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fascicolo didattico (documento pdf (3,92 Mb) - Teatro Regio di Torino

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Presentazione<br />

LA CENERENTOLA DI ROSSINI<br />

Sera dell’antivigilia <strong>di</strong> Natale del 1816: il <strong>Teatro</strong> Valle <strong>di</strong> Roma ha commissionato a Rossini<br />

una nuova opera comica per il Carnevale imminente; il tempo stringe, ma ancora l’opera non<br />

c’è, anzi, non è stato nemmeno deciso l’argomento! In compagnia dell’amico Jacopo Ferretti,<br />

librettista, il compositore esamina e scarta una miriade <strong>di</strong> soggetti: troppo lunghi, troppo<br />

noiosi, troppo costosi… Sfi duciato e mezzo addormentato Ferretti suggerisce infi ne<br />

sba<strong>di</strong>gliando: «Cendrillon…?». Rossini, che si è sdraiato nel letto per concentrarsi meglio<br />

(!), subito si rizza a sedere, accetta entusiasta e or<strong>di</strong>na al povero librettista una traccia<br />

completa dell’intreccio per l’indomani mattina. L’opera andrà in scena il 25 gennaio 1817 e<br />

sarà inizialmente un mezzo fi asco; nel corso<br />

delle repliche successive, però, il giu<strong>di</strong>zio<br />

unanime <strong>di</strong>venterà sempre più lusinghiero<br />

e La Cenerentola potrà essere consegnata<br />

alla fama inossidabile che le spetta.<br />

Il soggetto, ovviamente, è quello celeberrimo;<br />

Rossini, però, non trovandosi a suo agio<br />

in mezzo a magie e pro<strong>di</strong>gi vari, ne vuole<br />

fare una storia e<strong>di</strong>fi cante, basata sulle doti<br />

morali della protagonista piuttosto che sull’incantevole<br />

scenografi a <strong>di</strong> zucche trasformate<br />

in carrozze, topolini che <strong>di</strong>ventano<br />

cavalli, scarpette <strong>di</strong> cristallo, cenci laceri<br />

mutati in vestiti d’oro e d’argento. Scompare<br />

quin<strong>di</strong> la fata e al suo posto compare<br />

il fi losofo e maestro Alidoro; eliminata d’altronde<br />

anche la matrigna in favore <strong>di</strong> un patrigno,<br />

Don Magnifi co, altrettanto malvagio<br />

benché ri<strong>di</strong>colo e goffo. Restano le sorellastre<br />

e naturalmente il meraviglioso principe,<br />

aiutato però dal cameriere Dan<strong>di</strong>ni, che<br />

è il vero buffo della situazione.<br />

Inutile <strong>di</strong>re che musicalmente l’opera è splen<strong>di</strong>da, <strong>di</strong>vertente, frizzante; l’Autore<br />

caratterizza ogni personaggio grazie ad uno stile <strong>di</strong> canto tutto suo: bisbetiche e<br />

petulanti le sorellastre, rozzo e stupido Don Magnifi co, nei suoi tentativi <strong>di</strong> indossare i<br />

panni del nobile d’alto lignaggio; solenne e degno <strong>di</strong> rispetto il maestro Alidoro, gentile e<br />

veramente nobile il principe Don Ramiro, comicissimo e simpatico Dan<strong>di</strong>ni, cui è concesso<br />

per un giorno <strong>di</strong> indossare i panni del principe e <strong>di</strong> poter toccare con mano le debolezze<br />

e le bassezze umane della cosiddetta alta società. Ma la stella <strong>di</strong> prima grandezza è lei,<br />

Cenerentola, il cui animo regale è presente sin dall’inizio e brilla lucente anche sotto la<br />

cenere del camino; paragoniamo la sua sognante cantilena iniziale «Una volta c’era un re»,<br />

talmente semplice da poter essere facilmente fi schiettata, con il “pirotecnico” fi nale<br />

«Non più mesta accanto al fuoco»: non si tratta <strong>di</strong> trasformazione del canto, ma piuttosto<br />

<strong>di</strong> liberazione e innalzamento verso il massimo virtuosismo. Virtù canora e virtù morale<br />

allora coincidono: davvero possiamo festeggiare la «bontà in trionfo»!<br />

11<br />

Anonimo, Ritratto <strong>di</strong> Jacopo Ferretti.

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