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Tinarelli - 2008 - Le antiche pilerie italiane e lindustria risiera

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Nel 1884 il bolognese Poggioli presentò all’esposizione intemazionale di Milano<br />

una nuova macchina che chiamò Elica. In verità, nel 1875, il meccanico di<br />

Mantova Omboni aveva in precedenza presentato un brevetto per questo strumento<br />

cui aveva dato nome “Triacca” ma non riuscì a perfezionarla così da poterla utilizzare<br />

con fortuna. Nella forma del contenitore lo strumento richiamava in parte<br />

il cavo della Pista. L’apparato fu chiamato Elica per l’ufficio esercitato dalla vite<br />

posta all’interno, una vite d’Archimede che dava movimento al riso in elaborazione.<br />

L’apparato era formato da un vano scolpito nel granito - preferita era la<br />

“Pietra di Sarnico” - assai più ampio di quello della Pista così che poteva contenere<br />

più di 100 kg di riso decorticato.<br />

Lungo l’asse centrale di questa particolare anfora era sospesa una vite conica a<br />

superficie elicoidale cui era dato un movimento rotatorio. Nei primi modelli l’elica<br />

restava libera e sospesa entro il cavo ma presto l’albero fu appoggiato sul fondo,<br />

mediante una ralla, su di un cavalletto portante con un anello di fissaggio; in<br />

seguito fu anche predisposta, mediante aperture e valvole poste sul fondo, la possibilità<br />

di scarico del prodotto.<br />

A motivo della rotazione indotta all’albero dell’elica, il riso già decorticato<br />

contenuto nel granito scolpito era costretto dal movimento delle alette dell’elica<br />

a formare una colonna diretta verso l’area inferiore della cavità; toccato il fondo,<br />

il riso era sospinto lateralmente e costretto a formare una specie di corona circolare<br />

nel movimento ascendente e rotatorio. Scorrendo sulle pareti scabre del contenitore,<br />

per l’attrito che si determinava sulle pareti e particolarmente tra i grani,<br />

il riso restava eroso nei tessuti cellulari periferici del pericarpo. Al bordo superiore<br />

della cavità si riformava pertanto ancora una colonna che riportandosi al centro<br />

rinnovava il movimento di discesa.<br />

Più tardi il contenitore fu costruito anche in metallo in forma di anfora, oppure<br />

in cemento, in seguito fu di foggia simile ad una betoniera. L’operazione esercitata<br />

sul riso da questo strumento conduceva a produrre il “Brillato” e l’operazione<br />

era detta di “Raffinatura”. Nell’anfora era introdotto, con il riso decorticato,<br />

anche una certa quota di crusca di frumento; altri ponevano polvere di marmo,<br />

taluni invece glucosio per diverso trattamento. Erano materiali che favorivano<br />

l’azione abrasiva tra i grani del riso, о erano intesi a dare lucidità e regolarità<br />

di forma ai grani già raffinati.<br />

L’elica fu presto oggetto di perfezionamenti, tra le prime modifiche vi fu, indispensabile,<br />

lo “Smuovitore”. Era una lamina di metallo a forma di “S” posta sotto<br />

l’elicoide; favoriva la formazione di un senso rotatorio nel prodotto in elaborazione<br />

che diversamente tendeva ad accumularsi sul fondo dell’anfora ed a forzare<br />

il movimento della vite. Lo smuovitore, invitava il riso alla risalita verso le pareti,<br />

impedendo che l’addensamento, forzando il movimento dell’elica, provocasse<br />

rotture. La velocità di rotazione dell’albero era di 170-180 giri al minuto primo.<br />

Ogni operazione di raffinazione si completava in 15-20 minuti operando su una<br />

quantità di riso variabile tra i 100 e i 150 kg. Nei primi modelli l’estrazione manuale<br />

fu presto sostituita dalle paratie, saracinesche о valvole che sul fondo chiudevano<br />

il vano e si aprivano per lasciar cadere il riso nelle tramogge.<br />

I grani del riso lavorati nell’elica non presentavano più rigature e spuntatu-<br />

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