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Rivista Slsi 1-4 /2004 - Slsi.It

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con quel mondo. Le gioie e l’edonismo del lettore s’imposero<br />

di conseguenza.<br />

È giocoforza notare in che misura l’approccio fisico<br />

condizioni preceda e fondi quello mentale. (Non diversamente<br />

sembra accadere nel mondano relazionarsi<br />

degli individui.) Il libro è in primo luogo un oggetto fisico<br />

tra gli altri (una produzione del pensiero per l’idealista,<br />

un simulacro in mezzo a simulacri per il buddista).<br />

Scopre il potenziale onirico-evocativo del verso, la natura<br />

allusiva che lo edifica e comprende. Opta per il<br />

macchinoso e complesso verso libero. Si dedica con ardore<br />

e superomistica ingenuità alle metafore che esso<br />

importa nella speranza di veicolare intuizioni. Divora<br />

pagine che il caso contestualizza. Riflette medita e assimila<br />

distrattamente (manifestazione cautelativa degli<br />

animi sensibili). Ciò comporterà sciagurate defezioni<br />

da giochi risse e scorrerie.<br />

Per suffragare l’arroganza delle nuove tendenze, si<br />

iscrive all’istituto più romantico inservibile e ciarliero<br />

che l’<strong>It</strong>alia predispose: quello Tecnico Commerciale.<br />

Dentro, Aldo Meuzzi e olivetti linea 82; fuori, Bill Gates<br />

e internet. I risultati non disattesero le premesse:<br />

4 in Tecniche bancarie e 10 in <strong>It</strong>aliano.<br />

Scrive intanto racconti brevi a carattere fantastico e<br />

paradossale, dal tono vagamente canzonatorio. Eufonia<br />

della prosa e valorizzazione dell’intreccio (in cui<br />

serpeggia una costante preoccupazione metafisica) i<br />

cardini privilegiati della ricerca. Non lo interessa l’artificiosa<br />

e diluita costruzione del romanzo, anche se li<br />

legge ma con attenta e inflessibile censura.<br />

Dal 98 al 2002 aderisce formalmente al circolo universitario<br />

aquilano (Facoltà di Lettere e Filosofia). È presente<br />

alla prima lezione di Storia della filosofia medioevale.<br />

Arbitrariamente il prof. *** legge passi dal<br />

manuale che riassumono la logica in Boezio. Poi nuovamente<br />

sunteggia, quantum satis, con date schemi e<br />

frecce sulla lavagna.<br />

Non frequenterà più.<br />

Sostiene esami con studi personali e viziati (talvolta<br />

aderenti ai programmi di corso), e con un margine di<br />

riluttanza formalizzato nella gestualità a lui ricorrente.<br />

Frutto di quel disimpegno pubblico (o, se si vuole, di<br />

quell’impegno contributivo) sarà una tesi in Storia della<br />

filosofia moderna (“Istanze critiche nei Pensieri di<br />

B. Pascal”).<br />

Per sua stessa ammissione il lavoro, sbrigativo e di<br />

agevole lettura, è pretesto per un prologo estetico<br />

d’indole scettica (falsamente propedeutico all’impianto<br />

dell’opera) e per una scoperta polemica nei confronti<br />

del dogmatismo settario professato in ateneo. La<br />

deliberata sconfessione metodologica non gli sarà perdonata<br />

dal relatore, il quale infuria e disapprova declinando<br />

ogni responsabilità in merito alla stesura. Le<br />

motivazioni addotte sono nobili: salvaguardare una<br />

A N T O N I O P E R R O T T A<br />

42<br />

presunta integrità cognitiva da cartesiano convinto<br />

(risum teneatis amici?). Finanche non presenzierà la<br />

requisitoria orale per il conferimento della laurea al<br />

candidato. In compenso demolisce - ignorando di avvalorare<br />

- il lavoro con una nota lusinghevolmente prolissa,<br />

limitandosi ad ammetterlo per puro dovere istituzionale.<br />

In sede di discussione il candidato confuta<br />

punto per punto le invettive scritte dal docente e arringate<br />

in aula dal correlatore. La commissione ascolta<br />

il monologo difensivo. Nessuno pone domande o interrompe<br />

il pacato eloquio. Pascal non è neppure nominato.<br />

Qualcuno addirittura annuisce; qualcun altro,<br />

intuendo l’ironica tautologia degli argomenti, sorride<br />

divertito. Dopo circa venti minuti di soddisfazione il<br />

presidente interroga i colleghi con lo sguardo. Non ricevendo<br />

segnali invita il candidato a lasciare l’aula. La<br />

votazione finale in centesimi contemplerà la media<br />

aritmetica del ventotto (con cui si presentava la matricola)<br />

più un solo punto rubato alla tesi (merito di<br />

chi annuiva o di chi sorrideva?).<br />

L’autore saluterà quella mattina come una delle più<br />

grottesche e divertenti della sua vita, mentre ricorderà<br />

con trasporto le impagabili grigliate al ristorante e<br />

la pregiata eudemonia del Nebbiolo vercellese.<br />

Alcune settimane dopo un raro e illuminato docente<br />

dello stesso ateneo (non a caso lettore entusiasta di B.<br />

Russell, ricercatore nelle università inglesi e americane)<br />

sottolineò l’ordinario ricorso a quelle procedure in<br />

circostanze similari. Nessuno avrebbe potuto proporre<br />

una diversa valutazione del lavoro in quanto già sancita<br />

dal relatore e dall’egemone dittatura teoretica cui il<br />

candidato implicitamente è asservito. La divergenza<br />

culturale ed estetica di due indirizzi ingenera spesso<br />

una questione personale da parte di chi consideri minaccia<br />

un diverso presupposto orientativo, non meno<br />

agibile e legittimo dell’altro. L’esito è chiaramente<br />

preordinato da chi ha titoli e potere. L’eventuale condiscendenza<br />

all’approccio ostile (edonista in questo<br />

caso, e con presunte connivenze stirneriane e feyerabendiane)<br />

avrebbe infirmato l’osservanza epistemologica<br />

cartesiana. Sarebbe stato come avvalorare un’alternativa<br />

contraria alla dottrina professata.<br />

Ergo, al neolaureato il professore sconsiglia le indecorose<br />

scalate agli oligopoli accademici patri, ribadendo<br />

l’inveterata elezione corporativa dei suoi cattedratici.<br />

Per evitargli il sinistro caldeggia, impegnandosi in prima<br />

persona, l’ipotesi di una fortunata carriera oltreoceano.<br />

Due motivi di ordine estetico sembra siano stati la causa<br />

del rifiuto: l’inestricabile multietnicità degli Stati<br />

Uniti e l’irrinunciabile consonanza alle stratificazioni<br />

architettoniche europee. Attualmente l’autore, in attesa<br />

di un impiego regolare quanto mai procrastinato<br />

(“La mano per scrivere vale la mano per arare”, sentenzia<br />

con Rimbaud), collabora con periodici di cultu-

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