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GIANCARLO PIREDDU, Un mondo di vinti - Pavia University Press

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Giancarlo Pireddu – <strong>Un</strong> <strong>mondo</strong> <strong>di</strong> <strong>vinti</strong><br />

Il responsabile della colonia mi in<strong>di</strong>cò l’appezzamento <strong>di</strong> mata che dovevo<br />

<strong>di</strong>ssodare e mettere subito a semina riso, fagioli, mais e manioca, perché ero povero<br />

e non <strong>di</strong>sponevo <strong>di</strong> denaro per sopravvivere. Dopo due anni <strong>di</strong> permanenza ho<br />

sposato questa donna (in<strong>di</strong>cando sua moglie) e ho iniziato la mia nuova vita nel<br />

luogo dove avevo la mia abitazione.<br />

G.P.: Com’era la sua casa?<br />

La mia prima casa era piccola, con il tetto <strong>di</strong> paglia e le pareti <strong>di</strong> pau-á-pique<br />

(argilla impastata e pali, n.d.a.). Dopo ho costruito una casa più grande con le pareti<br />

<strong>di</strong> pau-em-pé (pali) e il tetto <strong>di</strong> tegole. Ora ho questa con le pareti <strong>di</strong> mattoni.<br />

G.P.: Si ricorda quanto la terra lottizzata fu <strong>di</strong>stribuita ai coloni?<br />

Mi ricordo. Dopo quattro anni dal mio arrivo (presumibilmente verso il 1950, n.d.a.)<br />

giunse il momento <strong>di</strong> assegnare i lotti: un lotto <strong>di</strong> 10x30 metri qui nel nucleo urbano<br />

per l’abitazione e un lotto <strong>di</strong> 25 ettari nella colonia agricola per il lavoro dei campi.<br />

La gente che voleva andarsene dalla colonia vendeva la proprietà. Vuole sapere per<br />

quanto? Per <strong>di</strong>eci cruzeiros, che in quel tempo voleva <strong>di</strong>re molto denaro. Hanno<br />

venduto quasi tutti e siamo rimasti in pochi quelli della prima ora. Adesso arriva<br />

gente sconosciuta. Ora possiedo solo questo lotto urbano sul quale ho la mia casa,<br />

perché <strong>di</strong>eci anni fa ho dovuto vendere il mio campo per poter curare mio figlio<br />

ammalato gravemente <strong>di</strong> meningite.<br />

G.P.: La terra della colonia era fertile?<br />

All’inizio la terra era fertile, perché era mata vergine; e si ottenevano raccolti<br />

generosi e in abbondanza <strong>di</strong> tutto quello che si seminava. Oggi non è più così, il<br />

terreno si è impoverito, è <strong>di</strong>ventato selvatico (capoeirão).<br />

G.P.: Come era possibile lavorare la mata vergine da soli, senza macchine agricole?<br />

La gente della colonia lavorava solamente il proprio campo, ma in occasione del<br />

raccolto o <strong>di</strong> un <strong>di</strong>sboscamento ci si organizzava per prestarsi aiuto. Si organizzava<br />

un mutirão quando c’era necessità, cioè ci scambiavamo giornate <strong>di</strong> lavoro in<br />

cambio <strong>di</strong> giornate <strong>di</strong> lavoro. Alla gente che veniva a lavorare si cucinavano galline,<br />

maiale, carne <strong>di</strong> vacca. Di sera c’era sempre qualcuno che organizzava le danze per<br />

rallegrare le ore della notte e per scordare le fatiche del giorno. Oggi è finito tutto,<br />

non si fa più nulla.<br />

G.P.: Qual era il vostro cibo quoti<strong>di</strong>ano?<br />

Riso, fagioli, carne <strong>di</strong> gallina, qualche frutto e pesci del rio Paraíso. Agosto è il<br />

periodo migliore per pescare, perché durante la stagione secca i pesci vengono a<br />

galla per depositare le uova. Invece con la piena, durante le piogge, i pesci risalgono<br />

la corrente.<br />

G.P.: Dentro i confini della colonia c’era il villaggio Bororo; cosa ricorda?<br />

Quando sono arrivato non sapevo che qui vivessero gli in<strong>di</strong>os. <strong>Un</strong> giorno li ho<br />

incrociati sul ponte del Paraíso e sembrava che formassero un battaglione, in fila per<br />

uno, tutti con piume colorate e collane fatte con denti <strong>di</strong> giaguaro. Erano forti, alti e<br />

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