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E ancora in entrambi ha importanza il motivo della maschera,<br />
del carnevale. Sono tutti e due grandi smascheratori,<br />
demistificatori. Inoltre son fissati altri punti e atteggiamenti<br />
che i due artisti hanno in comune. Bisogna<br />
però procedere, e ciò è molto importante, con cautela:<br />
“suggerire con cautela possibili accostamenti, enunciare<br />
associazioni: in un discorso di questo genere non si<br />
può né si deve fare di più” (p. 131). Lo studioso rievoca<br />
singole illuminazioni ermeneuti che “che da postazioni<br />
diverse convergono sull’evento centrale e nodale che<br />
avvicina due destini di scrittori vissuti in tempi e luoghi<br />
diversi (anche se entrambi accoglibili entro l’ampio arco<br />
del realismo ottocentesco): l’incontro con un personaggio<br />
antropologico e linguistico di eccezionale vitalità<br />
e autenticità. La fecondità dell’incontro è stata proporzionale<br />
alla disponibilità umanamente e artisticamente<br />
generosa con cui i due scrittori hanno offerto e prestato<br />
il proprio spazio creativo a quel personaggio, si sono<br />
lasciati parlare dalla sua voce, l’hanno aiutato a incarnarsi<br />
e a durare nella coscienza letteraria degli italiani e<br />
di quanti si accostano alle esperienze più vitali della no-<br />
M. Ernst, La città intera, 1935-36<br />
C A R M I N E C H I O D O<br />
58<br />
stra letteratura” (pp. 131-132). Nel libro l’interprete valorizza<br />
i temi della poesia belliana e li rinnova – questo<br />
è un altro dato interessante del volume – mediante l’inserimento<br />
nella cornice più ampia della riflessione teorico-letteraria<br />
e storico-critica. E ovviamente nel corso<br />
del libro non solo ricorre il nome del poeta romanesco<br />
ma pure quelli di Bachtin e Spitzer, ad esempio. Un libro,<br />
questo di Emerico Giachery, utile e nello stesso<br />
tempo allarga la conoscenza dell’arte poetica di belli.<br />
L’interprete è stato, sia pure in ani lontani, studioso della<br />
poesia realistico-giocosa, e ha creduto di “trovare nella<br />
grande arte di Belli il coronamento di quella tradizione,<br />
troppo spesso trasandata ovvero oziosamente accademica,<br />
in una dimensione finalmente autentica, e insieme<br />
il suo superamento in una compiuta palingenesi”<br />
(p.8).<br />
È appunto il confronto , che è presente in parecchie<br />
pagine del libro, non fa che “confermare ad ogni passo<br />
l’originalità vitale della generosa vena belliana”(ivi).<br />
Un libro anche che precisa e documenta per informare<br />
nel modo più conciso e meno accademico.