GIANCARLO PIREDDU, Un mondo di vinti - Pavia University Press
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Giancarlo Pireddu – <strong>Un</strong> <strong>mondo</strong> <strong>di</strong> <strong>vinti</strong><br />
Il periodo della semina del riso e del mais, nei mesi <strong>di</strong> ottobre e novembre,<br />
coincideva con le prime piogge. A fine gennaio, dopo il raccolto del riso e del mais, si<br />
approfittava delle ultime piogge per seminare i fagioli e con il raccolto dei fagioli<br />
terminava il ciclo agrario e si ricostituivano le scorte per le semine successive. Il modo <strong>di</strong><br />
seminare era identico per riso, mais e fagiolo. Con la zappa il conta<strong>di</strong>no preparava una<br />
buca (cova) profonda pochi centimetri e veniva seguito da un altro conta<strong>di</strong>no, con sacco<br />
delle sementi, il quale collocava in ciascuna buca alcuni semi e chiudeva l’apertura con il<br />
movimento dei pie<strong>di</strong>. Alcuni <strong>di</strong>sponevano della seminatrice manuale: questo strumento<br />
veniva battuto sul terreno per aprire le buche e contemporaneamente depositava tre o<br />
quattro semi. La copertura delle buche era fatta con il movimento del piede. I conta<strong>di</strong>ni<br />
erano costretti a tenere relativamente più <strong>di</strong>stanti le buche tra loro e non solamente perché<br />
la terra non era arata e concimata. A causa del clima tropicale le colture tendevano ad<br />
ammalarsi se nel campo veniva a mancare un’adeguata circolazione d’aria, dato l’elevato<br />
tasso <strong>di</strong> umi<strong>di</strong>tà. Anche per questo ulteriore motivo, che costringeva a un eccessivo<br />
<strong>di</strong>stanziamento delle buche dei semi, la superficie coltivabile faticosamente pre<strong>di</strong>sposta<br />
non poteva essere intensivamente sfruttata.<br />
La mancata aratura del suolo trovava alcune giustificazioni. La prima <strong>di</strong>pendeva<br />
dalla natura chimico-fisica della terra, in generale priva <strong>di</strong> materia organica, che impe<strong>di</strong>va<br />
all’humus <strong>di</strong> raggiungere una certa profon<strong>di</strong>tà. Non era quin<strong>di</strong> possibile arare<br />
profondamente perché la materia organica, trovandosi dopo la vangatura in profon<strong>di</strong>tà,<br />
sarebbe stata soffocata dal terreno sterile. La seconda causa, più importante, era la<br />
povertà e la mancanza <strong>di</strong> risorse finanziarie. Si poteva arare, <strong>di</strong>sponendo <strong>di</strong> un trattore,<br />
ma anche <strong>di</strong> un paio <strong>di</strong> buoi per muovere l’aratro, solo se contestualmente si concimava e<br />
si procedeva a eliminare l’aci<strong>di</strong>tà della terra con l’aggiunta <strong>di</strong> ad<strong>di</strong>tivi, impossibile per i<br />
conta<strong>di</strong>ni poveri o con red<strong>di</strong>ti monetari così limitati da impe<strong>di</strong>re l’impiego <strong>di</strong> tecniche<br />
produttive più moderne. Il conta<strong>di</strong>no della regione si trovava invece nell’ impossibilità,<br />
tecnica e sociale, <strong>di</strong> spezzare le sue con<strong>di</strong>zioni iniziali <strong>di</strong> povertà per una serie <strong>di</strong><br />
circostanze che esamineremo più avanti. I finanziamenti all’agricoltura regionale da parte<br />
delle banche erano concessi solamente a chi era in grado <strong>di</strong> garantire la restituzione del<br />
prestito e la concessione dell’ipoteca doveva essere garantita da un’ampia superficie<br />
agricola, stimata all’epoca in almeno 100 ettari <strong>di</strong> proprietà, anche a causa del basso<br />
valore <strong>di</strong> mercato dei terreni.<br />
Per avere un’idea <strong>di</strong> quanto fosse arretrata la tecnica agricola in quegli anni nel<br />
municipio <strong>di</strong> Poxoréu sarebbe sufficiente il confronto con quella dell’epoca coloniale e<br />
schiavista, descritta nei registri della fazenda Campo Sêco, Nordeste del Brasile, da<br />
Santos (1956, pp. 307-308):<br />
[…] Per realizzare le piantagioni o i campi, gli agricoltori <strong>di</strong>sboscavano la mata,<br />
trasformavano in campo la caatinga. Dopo il <strong>di</strong>sboscamento, la bruciatura<br />
(queimada, n.d.a.). Dopo la scure, il fuoco. Anticamente si bruciava la mata per<br />
lasciare la terra nuda, libera dalla vegetazione, adatta per essere seminata. Oggi gli<br />
agricoltori giustificano l’impiego del fuoco come un mezzo per eliminare uova,<br />
larve e insetti nocivi alle coltivazioni, spiegando inoltre che le ceneri della<br />
combustione si trasformano in eccellente concime […]. Per le operazioni<br />
preparatorie alla coltivazione – <strong>di</strong>sboscamento della mata e realizzazione dei campi<br />
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