, insieme a Eliot, concepisce la tradizione<br />

non più in termine di tradizione ma di somiglianza.<br />

E non a caso entrambi, Eliot e Pound, guardano<br />

con pari ammirazione all’opera suprema di Dante.<br />

La tradizione, in questa prospettiva, è costituita da<br />

quelle testimonianze artistiche in cui la poesia, indipendentemente<br />

dai luoghi, dai tempi, dagli idiomi, dimostra<br />

di aver raggiunto una qualche forma di perfezione.<br />

La greca Saffo, i latini Catullo e Properzio, l’italiano<br />

Dante, i metafisici inglesi, il cinese Li Po, il francese<br />

Charles Baudlaire e numerosissimi altri, dunque,<br />

sono tutti contemporanei. Di fatto, dall’esempio di<br />

Dante, Pound, Eliot, è nata una nuova familiarità con<br />

tradizioni disparate che ha liberato la poesia lirica di<br />

tutto il mondo occidentale dallo scrupolo di rappresentare<br />

a qualunque coso solo e soltanto "lo spirito<br />

della nazione". Per dirlo con altre parole, il lirico che<br />

sceglie, più o meno consapevolmente dante, Pound,<br />

Eliot, per modelli, trova la sua nazione nella storia<br />

C A R M E L O M E Z Z A S A L M A<br />

32<br />

mondiale. Come dirà, in termini inequivocabili proprio<br />

Eliot: "il possesso del senso storico, che è senso della<br />

a-temporale come del temporale insieme: ecco quello<br />

che rende tradizionale uno scrittore. Ed è nello stesso<br />

tempo ciò che lo rende più acutamente consapevole<br />

del suo posto nel tempo, della sua contemporaneità" .<br />

Espressioni che valgono anche nel caso dell’esperienza<br />

letteraria di Vittorio Vettori a metà strada tra filosofia<br />

e poesia, fra tradizione e innovazione, proprio<br />

perché la sua ispirazione di fondo è di una italianità<br />

non nazionalistica ma universale, tipicamente, si potrebbe<br />

dire, dantesca. Infatti, per Vittorio Vettori la verità<br />

del nostro tempo, qualunque storia accada, politica<br />

o culturale, non è mai qualche cosa di palese, come<br />

i fatti riferiti dal giornale. Essa corre come un fiume<br />

sotterraneo sotto le apparenze illusorie del presente.<br />

Così, la storia della letteratura è la storia della continua<br />

ricerca della verità – nascosta e invisibile – del<br />

proprio tempo, attraverso un linguaggio più forte e resistente,<br />

che ci serve per parlare e comunicare quotidianamente<br />

con gli altri. E nasce qui un altro “appunto<br />

di viaggio" per Vittorio Vettori.<br />

Lo scrittore e il poeta<br />

Come mai Vittorio Vettori ha scritto così tanto, più di<br />

centocinquanta titoli a stampa? Potrebbe sembrare una<br />

domanda banale, ma non lo è nel nostro caso poiché Vittorio<br />

Vettori in ognuno di questi suoi libri non ha mai,<br />

per così dire, fallito il suo bersaglio: libera e solenne, la<br />

sua scrittura possiede ampiezza di orizzonti e generosità<br />

di sguardo sulle cose e le persone del mondo che hanno<br />

reso grande il cammino dell’umanità.<br />

Poiché, dunque, ha scritto tanto e su argomenti diversissimi<br />

ma che tuttavia possiedono quella unità di fondo<br />

che, proprio i nostri "appunti di viaggio", tentano di<br />

definire? Forse il più forte e urgente tra i sentimenti<br />

che spingono a scrivere è una forma incantata e inspiegabile<br />

di disagio nei confronti del vivere e del morire,<br />

come vorrebbe Giuseppe Conte. Ma sta di fatto<br />

che chi comincia a scrivere non accetta che il fatto di<br />

esistere, in questo tempo e in questa storia, sia qualcosa<br />

di scontato. Per lo scrittore e il poeta niente è ovvio,<br />

banale, casuale. Tutto lo interroga, gli eccita curiosità,<br />

gli altera e gli intensifica il sentire. Dopo tutto,<br />

quest’uomo o questa donna che non stanno bene di<br />

fronte al mondo, quasi scossi dall’angoscia dell’essere,<br />

ossessionati dalla vita e dalla morte, diventano capaci<br />

nel linguaggio di portenti di grazia e parlano di amore,<br />

gioia, valore, bellezza, come se nessuno ne avesse parlato<br />

prima. Lo scrittore e il poeta, uomo o donna, non<br />

sono esseri di azione né di fede, eppure sintetizzano<br />

bene in sé queste due figure: dall’abisso del loro disagio<br />

si guadagnano storicamente un posto tra gli eroi e

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