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con quel mondo. Le gioie e l’edonismo del lettore s’imposero<br />
di conseguenza.<br />
È giocoforza notare in che misura l’approccio fisico<br />
condizioni preceda e fondi quello mentale. (Non diversamente<br />
sembra accadere nel mondano relazionarsi<br />
degli individui.) Il libro è in primo luogo un oggetto fisico<br />
tra gli altri (una produzione del pensiero per l’idealista,<br />
un simulacro in mezzo a simulacri per il buddista).<br />
Scopre il potenziale onirico-evocativo del verso, la natura<br />
allusiva che lo edifica e comprende. Opta per il<br />
macchinoso e complesso verso libero. Si dedica con ardore<br />
e superomistica ingenuità alle metafore che esso<br />
importa nella speranza di veicolare intuizioni. Divora<br />
pagine che il caso contestualizza. Riflette medita e assimila<br />
distrattamente (manifestazione cautelativa degli<br />
animi sensibili). Ciò comporterà sciagurate defezioni<br />
da giochi risse e scorrerie.<br />
Per suffragare l’arroganza delle nuove tendenze, si<br />
iscrive all’istituto più romantico inservibile e ciarliero<br />
che l’<strong>It</strong>alia predispose: quello Tecnico Commerciale.<br />
Dentro, Aldo Meuzzi e olivetti linea 82; fuori, Bill Gates<br />
e internet. I risultati non disattesero le premesse:<br />
4 in Tecniche bancarie e 10 in <strong>It</strong>aliano.<br />
Scrive intanto racconti brevi a carattere fantastico e<br />
paradossale, dal tono vagamente canzonatorio. Eufonia<br />
della prosa e valorizzazione dell’intreccio (in cui<br />
serpeggia una costante preoccupazione metafisica) i<br />
cardini privilegiati della ricerca. Non lo interessa l’artificiosa<br />
e diluita costruzione del romanzo, anche se li<br />
legge ma con attenta e inflessibile censura.<br />
Dal 98 al 2002 aderisce formalmente al circolo universitario<br />
aquilano (Facoltà di Lettere e Filosofia). È presente<br />
alla prima lezione di Storia della filosofia medioevale.<br />
Arbitrariamente il prof. *** legge passi dal<br />
manuale che riassumono la logica in Boezio. Poi nuovamente<br />
sunteggia, quantum satis, con date schemi e<br />
frecce sulla lavagna.<br />
Non frequenterà più.<br />
Sostiene esami con studi personali e viziati (talvolta<br />
aderenti ai programmi di corso), e con un margine di<br />
riluttanza formalizzato nella gestualità a lui ricorrente.<br />
Frutto di quel disimpegno pubblico (o, se si vuole, di<br />
quell’impegno contributivo) sarà una tesi in Storia della<br />
filosofia moderna (“Istanze critiche nei Pensieri di<br />
B. Pascal”).<br />
Per sua stessa ammissione il lavoro, sbrigativo e di<br />
agevole lettura, è pretesto per un prologo estetico<br />
d’indole scettica (falsamente propedeutico all’impianto<br />
dell’opera) e per una scoperta polemica nei confronti<br />
del dogmatismo settario professato in ateneo. La<br />
deliberata sconfessione metodologica non gli sarà perdonata<br />
dal relatore, il quale infuria e disapprova declinando<br />
ogni responsabilità in merito alla stesura. Le<br />
motivazioni addotte sono nobili: salvaguardare una<br />
A N T O N I O P E R R O T T A<br />
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presunta integrità cognitiva da cartesiano convinto<br />
(risum teneatis amici?). Finanche non presenzierà la<br />
requisitoria orale per il conferimento della laurea al<br />
candidato. In compenso demolisce - ignorando di avvalorare<br />
- il lavoro con una nota lusinghevolmente prolissa,<br />
limitandosi ad ammetterlo per puro dovere istituzionale.<br />
In sede di discussione il candidato confuta<br />
punto per punto le invettive scritte dal docente e arringate<br />
in aula dal correlatore. La commissione ascolta<br />
il monologo difensivo. Nessuno pone domande o interrompe<br />
il pacato eloquio. Pascal non è neppure nominato.<br />
Qualcuno addirittura annuisce; qualcun altro,<br />
intuendo l’ironica tautologia degli argomenti, sorride<br />
divertito. Dopo circa venti minuti di soddisfazione il<br />
presidente interroga i colleghi con lo sguardo. Non ricevendo<br />
segnali invita il candidato a lasciare l’aula. La<br />
votazione finale in centesimi contemplerà la media<br />
aritmetica del ventotto (con cui si presentava la matricola)<br />
più un solo punto rubato alla tesi (merito di<br />
chi annuiva o di chi sorrideva?).<br />
L’autore saluterà quella mattina come una delle più<br />
grottesche e divertenti della sua vita, mentre ricorderà<br />
con trasporto le impagabili grigliate al ristorante e<br />
la pregiata eudemonia del Nebbiolo vercellese.<br />
Alcune settimane dopo un raro e illuminato docente<br />
dello stesso ateneo (non a caso lettore entusiasta di B.<br />
Russell, ricercatore nelle università inglesi e americane)<br />
sottolineò l’ordinario ricorso a quelle procedure in<br />
circostanze similari. Nessuno avrebbe potuto proporre<br />
una diversa valutazione del lavoro in quanto già sancita<br />
dal relatore e dall’egemone dittatura teoretica cui il<br />
candidato implicitamente è asservito. La divergenza<br />
culturale ed estetica di due indirizzi ingenera spesso<br />
una questione personale da parte di chi consideri minaccia<br />
un diverso presupposto orientativo, non meno<br />
agibile e legittimo dell’altro. L’esito è chiaramente<br />
preordinato da chi ha titoli e potere. L’eventuale condiscendenza<br />
all’approccio ostile (edonista in questo<br />
caso, e con presunte connivenze stirneriane e feyerabendiane)<br />
avrebbe infirmato l’osservanza epistemologica<br />
cartesiana. Sarebbe stato come avvalorare un’alternativa<br />
contraria alla dottrina professata.<br />
Ergo, al neolaureato il professore sconsiglia le indecorose<br />
scalate agli oligopoli accademici patri, ribadendo<br />
l’inveterata elezione corporativa dei suoi cattedratici.<br />
Per evitargli il sinistro caldeggia, impegnandosi in prima<br />
persona, l’ipotesi di una fortunata carriera oltreoceano.<br />
Due motivi di ordine estetico sembra siano stati la causa<br />
del rifiuto: l’inestricabile multietnicità degli Stati<br />
Uniti e l’irrinunciabile consonanza alle stratificazioni<br />
architettoniche europee. Attualmente l’autore, in attesa<br />
di un impiego regolare quanto mai procrastinato<br />
(“La mano per scrivere vale la mano per arare”, sentenzia<br />
con Rimbaud), collabora con periodici di cultu-